venerdì 27 aprile 2018

IL VETRO (ottava parte)





Tra le varie operazioni a cui può essere sottoposto il vetro c’è la retroverniciatura: la lastra viene sistemata in posizione orizzontale in una cabina dotata di un’adeguata aspirazione dei vapori e della vernice in sospensione; sul retro della lastra viene effettuato una pulizia per eliminare tracce di sostanze estranee, poi si applica la vernice del colore scelto con una pistola a spruzzo. 

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Ad essicazione avvenuta, il vetro viene girato per verificare la corretta distribuzione della vernice; una cosa importante da tenere presente è che il colore originale della vernice viene più o meno alterato dal vetro usato e dal suo spessore, nel senso che il miglior risultato (in termini di fedeltà di colore) avviene quando usiamo un vetro extrachiaro, possibilmente sottile. 


L’uso di un vetro float di uno spessore consistente provocherà immancabilmente un viraggio del colore originale spruzzato sul retro, per effetto della diversa trasparenza della pasta.
Al vetro trasparente può essere fatto anche un altro trattamento: l’acidatura. L’unico acido che corrode il vetro è l’acido fluoridrico e con questo si possono incidere le lastre creando dei disegni, oppure è possibile intervenire in maniera uniforme su tutta la superficie ottenendo un vetro leggermente opaco. 


Nella foto si vedono due campioni acidati con la stessa procedura, ma di spessore diverso: 4 mm. a sinistra e 10 mm. a destra; aumentando lo spessore, quindi la distanza dall’oggetto sottostante, si nota un’immagine meno definita.
Esistono inoltre i vetri stampati, in cui una delle due superfici non è perfettamente liscia ma reca un’impronta realizzata con uno stampo che crea delle creste e degli avvallamenti che confondono la vista degli oggetti retrostanti; anche qui la distanza dall’oggetto modifica notevolmente la sua visibilità. Viene spesso usato per le finestre dei bagni e delle docce, tenendo la parte stampata all’esterno. 


Il trattamento più appariscente che si effettua sul vetro è la sua trasformazione in uno specchio; il procedimento è abbastanza complesso, come si apprende da questo filmato: 


Gli specchi di tipo tradizionale possono essere prodotti utilizzando del vetro float o dell’extrachiaro; con quest’ultimo si ottiene un prodotto di qualità superiore per effetto della migliore trasparenza del vetro.
Se però escludiamo la grande produzione di serie e consideriamo la possibilità di intervenire sul vetro in maniera artigianale, si possono ottenere effetti abbastanza insoliti ed originali come quelli della foto seguente: 


In questa foto si intravede la zona riflettente in cui si nota la mia camicia ed un mio braccio mentre fotografo i campioni.

Inoltre il vetro può essere anche incollato e per ottenere questo risultato si devono accostare le due parti, poi si deposita un adesivo metacrilato con una siringa o con un tubetto particolare lungo la linea di giunzione; la colla penetra per capillarità tra i due vetri e il suo indurimento viene procurato in pochi secondi dall’esposizione ad un fascio di luce ultravioletta emessa da una lampada sistemata opportunamente. 

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L’incollaggio non è necessariamente vetro-vetro, ma può essere anche vetro-metallo; la cosa indispensabile è che le superfici che vengono a contatto siano perfettamente piane in modo che lo spazio fra loro sia quasi inesistente ed il collante possa espandersi correttamente. 



A conclusione di questa serie di articoli sul vetro, pubblico una tabella che riassume le caratteristiche del vetro: 









martedì 17 aprile 2018

IL VETRO (settima parte)




Un’altra lavorazione che si può eseguire sul vetro è la sabbiatura; ma non mi riferisco a quella che si effettua sulla lastra intera, ma a quella che permette di realizzare delle figure opache su una lastra trasparente e che può essere un motivo decorativo per migliorare l’estetica di un vetro, oppure per evidenziarne la presenza in modo che le persone non vi sbattano contro, altrimenti si fa per evitare una trasparenza completa di una parete divisoria di un ufficio. 




Per effettuare questa operazione si applica un foglio di carta adesiva speciale in cui sono state ricavate delle zone vuote, generalmente con un plotter da taglio comandato da un computer.
Il foglio così ottenuto viene applicato sul vetro, poi si usa la pistola da sabbiatura che provvede a soffiare dei microgranuli di corindone sulla zona da trattare; al termine della lavorazione si toglie il foglio adesivo (che si chiama “maschera di sabbiatura”) ed apparirà il disegno opaco realizzato nelle zone vuote.

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Questo campione è un po’ particolare perché è stato ottenuto stratificando un vetro sabbiato con uno specchio, sistemato posteriormente, che si nota perché riflette parzialmente la mia immagine mentre lo sto fotografando.
La maschera per effettuare la sabbiatura si può preparare anche manualmente, quando il disegno non è particolarmente complicato. 

