giovedì 22 giugno 2017

LE LAME PER SEGHE CIRCOLARI (seconda parte)



Proseguendo nella trattazione dei denti al Widia delle lame, bisogna ricordare che non esiste una sola tipologia (o forma) delle placchette riportate, come si può vedere dal prospetto seguente: 

http://www.metalnuova.com/

Nella maggior parte dei casi le lame utilizzate sono quelle che hanno i denti disposti in maniera alternata (disegno all’estrema destra della prima fila); il lato del dente che termina con un angolo acuto in alto è quello che provvede a dare al taglio una finitura perfetta, ammesso che la lama sia correttamente affilata.
Essendo i denti alternati, una metà si occupa della finitura su un lato e l’altra metà si occupa della finitura sull’altro lato.
Se guardiamo invece il primo dente a sinistra della prima fila notiamo che sopra è perfettamente orizzontale; se dovessimo confrontare il lavoro di una lama con questo tipo di dente con quella con i denti alternati, e le lame sporgessero al di sopra del pezzo da tagliare, non noteremmo delle differenze nella finitura.
Però, se invece di tagliare completamente il pezzo, tenessimo le lame più basse dello spessore del pezzo in lavorazione, noteremmo subito la differenza: quella con il dente piano produce un canale perfettamente squadrato, mentre l’altra crea un canale con due piccole punte in alto, create appunto dai denti alternati affilati superiormente in maniera inclinata. 


Se dobbiamo preparare solo un canale per inserire una fodera in un mobile base di una cucina, le teste dei tagli non si vedono e non ci sono problemi di estetica, ma se dobbiamo fare un incastro tra due pannelli le cui teste rimangono in vista, allora la lama con il dente piano fa un lavoro esteticamente migliore. Infatti quando non si vuole o non si può montare una fresa nella toupie per fare una fresata al centro di un pannello, possiamo ottenere lo stesso risultato effettuando diverse passate affiancate con la sega circolare. 


Nel caso del lavoro eseguito con il dente piano otterremo un lavoro perfetto; con il dente alternato nelle teste dei pannelli rimarrebbero tutte le tracce delle punte dei vari denti prodotti durante le varie passate e, se questi incastri dovessero rimanere in vista, il risultato estetico sarebbe scadente. 


Nella seconda fila, il primo dente, chiamato trapezoidale viene solitamente accoppiato al dente piano, in maniera alternata, per dare origine alle lame dette appunto “con dente piano-trapezoidale”, che è quello all’estrema destra della seconda fila.
Questo tipo di lama è nata per un uso specifico: tagliare i pannelli di truciolare o di Medium Density rivestiti, quindi i nobilitati oppure quelli placcati con le impiallacciature di qualunque legno. L’abbinamento di questi due profili di dente, quando si lavora con una sega circolare che non è dotata di incisore, riesce a danneggiare molto meno la faccia inferiore del pannello in lavorazione, generalmente destinata a subire delle sbrecciature quando si lavora con la classica lama a denti alternati.
Sempre nella seconda fila il secondo dente ha un’affilatura definita “conica”; questo tipo di forma è destinata agli incisori che vengono utilizzati sempre accoppiati ad una lama a denti alternati nelle sezionatrici o nelle normali seghe circolari. L’incisore, che è una lama piuttosto piccola, è posizionato in modo da trovarsi sempre prima della lama principale (e ruota in senso contrario), in modo da lavorare il pannello per primo.
La funzione dell’incisore è quella di aprire un canale profondo 2 o 3 mm. nella faccia inferiore del pannello da tagliare e, essendo il dente a forma di trapezio, viene fatto uscire dal piano di lavoro della macchina del quantitativo sufficiente a creare un canale leggerissimamente più largo del solco effettuato dalla lama principale.
Questa piccola lama, per il fatto che produce solo una piccola incisione, non produce sbrecciature.
Questa operazione permette alla lama di tagliare il materiale interno del pannello senza venire a contatto con il rivestimento della faccia inferiore e questo evita le sbrecciature durante il taglio. 




(fine seconda parte)




lunedì 12 giugno 2017

LE LAME PER SEGHE CIRCOLARI (prima parte)



Con questo articolo faccio seguito alle richieste di alcune persone che negli ultimi mesi mi hanno chiesto informazioni sulle lame per seghe circolari e sul loro uso.

