martedì 29 ottobre 2013

FONDI E TINTURE




Parlando di vernici, non dobbiamo dimenticare i passaggi preliminari, soprattutto l’applicazione del fondo. Qualunque sia l’oggetto da verniciare è indispensabile preparare il legno con una o più mani di fondo, che ha due funzioni: la prima è quella di chiudere i pori del legno (salvo che non si voglia fare una verniciatura a poro aperto), la seconda è quella di creare un supporto fortemente aggrappato al legno, su cui spruzzare successivamente la vernice.
I fondi che si usano prevalentemente sono tre: il fondo poliuretanico che, nella versione trasparente è consigliato per i legni scuri; il fondo ad acqua che è invece consigliato per i legni chiari (quello poliuretanico tende ad inverdirli) e il fondo al poliestere, generalmente chiamato poliesterino, che è preferito quando la porosità del legno è elevata ed è necessario usare un fondo con un residuo secco molto elevato. 


All’applicazione del fondo segue una carteggiatura con carta vetrata di grana 240/280, per livellare tutte le imperfezioni e creare una superficie perfettamente liscia, in modo da mettere la vernice nelle condizioni per stendersi nel migliore dei modi, sia nel caso di vernice lucida o opaca.
Un’altra operazione che si consiglia di effettuare per non fare affiorare le macchie di tannino nei legni che ne sono ricchi (rovere, castagno e molti esotici) è quella di dare una mano di isolante, che blocca l’affioramento del tannino e che sarebbe consigliabile usare anche quando si lacca il Medium Density, visto che non sappiamo mai che legni sono stati usati per produrlo.
Questo trattamento è soprattutto utile nell’applicazione dei prodotti a solvente, che sono quelli che possono scatenare l’affioramento delle macchie.
Un’opportunità che ci offre la maggior parte dei legni chiari è quella di poter essere tinti con varie tonalità di colore. Una volta era un’operazione complicata perché bisognava utilizzare le bustine di anilina, che esistevano nella versione solubile in alcool (da dare a spruzzo) oppure solubile in acqua.
Queste ultime andavano preparate sciogliendole dentro un contenitore di acqua calda a cui era stata aggiunta una certa percentuale di ammoniaca, che favoriva l’apertura dei pori del legno per ottenere una migliore penetrazione del colore.
Il mercato offriva toni di colore come: ciliegio, mogano, noce chiaro, noce scuro, ebano e tutta una serie di colori che andavano dal rosso al verde eccetera.
Per ottenere la tinta voluta si preparava un determinato quantitativo delle varie tinte, che venivano poi mescolate in proporzioni opportune e che, a risultato ottenuto, venivano applicati con una normalissima spugna, facendo attenzione a passare dappertutto in un'unica volta. 



E’ importante fare il lavoro in un’unica passata perché, se lo si facesse in due volte, si finirebbe per sbavare il colore sulla prima passata quando si applica la seconda e questo determinerebbe una sgradevole sovrapposizione di colore, che sarebbe piuttosto difficile da eliminare senza rifare completamente il pezzo, dopo averlo sgrezzato con la carta vetrata.
Oggi esistono dei flaconi di tinta già preparati in diverse sfumature e ci sono sia a solvente (da dare a spruzzo e diluibili con l’acetone) che hanno un’evaporazione rapidissima e non alzano il pelo del legno, sia ad acqua pronti all’uso o da diluire se si vuole un tono più delicato, da applicare sempre con la spugna con la stessa metodologia dell’anilina. Queste tinture si possono applicare anche a pennello. 




