domenica 24 dicembre 2017

INCIDENTI DI PERCORSO




Può capitare talvolta che qualcosa non vada per il suo verso durante una lavorazione; a me è capitato qualche tempo fa e, poiché questa situazione non si verifica solo a me, ho pensato di raccontarvi come si può risolvere il problema.
Circa un mese fa ho placcato un pannellino di MDF con due fogli di noce per fare un campione destinato ad un architetto; poiché non possiedo una pressa, l’operazione è stata effettuata utilizzando due pannelli di adeguato spessore ed i morsetti necessari per potere comprimere il campione all’interno in modo corretto.
Purtroppo, dopo che la colla vinilica che avevo usato aveva fatto presa, ho aperto la pressa casalinga ed ho notato subito che c’era qualcosa che non andava: infatti c’era un punto in cui l’impiallacciatura non si era incollata e si era verificata quello che in gergo viene chiamata “sollevatura”.
Queste situazioni si verificano di solito quando capita che la colla non è stata distribuita in maniera omogenea, oppure quando si appoggia l’impiallacciatura e la si sposta facendo strisciare la colla sottostante, togliendola da una zona in particolare; evidentemente avevo fatto uno di questi due errori ed il risultato è quello che si vede nella foto seguente: 


Quando capitano situazioni di questo tipo non bisogna disperarsi perché si può rimediare con un po’ di pazienza ed un minimo di abilità; bisogna iniziare facendo un taglio lungo la sollevatura che si è originata, assicurandosi di penetrare con la lama fino all’interno della bolla. 


Gli strumenti che occorrono per risolvere il problema si vedono nella foto seguente: 


Come si vede si utilizza una siringa con un ago sottile, un po’ di colla vinilica diluita in modo che possa fluire attraverso l’ago (conviene fare delle prove prima), due lame da cutter e due avanzi di legno, di cui almeno uno deve essere rivestito con lo scotch da pacchi (che sarà quello a contatto con la sollevatura ed impedirà che le due parti si incollino); dopo aver effettuato il taglio longitudinale, bisogna infilare la punta delle lame da cutter nell’apertura che si è venuta a creare, per tenerla divaricata. 


Abbiamo già provveduto ad aspirare con la siringa una quantità di colla sufficiente a ricoprire la zona in questione; si infila l’ago nella fessura e si versa la colla nella prima metà della sollevatura, poi si procede analogamente per l’altra parte. 


Il quantitativo di colla deve essere abbondante e deve fuoriuscire per essere sicuri che all’interno si sia distribuita dappertutto, e questo lo possiamo verificare schiacciando leggermente la sollevatura. 
Visto l’alto contenuto di acqua nella colla, conviene aspettare tre o quattro ore prima di aprire i morsetti; la colla in eccedenza sarà uscita dal taglio e si sarà seccata, come si vede dalla foto seguente: 


Adesso basta fare una buona carteggiatura con una grana 80 o 100 finchè non viene asportata la colla in eccedenza e già adesso si nota pochissimo la giunta dei due lembi della sollevatura. 


Una mano di fondo trasparente all’acqua provvederà a chiudere ulteriormente la fessura che può essere rimasta e, dopo un’ulteriore carteggiatura con una carta a grana 240, si può procedere alla verniciatura finale; direi che il risultato è ottimo e l’intervento non si nota. 







giovedì 14 dicembre 2017

E SE DOVESSIMO FILETTARE UN FORO? (seconda parte)