La sega circolare è una macchina che è stata inventata da un falegname inglese, Walter Taylor, nel 1775 ed il fatto che si chiami “circolare” è dovuto al fatto che il taglio viene effettuato da un disco che ha un certo numero di denti sul perimetro.


Inizialmente le lame erano costruite semplicemente con acciaio al carbonio e, per poter mantenere affilati i denti, venivano temprate; in tempi successivi, quando la tecnologia lo permise, furono realizzate in acciaio al cromo che reagiva meglio alla tempra ed aumentava notevolmente la resistenza alla corrosione, cioè alla ruggine.


In seguito le lame furono costruite con acciai sempre più sofisticati e dotate di altri elementi di lega per ottenere utensili sempre più performanti. Queste lame venivano ottenute per stampaggio e la lastra sagomata che ne derivava subiva un’operazione denominata “stradatura” che piegava leggermente i denti all’esterno alternativamente a destra e a sinistra.
Era indispensabile effettuare questo procedimento perché, durante la lavorazione del legno, i denti sporgenti lateralmente producevano un taglio che era più largo del corpo della lama e pertanto ne evitavano lo sfregamento contro il materiale in lavorazione, evitandone quindi il surriscaldamento con conseguente deformazione della lama. 


Queste lame sono state usate nelle falegnamerie e nelle industrie di arredamento finchè non sono comparsi sul mercato i pannelli di truciolare, e successivamente di tutti gli altri pannelli derivati dal legno, che contengono delle colle termoindurenti molto abrasive che non potevano essere segati con le lame tradizionali in acciaio HSS perché perdevano l’affilatura molto velocemente.
Il problema fu risolto con l’avvento delle lame al Widia, cioè delle lame simili alle precedenti a cui però venivano saldate delle placchette di carburo di tungsteno sinterizzato in una matrice di cobalto, che agisce da legante (a volte sostituito dal nickel) a cui era stato dato il nome di Widia. 



Questo materiale, che è stato scoperto all’inizio del 1900, fu commercializzato per la prima volta nel 1926 dalla Krupp (che lo brevettò) in Germania e che usò questo nome contraendo due parole: Wie diamant, che in tedesco significa come diamante, per via della sua straordinaria durezza.
C’è una differenza fondamentale nella costruzione delle lame al Widia (definito anche con la sigla HM che deriva da Hart Metal, che in tedesco significa: metallo duro) rispetto a quelle tradizionali: quelle in acciaio avevano la stradatura per permettere l’avanzamento della lama nel legno senza attrito; quelle al Widia non hanno bisogno della stradatura perché le placchette che vengono saldate sui supporti dei denti sono più larghe del corpo della lama di circa mezzo millimetro per parte.
Con questo sistema si ottiene lo stesso risultato, in quanto il solco prodotto dalle placchette riportate è sufficiente largo da far procedere la lama senza sfregare contro la tavola di legno o il pannello.
Mentre una volta il corpo della lama veniva ottenuto per tranciatura, oggi il lavoro viene eseguito da macchine che tagliano la lamiera con il laser, con un aumento della precisione e soprattutto senza le deformazioni che avvenivano col vecchio sistema.
Il fissaggio delle placchette di Widia sul corpo della lama avviene con una saldatura detta “brasatura forte” in cui si usa una piccola striscia di una lega composta da rame ed argento, conosciuta generalmente col nome di Castolin (dal nome dell’azienda che l’ha inventata) che fonde ad una temperatura molto inferiore a quella dei componenti da saldare e questo ha il vantaggio che non crea deformazioni.
Oggi la saldatura industriale delle placchette viene eseguita da macchine automatiche che saldano per induzione, che utilizza il forte riscaldamento creato da un generatore di onde ad alta frequenza e di un campo elettromagnetico in una serie di spire vicino all’oggetto che deve essere saldato; questo procedimento è molto veloce, scalda il pezzo solo nella posizione richiesta e permette una saldatura perfetta.
Dopo la saldatura, una volta che la lama si è raffreddata, tutti i denti con il riporto in Widia vengono affilati e questa operazione viene effettuata sulla parte frontale del dente e sopra; inoltre la mola viene fatta passare sui fianchi del dente per determinare la larghezza del taglio, allineando perfettamente tutte le placchette in modo che la sega possa effettuare un taglio perfettamente dritto.
Può capitare che durante le lavorazioni, o in seguito ad una caduta, le placchette vengano danneggiate; queste possono essere dissaldate e sostituite con altre nuove che verranno uniformate a quelle esistenti, ripristinando così la perfetta funzionalità della lama.
Pur avendo una durezza notevole, dopo un certo numero di ore di lavoro, queste lame devono essere riaffilate con le mole diamantate perché i bordi delle placchette perdono gli spigoli vivi e cominciano ad arrotondarsi leggermente, facendo perdere l’affilatura alla lama; si dovrà procedere quindi ad una nuova affilatura, eseguita generalmente in centri specializzati, dove asporteranno un po’ di materiale dalle placchette (solamente sul fronte e sopra, senza toccare la larghezza dei denti) finchè non verranno ripristinati gli spigoli vivi, che sono i punti che determineranno la precisione e l’efficacia del taglio di ogni lama.