Bisogna comunque ricordare che il colore del legno tinto che si otterrà quando sarà stata data anche la finitura trasparente, la vediamo nel momento in cui stendiamo la tinta, ed è ancora bagnata; infatti quando la tinta si asciuga si schiarisce, per riprendere però il colore originale quando si applicano fondo e vernice trasparenti.

domenica 20 ottobre 2013

LE VERNICI POLIESTERE (terza parte)




Un’altra categoria di vernici, ormai poco usata per via dei costi eccessivi, è quella delle vernici poliestere, che vengono usate per realizzare superfici perfettamente brillanti, tramite l’utilizzo di uno spazzone e di paste abrasive.
Queste vernici sono costituite da una base a cui va aggiunto un 2% di accelerante, un 2% di catalizzatore ed un 25/30% di acetone come solvente; non ha bisogno di una mano di fondo, come le altre vernici, ma viene applicata a spruzzo in diversi strati, fino al raggiungimento dello spessore adeguato.
Tra una mano e l’altra bisogna ovviamente lasciarla essiccare (da 2 a 6 ore) e, siccome ad essicazione avvenuta, ogni volta c’è un affioramento di paraffina, bisogna provvedere ad asportarla tramite carteggiatura con grana 240, per permettere l’applicazione della mano successiva (da 3 a 5 mani); infine si stende la mano di trasparente lucido.
L’ultima carteggiatura viene effettuata con una carta molto fine (grana 1000) in senso trasversale a quelle precedenti e al senso di lucidatura, che viene effettuata prima con dischi di sisal, accoppiati con una pasta abrasiva che toglie i graffi, poi con dischi di feltro impregnati con una specie di polish o di olio.
Questo tipo di verniciatura è caduto un po’ in disuso in quanto richiede una mano d’opera notevole ed ha quindi un costo che è due o tre volte quello delle vernici poliuretaniche dirette, ottenendo praticamente il medesimo effetto estetico; il vantaggio che ha il poliestere è che, se si fa un graffio in un pannello, si riesce generalmente a ripristinare, in quanto lo spessore della vernice permette di carteggiare fino a riprendere completamente il danno, per poi rilucidarlo.
Con le vernici poliuretaniche questa soluzione è praticamente improponibile perché lo strato di finitura è molto sottile ed i graffi si tolgono solo se hanno una profondità infinitesimale.


VERNICIATURA  A  PORO  APERTO

Questo tipo di trattamento è destinato ai pannelli costruiti con legni a poro molto evidente, per esempio: frassino, castagno, ma soprattutto rovere (e tutta la sua famiglia), se ci limitiamo a quelli nazionali.
Dopo aver carteggiato il legno, come al solito, si applica una mano di un fondo trasparente particolare, che ha un residuo secco molto basso; poi si effettua una carteggiatura molto leggera, con carta vetrata fine, poi si applica la finitura trasparente con il numero di gloss che si desidera, oppure si lacca. 


In questo modo la porosità originale del legno rimane visibile e la superficie non sarà perfettamente liscia, ma risulteranno evidenziati i pori del legno.
Un’alternativa a questo trattamento, ma che ne sfrutta la partenza, è la decapatura che si ottiene partendo da un pannello di legno a poro aperto, che ha già subito l’applicazione del fondo ed è stato carteggiato.
Sulla superficie così preparata, si stende una pasta (che può essere bianca o colorata) con uno straccio, assicurandosi di chiudere tutti i pori; dopo circa un’ora, ad essicazione avvenuta, si carteggia il pannello facendo in modo che la pasta rimanga solo dentro i pori.
A questo punto il pannello è pronto per la verniciatura finale; data la notevole quantità di colori delle paste, si possono ottenere effetti molto particolari, dando in molti casi un aspetto “antichizzato” al legno. 






giovedì 10 ottobre 2013

LE VERNICI (seconda parte)


LE  VERNICI  POLIURETANICHE

Un’altra categoria di vernici ancora in uso è quella delle poliuretaniche, che sono costituite da due componenti: c’è una base ed un catalizzatore, che viene abitualmente aggiunto in quantità pari al 40 / 50% della base. Essendo vernici da utilizzare con la pistola a spruzzo, si è soliti aggiungere un 10% di diluente, per raggiungere la giusta viscosità.