Parlando sempre di filettature, avevo accennato nell’articolo precedente che avrei chiarito il significato delle filettature MF, cioè a passo fine. In effetti nel caso precedente abbiamo fatto riferimento ad una filettatura M8 x 1,25, in cui la vite affonda per 1,25 mm. ad ogni giro; in certi casi però può far comodo che l’avanzamento sia inferiore per ogni giro.
Un altro caso in cui si scelgono filettature a passo fine è quando si devono filettare degli spessori sottili, dove con il passo standard si otterrebbero solo uno o due filetti e questo non permetterebbe di esercitare uno sforzo di trazione notevole con la vite; in queste occasioni si passa spesso al passo fine in modo da aumentare considerevolmente il numero dei filetti e conseguentemente la forza di trazione esercitabile con la vite.
Per effettuare queste filettature bisogna fare riferimento alla parte inferiore della tabella dell’articolo precedente, quella appunto designata con MF, che significa passo Metrico Fine. Si nota che i passi sono più di uno per ogni diametro e una volta ce n’erano di più e venivano classificati con le sigle: MB, MC, MD, ecc., mentre il passo standard (attualmente chiamato “passo grosso”) era MA.
Nel caso del foro filettato da 8 mm. troviamo infatti che ci sono tre possibilità: M8 x 1, M8 x 0,75, e M8 x 0,5; è chiaro che, rispetto al filetto M8 x 1,25, utilizzato nell’articolo precedente, con un maschio M8 x 0,5 riusciamo a creare una filettatura che è due volte e mezzo più fitta di quella standard, a parità di spessore della piastra, e pertanto la vite si aggrappa meglio e quindi si può stringere con maggior forza, esercitando quindi una trazione superiore.
Per esempio se supponiamo di filettare una piastra metallica di 12 mm. di spessore, con l’M8 x 1,25 riusciremmo a realizzare quasi dieci filetti; se invece usiamo un maschio di M8 x 0,5 riusciamo ad ottenere 24 filetti. Questo però non significa che abbiamo aumentato di 2,5 volte lo sforzo di trazione perché i filetti con passo 0,5 sono più fitti, ma contemporaneamente hanno un profilo più basso, quindi la spalla di appoggio del profilo del filetto diminuisce, pertanto lo sforzo di trazione non risulta proporzionale al numero di filetti.
Tanto per mostrare un esempio di passo fine, nella foto seguente ho messo a confronto un maschio M10 x 1,5 (passo grosso standard) con uno analogo ma M10 x 1 (quindi una delle possibilità del passo fine). 


Una menzione particolare va riservata ad alcuni utensili particolari che sono stati introdotti sul mercato negli ultimi anni: 


In questo caso abbiamo a disposizione dei prodotti in cui sono comprese tre funzioni in sequenza sullo stesso utensile; infatti la parte anteriore è conformata come una punta da trapano ed è ovviamente destinata ad effettuare il foro adeguato alla parte seguente che è un maschio che, con un’unica passata, provvede ad eseguire la filettatura. Infine c’è lo svasatore che rappresenta lo strumento giusto per rifinire il foro filettato, facilitando l’inserimento della vite.
Come si vede dalla foto, l’attacco posteriore è esagonale e previsto per infilarsi in un normale portainserti, in uso solitamente negli avvitatori; direi, per mia esperienza personale, che l’avvitatore non è l’elettroutensile più indicato per questo servizio, salvo che non abbia anche una velocità di rotazione elevata. Io preferisco sempre utilizzare un trapano con la velocità variabile, ma che raggiunga almeno i 2000 giri/min.; un’altra informazione che desidero lasciare è che, salvo gli utensili da M3 ed M4, conviene eseguire un preforo sulla piastra da trattare per aiutare il lavoro della parte anteriore destinata a preparare il foro della dimensione giusta.
Un’ultima cosa: usando un trapano veloce bisogna stare attenti che, quando termina la fase di foratura, bisogna ridurre drasticamente la velocità di rotazione per permettere al maschio di lavorare correttamente; inoltre anche per la fase di svasatura non serve una velocità elevata.
Per ogni utensile di questo tipo il massimo spessore lavorabile viene determinato dalla distanza tra la parte destinata a filettare e quella preposta alla svasatura, nel senso che il maschio deve aver oltrepassato lo spessore della piastra prima che intervenga lo svasatore, perché le loro velocità di avanzamento nella piastra sono diverse.



domenica 3 dicembre 2017

E SE DOVESSIMO FILETTARE UN FORO? (prima parte)



A me è capitato più volte di dovermi arrangiare a preparare dei fori filettati su alcune piastre metalliche che ho utilizzato nella preparazione di alcune strutture in legno e, siccome può capitare anche a voi, vi racconto come si fa.
Innanzitutto bisogna definire quale vite dobbiamo inserire nella piastra che vogliamo filettare: supponiamo di dover usare una vite M8 a passo grosso (che è quello standard); questo significa che vogliamo infilare una vite che avrà un diametro di circa 8 mm..
Per preparare il foro giusto per questa vite dobbiamo consultare la tabella sottostante. 