(Fine prima parte)


venerdì 2 giugno 2017

UNA VETRINETTA (parte decima)




Arrivati a questo punto bisogna smontare tutte le parti non incollate, carteggiarle con un levigatore orbitale (o rotorbitale) dotato di una carta vetrata da 80 grit, passare con un tampone a mano sugli spigoli con una carta da 240 grit per arrotondarli leggermente (ricordiamo che sugli spigoli vivi la vernice non si deposita bene), poi si stende una buona mano di fondo trasparente ad acqua.
Il giorno dopo, quando il fondo si è sicuramente essicato, si possono cominciare a carteggiare tutte le parti su cui è stato applicato il fondo, usando una grana a 240 grit; poi si soffia via accuratamente la polvere con una pistola ad aria compressa alimentata da un compressore che sia regolato almeno a 4 bar; poi si stende la finitura trasparente (io ne ho scelta una a 10 gloss) e si aspetta che i pezzi possano essere maneggiati.
Si ripassano tutti i fori delle spine con una punta da trapano da 6 mm. di diametro per ripulirli dal fondo che immancabilmente ci si è infilato dentro, ripristinando la dimensione originale e provvedendo ad una leggera svasatura.
Alla struttura centrale dobbiamo applicare lo sportello, collegandolo con la cerniera a nastro in ferro ottonato vista nell’articolo precedente; nello sportello sono già stati avvitati i fermavetri nella loro posizione per verificare che tutto sia a posto.
Dopo aver imballato adeguatamente i vari pezzi nel pluriball, li ho trasportati sul luogo del montaggio cioè nella sala mostra della Vetreria Bazzanese di Crespellano (BO), che ha fornito i vetri per poterla completare. Qui abbiamo montato tutte le parti in legno, aggiungendo naturalmente la schiena a specchio e le fiancate in vetro extrachiaro da 5 mm. di spessore, cominciando a fissarli posizionando i fermavetri in basso. 


Per fissare le viti ottonate con testa a goccia di sego è stato molto utile l’avvitatore della Festool dotato dell’accessorio che monta gli inserti per fissare le viti in posizione eccentrica, permettendo quindi di avvicinarsi moltissimo al vetro con l’inserto e inserendo le viti in posizione perfettamente perpendicolare alla superficie in cui vanno fissate. 


Dopo aver montato anche il vetro nello sportello ed aver inserito tutti i ripiani, si comincia a vedere il risultato di questo lungo lavoro. 


Nella foto seguente si nota una parte dell’interno, dove si può notare come i fermavetri della schiena e dei fianchi sostengano anche i ripiani, evitando così i soliti reggipiani di supporto che, per effetto della trasparenza del vetro, rimangono sempre in vista.
Naturalmente adottando questo sistema si definiscono a priori le posizioni dei ripiani, che non si possono spostare, salvo che non si rifacciano i fermavetri verticali di dimensioni diverse. 


Ed ecco la vetrinetta chiusa; per poterla fotografare in posizione frontale ho dovuto mettermi proprio davanti e quindi la schiena a specchio riflette la mia immagine. 


Per avere un’idea dell’aspetto laterale esterno della struttura centrale, ho fatto anche questa foto; e con questo ritengo conclusa la trattazione della costruzione della vetrinetta. E’ probabile che qualcuno stia dicendo:….”finalmente!”.




(fine)