lunedì 26 febbraio 2018

IL VETRO (seconda parte)





L’inserimento di un vetro in un mobile è in funzione del risultato che si vuole ottenere: se dobbiamo creare un espositore è ovvio che serve un vetro perfettamente trasparente, in modo che gli oggetti all’interno siano ben visibili.
Se invece dobbiamo costruire un mobile con uno sportello cieco, il vetro può essere satinato, acidato, stampato o sabbiato (in maniera completa o utilizzando sagome opportune per ricavare un certo disegno).
Inoltre si può usare il vetro per creare degli sportelli a telaio in cui all’interno risalti un disegno colorato; per ottenerlo esistono tre soluzioni: quella più complicata, ma di maggior effetto, è quella che prevede l’uso di un vetro legato con un profilo di piombo (come nelle vetrate delle chiese gotiche o nelle lampade Tiffany) che prevede l’utilizzo di vari pezzi di vetro colorato, sia trasparente che opaco. In questo caso l’effetto migliore si ottiene sistemando una fonte luminosa all’interno, in modo che i vetri colorati risaltino con la loro trasparenza. 





Un’altra soluzione, meno complicata della precedente, si può ottenere usando una lastra di vetro intera su cui viene applicato un profilo di piombo autoadesivo che viene modellato per creare un disegno; le zone così definite vengono dipinte con colori specifici per vetro dando origine ad un lavoro che ricorda abbastanza quello descritto precedentemente. 




Un’alternativa che rappresenta una semplificazione ulteriore viene realizzata sostituendo il profilo di piombo con un filo di resina nera, argento o oro (che si fa uscire da un tubetto molto simile a quello del dentifricio) che può dare origine al medesimo disegno di prima e le cui zone saranno riempite con gli stessi colori. 


Volendo semplificare ancora il sistema di tracciatura del disegno, si può usare l’inchiostro di china sulla lastra intera di vetro; la differenza sostanziale rispetto ai due sistemi precedenti sta nella distribuzione del colore.
Nei casi precedenti il profilo di piombo adesivo o il filo di resina (che devono creare delle zone perfettamente sigillate e senza comunicazione tra loro) costituivano dei “contenitori” in cui venivano applicati i colori; nel caso della china non esiste niente che si possa opporre al dilagare dei vari colori, che dovranno essere applicati con un pennellino, seguendo le linee e in zone non contigue.
Ad essicazione avvenuta di queste, si può intervenire nelle zone adiacenti procedendo a tappe per riuscire a completare il disegno. 


Inoltre oggi esistono delle cerniere che possono permettere di montare delle ante di specchio senza che sia necessario inserirlo dentro un telaio. 


Questo sistema prevede di usare uno specchio accoppiato con un vetro satinato; su questo accoppiamento verranno incollate le cerniere che si agganceranno al fianco del mobile utilizzando delle basette di tipo tradizionale, che daranno la possibilità di effettuare le regolazioni opportune al momento del montaggio. In questo caso il vetro satinato è all’esterno e lo specchio all’interno, ma naturalmente si può fare il contrario. 









venerdì 16 febbraio 2018

ALTRI MATERIALI: IL VETRO (prima parte)




Nella produzione dei mobili un componente che viene utilizzato molto di frequente è il vetro e quindi credo che valga la pena di parlare di questo materiale che ha molte funzioni ed assume molti aspetti diversi in funzione dei trattamenti che subisce.
Il vetro è un materiale generalmente trasparente e prodotto attualmente in lastre di circa 6 x 3 metri; gli spessori commerciali sono diversi e partono da 1,8 mm. ed arrivano a 25 mm.. E’ composto prevalentemente da silice (biossido di silicio) che è praticamente la sabbia che troviamo nei fiumi e nei laghi, essenzialmente di acqua dolce; la sabbia delle spiagge marine non può essere utilizzata perché contiene dei sali che non permettono di ottenere un buon risultato.
Può essere utile conoscere un po’ di storia: la leggenda vuole che il vetro sia stato scoperto casualmente dai Fenici durante il terzo millennio a.C.; c’è chi racconta che sia stata una carovana e chi racconta dello sbarco di alcuni marinai, ma tutti sono concordi nel dire che il luogo della scoperta siano state le rive sabbiose del fiume Belo in Siria (la Fenicia era localizzata nell’attuale Siria). Si racconta comunque che, al calar della sera, alcuni uomini si siano fermati sulle spiagge di questo fiume per cenare; non trovando dei sassi per delimitare il focolare, presero dei blocchi di soda (carbonato di sodio) che stavano trasportando e all’interno di essi accesero un bel fuoco, che tennero acceso per tutta la notte. 