Nella tabella ci sono due zone separate: una designata con M ed una con MF; quella a passo grosso è la M, la MF è per passi più fini di cui parlerò più avanti. In corrispondenza della riga relativa al filetto M8 x 1,25 (che significa che per un giro completo la vite affonderà per 1,25 mm.) c’è la misura del preforo da preparare che è 6,8 mm..
La norma prevede che si inizi la foratura con una punta di diametro inferiore, quindi di 3 o 4 mm., poi si può passare la punta da 6,8 mm. se ne siete in possesso, altrimenti si può usare quella da 7 mm., tanto non cambia molto; in compenso bisogna fare una lieve svasatura per favorire l’imbocco dei maschi. 


Per filettare i fori si usano degli utensili che si chiamano “maschi” e si trovano in confezioni da tre pezzi, oppure da due pezzi, o anche nella versione chiamata “maschio a macchina” che è singolo e viene prevalentemente usato sulle macchine automatiche a controllo numerico computerizzato. 


Questo è i set da tre pezzi, che è quello che consiglio a chi deve prendere contatto con le filettature per la prima volta; come si vede sono contraddistinti da segni circolari vicino all’attacco a sezione quadrata e questo viene fatto per stabilire l’ordine di utilizzo durante la lavorazione, che comporta tre passate successive.
Il primo maschio da utilizzare è quello che ha un segno solo e che viene chiamato “sbozzatore”, in seguito si usa quello con due segni che si chiama “intermedio” ed infine si passa quello senza segni, che si chiama “finitore” e che, come dice la parola stessa, rifinisce definitivamente il foro filettato per predisporlo al passaggio della vite. Nella foto della piastra si vedono le operazioni in sequenza: prima il forellino, poi il foro da 7 mm. in cui ho passato lo sbozzatore, in quello successivo ho passato anche l'intermedio e nell'ultimo è passato anche il finitore; la dimostrazione è nell'ultimo foro in cui ho inserito la vite.


In questa foto si vedono a confronto i profili dei tre utensili che vengono passati nel foro ed è utile per capire il tipo di asportazione che fanno sulle pareti del foro iniziale; come si vede, lo sbozzatore ha un diametro inferiore agli altri e i denti meno aggressivi e questo gli permette di iniziare l’operazione di fresatura (perché in effetti compie questa operazione) creando la strada per i successivi, definendo il “passo” della filettatura su cui  interverranno successivamente l’intermedio, che farà un’ulteriore asportazione, e poi il finitore che affonderà i propri denti nel metallo per realizzare il filetto completo.
Esiste anche un set composto da due maschi soltanto e sono lo sbozzatore ed il finitore, eliminando quindi l’intermedio.
Per quanto riguarda i maschi a macchina in effetti possono essere usati anche a mano, anche se bisogna adottare una certa cautela, ma se si devono filettare degli spessori sottili non ci sono problemi; non è il caso di utilizzarli per forti spessori perché lo sforzo da esercitare è notevole.
Una cosa importante da sapere quando si inizia una filettatura con un maschio è che la posizione dell’utensile deve essere perfettamente perpendicolare al pezzo da filettare e, per aiutare i principianti, ci sono in commercio delle livelle lenticolari che permettono di mostrare la perfetta verticalità dell’utensile; naturalmente bisogna prima aver sistemato il pezzo in posizione orizzontale.
Per poter manovrare i maschi si usa il giramaschi, che si vede nella foto successiva.






mercoledì 15 novembre 2017

LE PUNTE DA TRAPANO PER METALLO (quarta parte)



Una volta che abbiamo fatto i fori, potremmo dover effettuare una o più svasature e non è detto che ci siano a disposizione tutti i diametri delle punte con i taglienti inclinati a 90° che sono state presentate nell’articolo del 27 ottobre; in questo caso ci serve uno o più svasatori per risolvere il problema. 