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D’altra parte, quando non esistevano i plotter da taglio, le maschere di sabbiatura venivano preparate incidendo manualmente con un bisturi un foglio di carta o di plastica adesiva, sia che il disegno fosse semplice o complicato.
Un’ulteriore lavorazione che si può fare sul vetro è la retro-verniciatura, cioè il vetro viene trattato con opportune vernici opache colorate sulla faccia posteriore; l’effetto che si ottiene, guardandolo dal davanti, è quello di una superficie lucida come se fosse un pannello di legno laccato lucido brillante, con il notevole vantaggio che lo si può pulire con qualunque tipo di detergente senza rischiare di danneggiarlo.

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Un’evoluzione ulteriore della tecnologia legata alla lavorazione del vetro è la stampa digitale, anche questa da effettuare sul retro della lastra. Si può realizzare un vetro fotografato con qualunque immagine, purché sia in alta definizione; se volete utilizzare le foto dei vostri familiari per decorare degli sportelli intelaiati di un mobile, è sufficiente inviare delle foto digitali come allegato ad una e-mail, specificando la dimensione dei vetri che volete che siano stampati ed il gioco è fatto in poco tempo, come la foto seguente: 

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sabato 7 aprile 2018

IL VETRO (sesta parte)




Tra le varie lavorazioni che si possono fare in una vetreria attrezzata c’è anche la realizzazione di vetri con inserti particolari come, per esempio: reti metalliche sottili, tessuti, pizzi o cose del genere; per ottenere questo risultato si utilizzano due lastre di vetro e due fogli di un materiale plastico particolare che si chiama Etilvinilacetato (EVA). 

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Questo materiale si presenta come un foglio di plastica morbida e traslucida, si taglia con estrema facilità e, per procedere alla realizzazione del “pacchetto”, si inserisce il materiale scelto fra due fogli di EVA opportunamente tagliati, poi si completa con le due lastre di vetro che vanno all’esterno, come si vede nella foto seguente: 

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In seguito si infila tutto in un’autoclave come questa: 

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In questa autoclave, oltre ad innalzare la temperatura, si crea anche una discreta depressione per fare in modo che le due lastre di vetro si avvicinino, aderendo perfettamente al materiale inserito con la complicità dell’EVA che si ammorbidisce riempiendo tutti gli spazi liberi e diventando perfettamente trasparente.
Al termine del trattamento i vetri con il materiale inserito risultano un unico blocco ed anche più resistente. 

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In maniera simile, ma senza inserti particolari, nasce il vetro stratificato (chiamato anche “laminato” dalla traduzione dell’analogo termine inglese: laminated) che è molto usato, soprattutto come vetro di sicurezza; questo vetro composito nasce con un procedimento simile a quello descritto prima e sempre dentro un’autoclave.
Si trova anche già pronto e viene commercializzato sotto forma di una coppia di vetri di uguale spessore tra i quali è stato inserito un foglio di un materiale plastico che si chiama Polivinilbutirrale (PVB) che ha generalmente uno spessore di 0,38 mm.; in casi particolari i fogli possono diventare 2 (0,76 mm.) oppure 4 (1,52 mm.); il motivo di questo aumento di spessore deriva dalla necessità di rendere l’accoppiamento delle due lastre più resistente agli urti.
Nel caso specifico di due vetri temperati da accoppiare, l’uso di 4 strati è da intendersi obbligatorio, anche per poter compensare i piccoli difetti di deformazione dei pezzi.
Il fatto di realizzare una lastra composta da due vetri monolitici con un foglio di materiale plastico interposto garantisce che, in caso di urto, questa lastra non si spezzi in tante schegge più o meno grandi, ma rimanga unita dal foglio di PVB minimizzando quindi i danni e i rischi di ferite.
Un altro vantaggio dell’uso del PVB all’interno di due lastre di vetro è che questo foglio di materiale plastico trattiene il 99% dei raggi ultravioletti; è un grosso vantaggio per chi deve costruire delle vetrinette da esposizione per musei o affini, oppure per le vetrine dei negozi.
Come tutti sanno, i raggi del sole (che hanno una sensibile componente ultravioletta) tendono a modificare il colore degli oggetti illuminati e talvolta anche la loro struttura cellulare, quindi il vetro stratificato rappresenta una soluzione ottimale per tutte quelle situazioni in cui si devono esporre oggetti che devono essere protetti dai raggi ultravioletti.
Quando capita di dover tagliare un pezzo di questo tipo di vetro sul banco da taglio, la macchina incide le due lastre (sopra e sotto) e, per eliminare il collegamento costituito dal foglio di PVB, accende una resistenza che col calore sviluppato scioglie il foglio plastico, in modo da procedere alla separazione del pezzo dalla lastra iniziale. 

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Una volta, quando non esisteva questa macchina, il vetro stratificato (che è stato inventato nel 1909) veniva inciso manualmente sopra e sotto, poi si muoveva la lastra per spezzare i vetri lungo le incisioni e si versava dell’alcool nella fessura che si veniva a creare, poi gli si dava fuoco e questo eliminava il PVB, permettendo il distacco delle parti.
Il foglio di PVB può essere trasparente ma colorato ed in questo caso l’effetto che si ottiene è lo stesso di un vetro colorato in pasta, come ormai si fa raramente aggiungendo polveri metalliche. 

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