Naturalmente con tutti questi prodotti volatili, l’uso di questi materiali richiede l’utilizzo di una cabina di verniciatura, dotata ovviamente di un adeguato impianto di aspirazione, con tanto di filtri per trattenere le sostanze aeriformi, evitando quindi di disperderle nell’atmosfera.
Questi prodotti si trovano sia trasparenti che pigmentati (nel qual caso vengono chiamate lacche) ed oggi si possono ottenere della brillantezza voluta. Una volta venivano sommariamente classificate come: opache, satinate, semilucide e lucide, senza che esistesse un riferimento certo per poter ripetere la medesima brillantezza con una vernice della medesima categoria.
Oggi, con l’intervento dei tintometri elettronici, ci possiamo permettere di riformulare una vernice identica ad una precedente, di cui possediamo un frammento. Questo viene analizzato da uno strumento che si chiama spettrofotometro (collegato ad un computer) che stabilisce quali colori compongono il campione in nostro possesso, permettendo così di riformulare una ricetta che la macchina provvederà a realizzare, attingendo dai contenitori dei colori base e mescolandoli nelle quantità previste. (INVEBI sistema tintometrico + spettrofotometro)
Però siamo a metà del percorso: oltre a determinare il tipo di colore, se dobbiamo preparare una vernice che si accoppi esattamente a quella del campione, si deve determinare anche la sua brillantezza e, per questo, bisogna determinare il numero di gloss.
I gloss sono l’unità di misura della brillantezza di una vernice; la scala va da 0, che significa completamente opaco, a 100, che vuol dire completamente lucido brillante e naturalmente le combinazioni intermedie danno origine a vernici più o meno brillanti. Tanto per fare un esempio le vernici di una volta, descritte sopra, avevano un numero di gloss: 25, 35/50, 60/70 e 80/90.
La misurazione della brillantezza di un campione si fa con uno strumento che si chiama glossmetro, che provvede a misurare quanti gloss ha la vernice del campione. Quindi per riuscire a formulare una vernice identica ad una precedente, bisogna determinare sempre due fattori: il colore e la brillantezza; senza uno di questi dati non riusciremo ad effettuare una verniciatura identica a quelle del campione.


LE  VERNICI AD  ACQUA

Da alcuni anni sono disponibili sul mercato delle vernici denominate “all’acqua” che stanno soppiantando le vernici più tradizionali. Queste sono vernici che contengono sostanze che possono essere di derivazione vegetale, minerale o derivante dal petrolio quindi a diverso livello di inquinamento.
Se questa vernice viene stesa a pennello si può utilizzare così come si trova nel barattolo, mentre se si desidera utilizzare una pistola a spruzzo, la si può diluire in maniera limitata, generalmente attorno al 5%, sempre con acqua.
Il grande vantaggio a livello ecologico è che con questi prodotti si sono eliminati i solventi organici, quindi c’è un notevole passo avanti nella lotta contro l’inquinamento, visto che sono stati eliminati i famosi VOC (o COV, come sono chiamati in Italia).
Un altro vantaggio è che tutti gli strumenti usati per stendere questo tipo di vernici: pennelli, rullini o pistole a spruzzo, possono essere puliti utilizzando della semplice acqua, al posto dei diluenti da lavaggio o dell’acetone, quindi un altro passo verso la salvaguardia dell’ambiente.
Quando sono state prodotte nel nostro Paese, all’inizio degli anni ’80, erano veramente scadenti rispetto alle poliuretaniche che in quel periodo la facevano da padrone: i fondi si asciugavano molto lentamente ed erano comunque difficilmente carteggiabili, le finiture rimanevano elastiche, poco resistenti ai graffi ed un po’ appiccicose al tatto; era praticamente impossibile accatastarle se non dopo molti giorni.
Inoltre queste vernici non avevano raggiunto la grande varietà di brillantezza oggi disponibili; invece attualmente le vernici acriliche sono disponibili con un numero di gloss che va da 0 a 90, in condizioni standard, mentre esistono vernici particolari che, con l’aggiunta di un componente specifico, possono raggiungere i 100 gloss.
Il fatto di non avere più solventi organici permette di applicarle a pennello anche in casa senza i problemi delle altre vernici a solvente, sono praticamente inodori e si asciugano in poche ore; sono pertanto molto indicate per riverniciare porte e finestre.