In genere questi utensili hanno tre taglienti e possono essere prodotti semplicemente in HSS, oppure in HSS + Co o addirittura rivestiti al TiN o al TiAlN (come quello nella foto) per aumentare la durata dell’affilatura, ovviamente tutti con prezzi diversi.
Il diametro degli svasatori varia notevolmente e qui non vale la regola che “nel grande ci sta anche il piccolo”; uno dei motivi è che di solito questi utensili non hanno quasi mai la punta, quindi per svasare un foro piccolo ne serve uno piccolo. Un’altra occasione in cui è indispensabile utilizzare uno svasatore piccolo capita quando si deve svasare un foro vicino ad una parete verticale (ed uno grande non permetterebbe di centrare il foro perché sbatterebbe contro la parete), oppure se si deve svasare un foro effettuato sul fondo di un profilo ad U (o in un canale) in cui uno svasatore grande non passa.
Per tutti questi motivi molto spesso questi svasatori vengono venduti in confezioni multiple per poter intervenire sempre con l’utensile del diametro giusto nel foro che di deve svasare. E’ chiaro che il diametro della svasatura finale viene determinato dalla maggiore o minore profondità a cui scendiamo nel foro; una raccomandazione da fare assolutamente è: non fate mai svasature al limite del diametro dell’utensile utilizzato, usatene sempre uno più grande.

Un altro utensile che viene usato spesso è l’allargafori: 


Quando si deve allargare un foro si può usare anche una punta da trapano, ma non è detto che, pur avendo la punta conica, si riesca a centrare perfettamente il foro iniziale, anche perché se ci affiliamo le punte da soli non è detto che realizziamo sempre affilature perfettamente centrate. Con questo utensile scalinato (di cui si trovano diverse versioni con diametri diversi) la centratura è garantita e quando si devono allargare dei fori con un interasse prestabilito e che non deve variare, questo utensile ci consente una certa garanzia di risultato; naturalmente bisogna fare attenzione alla velocità di rotazione del trapano che deve sempre calare aumentando il diametro del foro.

Ogni tanto capita di dover creare delle asole su lamiere o tubolari con spessori contenuti e, se non disponiamo di una fresatrice, possiamo risolvere il problema facendo un foro all’estremità sinistra ed uno all’estremità destra dell’asola che dobbiamo preparare poi, se sono troppo distanti, possiamo intervenire con una serie ulteriore di fori intermedi. Una vota terminata la foratura di alleggerimento, possiamo collegare il primo foro con l’ultimo utilizzando una fresa che possiamo montare sul trapano per trasformarlo in una fresatrice e fare scorrere il pezzo di metallo asportando il metallo rimasto fino all’ottenimento dell’asola richiesta. 


Queste frese vengono costruite in vari diametri sia in HSS, sia in Widia integrale ed ovviamente danno risultati diversi ed hanno costi diversi, quindi prima di effettuare l’acquisto è meglio valutare accuratamente il tipo di lavoro da eseguire.
Le forme disponibili sono diverse e con diverse funzioni: 


Questa fresa, che viene chiamata “fresa a fiamma”, viene usata spesso per allargare un foro che deve essere estremamente preciso almeno su una faccia; la forma tendenzialmente conica di questo utensile ci permette di abbassarci lentamente e controllare il diametro ottenuto ad ogni passata, scendendo finchè non l’abbiamo raggiunto.

C’è un’altra fresa che viene usata ogni tanto ed è quella sferica: 

Il suo uso principale è quello di effettuare uno scavo su una superficie senza perforarla; potrebbe essere una lamiera verniciata su cui vogliamo grattare via la vernice per fare un disegno particolare o per eseguire una scritta. In alternativa può essere usata per creare lo spazio per alloggiare un oggetto leggermente sporgente da un corpo con cui deve combaciare.

Tutte queste frese hanno i taglienti incrociati in modo da ottenere sempre delle superfici discretamente rifinite, evitando quindi lavorazioni successive di finitura.

domenica 5 novembre 2017

LE PUNTE DA TRAPANO PER METALLO (terza parte)



Restando sempre nel campo delle punte da trapano per metallo, è utile sapere che c’è un tipo che non ha bisogno del mandrino per essere fissata nel trapano a colonna: 


Questo modello di punta ha un codolo conico che va inserito direttamente nella sede (ovviamente con la stessa conicità) in cui si monta solitamente l’innesto conico posteriore del mandrino. In altre parole: per utilizzare queste punte, che hanno sempre dei diametri di dimensione consistente, bisogna sfilare prima il mandrino dal suo alloggiamento conico utilizzando l’apposito cuneo metallico da infilare nell’asola del cannotto del trapano a colonna, poi si deve inserire con decisione il codolo conico della punta nella sede rimasta vuota.
L’attrito generato dall’accoppiamento tra le due parti coniche garantisce il trasferimento d’energia dal trapano alla punta (o al mandrino quando è inserito) senza rischiarne il distacco; quando la punta viene premuta sul pezzo da forare, la spinta verso l’alto che viene generata comprime le parti coniche a contatto rendendole praticamente solidali.
Ovviamente al crescere del diametro della punta cresce anche il tipo di Cono Morse per l’accoppiamento, per cui le punte che possono essere usate su un certo trapano sono solo quelle che hanno lo stesso tipo di cono; questi vengono abitualmente classificati come CM 1, CM 2, CM 3 o CM 4.
Questo comporta che in un trapano che ha un attacco CM 2 non potremo mai inserire punte con attacco CM 3 o CM 4; in compenso è possibile fare in contrario utilizzando delle riduzioni coniche che permettono, per esempio, di utilizzare una punta con attacco CM 2 su un trapano con un cono CM 3 o CM 4.

Un altro tipo di punta da trapano che viene utilizzata spesso è quella che ha il codolo esagonale da ¼ di pollice (6,35 mm.) che può essere inserita in un normale portainserti utilizzato per gli inserti per avvitare viti con varie impronte nella testa. 


Queste punte risultano molto utili quando si lavora in una posizione disagevole (per esempio in cima ad una scala a pioli) e dobbiamo inserire una vite autofilettante che naturalmente richiede un foro di preparazione: senza muoversi dalla scala, si inserisce la punta adeguata nel portainserti, si fora, si sfila la punta e si posiziona al suo posto l’inserto adeguato alla vite che si deve inserire e si avvita; lo scambio avviene in tempi brevissimi.

Visto che stiamo parlando di fori nel metallo, vale la pena di spendere due parole anche sulle seghe a tazza che, come nel legno, permettono di fare dei fori di dimensione decisamente superiore a quelli ottenibili con le punte elicoidali. Con questi utensili si possono praticare fori su diversi materiali, come si può vedere dalla tabella sottostante, in cui sono evidenziate anche le varie velocità di rotazione in funzione del diametro e del materiale da forare. 


E’ importante non pretendere prestazioni assurde da questi utensili e, per la foratura dei metalli, è opportuno limitarsi a spessori di qualche millimetro.
Sempre nel settore delle seghe a tazza per metalli non dobbiamo dimenticare che ci sono anche quelle predisposte per la foratura dell’acciaio inossidabile, per il quale le seghe precedenti non sono adeguate. 


In questo caso la dentatura è costituita da placchette di Widia opportunamente sagomate e saldate sul corpo della sega; questo accorgimento si rende necessario per affrontare la tenacità di questa lega ed il riscaldamento provocato dalla foratura su una lastra di acciaio fortemente legato come l’acciaio inox ed altri con caratteristiche simili.

Anche in questo caso la tabella ci viene in aiuto consigliandoci la velocità di rotazione giusta in funzione del diametro della sega a tazza e del tipo di lega da lavorare.

venerdì 27 ottobre 2017

LE PUNTE DA TRAPANO PER METALLO (seconda parte)



Continuando a parlare di punte da trapano per metallo bisogna ricordare che, oltre a quelle solite in HSS, vengono prodotte anche punte più performanti che sono le HSS-Co, che significa che la lega utilizzata per la produzione di questi utensili contiene una discreta percentuale di Cobalto. 


La presenza di questo metallo aumenta le prestazioni della punta, soprattutto se si lavora senza refrigerante; infatti il Cobalto rende la punta più resistente al riscaldamento che ovviamente viene prodotto dall’operazione di foratura.
Con una normale punta HSS, se la foratura è prolungata, si possono sviluppare delle temperature che possono danneggiare l’utensile vanificando il procedimento di tempra che il materiale aveva subito per renderlo molto duro ed affilabile; queste alte temperature possono far perdere queste caratteristiche, rendendo la punta inservibile.
Con l’aggiunta del Cobalto, nelle percentuali del 5% o dell’8%, si realizzano degli utensili che hanno un’ottima resistenza al calore, mantenendo comunque una buona affilatura anche quando una punta HSS è ormai inservibile.
La presenza del Cobalto si dimostra indispensabile quando si devono forare degli acciai particolari che vengono chiamati “alto legati”; questi contengono degli elementi in quantità superiore al 5% sul totale della lega ottenuta. Un esempio tipico di questi materiali sono i vari acciai inossidabili che contengono generose quantità di Cromo e talvolta anche di Nichel; per poter forare queste leghe le punte al Cobalto sono indispensabili.
Fino ad ora abbiamo parlato di punte con i taglienti di tipo tradizionale, con angolo di taglio compreso fra 118° e 135°, ma ne esistono alcune che hanno una funzione specifica e che vengono fresate ed affilate in maniera diversa come quelle presentate qui sotto: 


La punta disegnata nella parte alta serve ad effettuare un foro dotato di svasatura a 90° ed è stata prevista per sostituire la doppia operazione di foratura e svasatura separata, che ovviamente richiede un tempo di lavorazione superiore, dal momento che prevede la sostituzione della punta con lo svasatore per completare l’operazione ed una lavorazione separata.
La punta disegnata inferiormente viene generalmente definita “lamatore” ed è destinata alla foratura delle parti in metallo in cui vengono incassate le teste delle viti a brugola a testa cilindrica (per quelle svasate si usa la punta precedente) ed ha i taglienti della parte di maggior diametro che sono perpendicolari all’asse di rotazione.

Per migliorare le caratteristiche delle punte da trapano, negli ultimi anni sono stati messi a punto dei trattamenti superficiali di cui i più noti sono il trattamento al TiN (Nitruro di Titanio, di colore giallo oro) e quello al TiAlN (Nitruro di Titanio e Alluminio, di color antracite).


Questa lavorazione supplementare viene effettuata con una procedura particolare definita come PVD (Physical Vapour Deposition) che in pratica fa depositare sugli utensili le sostanze sopra descritte in ambiente sotto vuoto e con un procedimento che determina la deposizione delle sostanze con un ritmo di un atomo alla volta. 


I risultati che si ottengono con questi trattamenti superficiali, che hanno uno spessore infinitesimale, che quindi non incide sul diametro dell’utensile, sono:

1)     Elevata durezza e resistenza all’usura
2)     Maggiore resistenza alla corrosione
3)     Abbassamento del coefficiente di attrito


Tutte queste proprietà danno agli utensili una maggiore durata dell’affilatura, una vita praticamente esente dalla classica ruggine (che invece si può verificare in quelli in HSS) e una buona scorrevolezza durante le lavorazioni, anche in assenza delle classiche emulsioni di acqua e olio, usate di solito nelle officine meccaniche.

lunedì 16 ottobre 2017

LE PUNTE DA TRAPANO PER METALLO (prima parte)




Nel campo della falegnameria l’uso del legno e dei suoi derivati rappresentano sicuramente i materiali usati più di frequente, ma succede sempre più spesso di dover usare dei complementi metallici (cerniere, piastrine, angolari ecc.) per completare i manufatti in lavorazione.
Nella maggior parte dei casi gli elementi metallici che ci servono si trovano in ferramenta, ma talvolta bisogna modificarli per assecondare le nostre esigenze oppure si devono costruire partendo dal materiale grezzo (ferro, acciaio inox, ottone, alluminio, rame ecc.) per realizzare le parti che ci necessitano.
In questi casi una delle lavorazioni che si effettuano più frequentemente è la foratura e si usa un elettroutensile (trapano o avvitatore) oppure una macchina (trapano a colonna) in cui si inserisce l’utensile opportuno: la punta da trapano elicoidale.
Detta così la cosa appare abbastanza semplice, e nelle maggior parte dei casi è così, ma una cosa che penso che risulterà utile a chi dovrà effettuare dei fori sui vari materiali metallici è sapere quanti tipi di punte da trapano esistono, quali sono le diverse caratteristiche che le distinguono e per quali tipi di materiali sono stati concepiti.
Il tipo più semplice è quello in acciaio HSS che è una lega che contiene per la maggior percentuale del Ferro, poi in misura molto minore Carbonio, Molibdeno, Tungsteno e Vanadio. Con questo tipo di lega viene prodotta la maggior parte delle punte standard, che sono destinate alla foratura di acciai da costruzione, quindi con caratteristiche non troppo sofisticate soprattutto in termini di durezza, tenacità e con carichi di rottura abbastanza contenuti. 


Il sistema più veloce per produrre questo tipo di punte è la rullatura, questa viene eseguita da una macchina che deforma un tondino dell’acciaio sopra descritto utilizzando dei dischi rotanti che generano l’elicoidale delle punte da trapano per deformazione plastica, facilitata dal forte riscaldamento ottenuto per induzione, come si vede da questo filmato:  


Poiché la maggior parte dei mandrini da trapano standard accettano punte di diametro massimo compreso fra 10 e 13 mm., le aziende produttrici di punte da trapano preparano quelle di diametro maggiore lavorando la parte posteriore destinata all’inserimento nel mandrino (comunemente noto come “codolo”) in maniera da fornire un diametro tale da potersi infilare nel mandrino da 10 o da 13 mm., anche se il diametro effettivo della punta è superiore. 


Queste punte nascono generalmente con l’angolo di foratura dei taglienti di 118°; quando si devono forare materiali più tenaci e si deve migliorare il centraggio della foratura, aumentando anche l’asportazione del truciolo si tende ad aumentare l’angolo arrivando ad appiattirlo portandolo a volte fino a 135°, come nella punta seguente: 


Questa punta, che è siglata HSS – G, lavora bene anche sulla ghisa che è un materiale tendenzialmente duro e fragile per la notevole quantità di Carbonio che contiene; leggendo le specifiche di questo prodotto, si nota che è ottenuta per fresatura (cioè per asportazione di materiale da un tondino) e rettificata (quindi portata alla giusta dimensione in maniera perfetta) e questo le conferisce una qualità superiore alla precedente, in quanto il foro eseguito da questa risulta più preciso.
Un altro parametro che varia nelle punte da trapano è l’angolo dell’elica relativo all’asse di rotazione, che deve provvedere all’espulsione dei trucioli e cambia in funzione dei materiali che devono forare:

1)     Per ottone e bronzo l’angolo varia tra 10° a 15°
2)     Per acciai e ghise l’angolo varia tra 25° e 30°
3)     Per rame e leghe leggere l’angolo varia tra 35° e 40°

Un’annotazione importante, che vale anche per i fori nel legno, ma che qui assume un’importanza maggiore, è che la velocità di rotazione della punta è legata al diametro. In funzione del materiale forato e del diametro della punta va scelta la velocità di foratura e la cosa che è fondamentale attuare è che le punte di piccolo diametro devono girare più velocemente delle punte di diametro maggiore.
Esistono delle tabelle che danno delle indicazioni in proposito, ma ho dei dubbi sulla loro validità perché si ricavano delle velocità di affondamento molto elevate ed io ho qualche dubbio, per cui non ne pubblico neanche una; nella mia vita di fori nel metallo ne ho fatti diversi, anche se non ho mai avuto a disposizione un impianto di raffreddamento e lubrificazione con emulsione, ma con il mio trapano a colonna non ho mai raggiunto neanche lontanamente i risultati che queste tabelle dichiarano.


venerdì 6 ottobre 2017

LE FRESE DA TOUPIE (terza parte)




Continuando nella descrizione delle frese per toupie possiamo ricordare che esistono frese per giunzioni parallele diverse da quelle con molti denti e che sono un po’ più semplici da utilizzare; un tipo è questo: 


Con questo utensile non è necessario inserire un distanziatore sotto la fresa per la seconda passata, basta semplicemente posizionare la fresa al centro della tavola, o del pannello, ed effettuare una passata sul bordo della prima tavola; quella successiva andrà girata sottosopra e fresata in questa posizione.
Una volta riportata nella posizione originale, si accoppierà perfettamente con quella fresata precedentemente.
Un utensile analogo, ma dedicato alle unioni a 90° è questo: 


Questa fresa è analoga a quella descritta negli articoli riguardanti le frese a gambo per elettrofresatrici e richiede un po’ di pazienza per il corretto posizionamento perché bisogna tarare contemporaneamente l’altezza della fresa rispetto al piano di lavoro e la posizione della parallela. Poiché si perde un certo tempo per questa operazione, è consigliabile usarla quando si devono lavorare diversi pezzi; per uno solo non vale la pena di piazzare la macchina.
Un’ultima osservazione: poiché queste frese sono molto precise, bisogna essere precisi anche durante la lavorazione, in quanto i pezzi da fresare devono essere premuti contro il piano ed anche contro la parallela contemporaneamente; questo significa che bisogna almeno attrezzarsi con dei pressori a pettine verticali ed orizzontali, ma per ottenere il massimo bisognerebbe usare un avanzamento meccanico a rulli.
Per chi si dedica alla costruzione di porte o sportelli intelaiati esistono frese con diversi profili che permettono di lavorare i listelli dei telai con un’unica passata.


A questa fresa possono essere applicate coppie di coltelli con vari profili per soddisfare le esigenze dei vari esecutori e, essendo regolabili, si prestano ad assolvere diversi compiti.
Invece per gli amanti delle fresature con profili diversi (già sagomati) esistono delle valigette che contengono una testa portacoltelli ed una serie predefinita di coltelli già sagomati. 


Questa è una confezione base il cui numero di coltelli è incrementabile a piacere attingendo dal vasto magazzino dei coltelli con innumerevoli profili già pronti. L’unica controindicazione è che i coltelli sono in acciaio e non hanno il riporto in Widia, per cui sono da utilizzabili solo per il legno massello e non per i pannelli di MDF che consumerebbero rapidamente la loro affilatura.
Naturalmente per profili speciali, che ognuno può personalizzare a piacimento, esiste la possibilità di acquistare dei coltelli grezzi (cioè senza profilo) per sagomarli secondo le proprie esigenze.
Concludo con una coppia di oggetti molto utili: gli anelli di riduzione. 


Questi anelli sono molto comodi perché permettono di adattare all’albero della nostra toupie delle frese con il foro più grande; come si vede esistono riduzioni per tutte le dimensioni, pertanto si potranno utilizzare anche frese che non sono state acquistate specificatamente per un albero in particolare, oppure che possono essere utilizzate su toupie con alberi diversi.