Al mattino si accorsero che all’interno del focolare si erano creati dei grumi di una sostanza dura e sconosciuta, che poi presero con sé per mostrarla ai sapienti della città in cui erano diretti. In effetti avevano causato accidentalmente la fusione della sabbia del fiume aiutati dalla soda che aveva agito come fondente, cioè aveva abbassato notevolmente la temperatura di fusione solita della silice, che si aggira attorno ai 1800°C.
Si sa inoltre che nel 2000 A.C. il vetro era già conosciuto in Egitto e che, attorno al 1000 A.C., vennero creati piccoli vasi in India e in Cina; nel 1° secolo A.C. i romani inventarono la tecnica del soffiaggio con la canna e, durante l’Impero Romano, con il vetro vennero fatte moltissime cose, tra cui i vetri per chiudere delle piccole finestre.
Comunque nei secoli successivi il centro di maggior sviluppo della produzione del vetro in Italia fu Venezia, dove i prodotti venivano realizzati con tecniche che venivano tenute segrete; si racconta che nel 1271 lo Statuto Capitolare di Venezia tutelava la manifattura del vetro veneziano, proibendo che venissero importati vetri dall’estero ed impedendo ai vetrai esteri di lavorare a Venezia.
Poiché le vetrerie utilizzavano delle fornaci per la preparazione del vetro, dai loro camini uscivano continuamente scintille che rischiavano di provocare incendi alle case che erano costruite prevalentemente in legno; nel 1291 fu deciso di trasferire tutte le vetrerie sull’isola di Murano. In questo modo, se fosse scoppiato un incendio, sarebbe rimasto circoscritto all’isola evitando di provocare danni in città; inoltre questo isolamento permetteva di tutelare i vari segreti di produzione del vetro.
Anticamente le lenti per gli occhiali venivano prodotte lavorando dei cristalli di Berillo (un composto del Berillio); alla fine del XIII secolo a Venezia riuscirono a produrre le lenti in vetro, molto migliori per trasparenza e nel 1329 a Murano fu prodotto il primo specchio.
Poiché i vetrai veneziani tutelavano i loro segreti di produzione, i manufatti in vetro risultarono sempre costosi, ma nel 1688 fu sviluppato un nuovo sistema di fusione del vetro e fu divulgato immediatamente; questo fece crollare il prezzo degli oggetti in vetro che diventarono manufatti di uso comune e si diffusero anche nelle case dei meno abbienti per effetto del notevole abbassamento dei costi.
Nel 1928 nacque il vetro di sicurezza e nel 1936 furono prodotte per la prima volta le fibre di vetro; negli anni ’60 fu inventato da Alistair Pilkington il processo “float” per la produzione delle lastre di vetro sulla vasca di stagno fuso, rendendo immediatamente obsoleto il sistema di produzione con soffiatura nei cilindri con taglio lungo una generatrice e spianatura della lastra; oppure quello che produceva lastre colate e poi laminate tra due cilindri, che però non permettevano di ottenere superfici perfette e parallele e dovevano poi essere successivamente spianate con l’uso di una fiamma. 


Tecnicamente la produzione industriale attuale del vetro viene ottenuta mescolando in un forno: la silice, il carbonato di sodio (o il carbonato di potassio per i vetri più pregiati) per abbassare la temperatura di fusione e inoltre dei rottami di vetro, che aiutano anch’essi ad abbassare la temperatura.
Possono poi essere aggiunte altre sostanze come additivi con compiti specifici. Il vetro float standard ha una colorazione leggermente verdastra, che si nota soprattutto guardandolo di costa, cioè nel suo spessore; questa colorazione deriva dalle impurità contenute nelle sostanze che vengono aggiunte alla silice e sono prevalentemente ossidi di ferro.
Per schiarire il vetro float, ottenendo un vetro denominato “extrachiaro”, viene solitamente aggiunto al bagno di fusione del biossido di manganese; il risultato lo si nota soprattutto guardandolo sempre nello spessore, che da verde diventa leggermente azzurro, ovviamente aumenta anche la trasparenza della lastra. 


Oltre al vetro tradizionale esiste anche il cristallo, chiamato anche vetro Flint, che si ottiene aggiungendo alla massa fusa monossido di piombo o tetrossido di piombo (minio) che aumentano l’indice di rifrazione e che rende il cristallo più brillante del vetro.
Esiste anche il vetro Pyrex, resistente al calore, con cui si producono stoviglie che possono essere messe in forno o vetreria da laboratorio di chimica; per produrre questo tipo di vetro si aggiunge del borace o dell’acido borico alla massa fusa del vetro.






lunedì 5 febbraio 2018

GUIDA DI AFFILATURA (quarta parte)





L’ultima parte è dedicata al rullino ed al suo asse; per quello che riguarda l’asse ho utilizzato un tondino di acciaio cromato di 9 mm. di diametro, rimasto da un lavoro precedente. Dopo averlo tagliato in lunghezza a filo con l’esterno dei supporti, ho provveduto a spianare le estremità con la mola in corrispondenza dei punti in cui verranno montati i grani per il suo fissaggio. 


Il rullino invece lo ottengo da un tondino di ottone di 25 mm. di diametro. 


Si parte con la punta da centro, poi si fora con una punta di diametro 5 mm. ed in seguito si passa la punta da 9 mm.; naturalmente un perno di 9 mm. non si può usare per fare ruotare un oggetto con un foro dello stesso diametro, per cui rifinisco il foro con una punta da 9,1 mm. per garantirmi un minimo di gioco. 


In questa foto si vede il corpo principale già montato, il rullino con le due rondelle in materiale plastico da mettere alle estremità ed il perno di rotolamento.
La guida montata è visibile nella foto seguente: 


Nel caso che di desideri affilare uno scalpello sottile, per tenerlo in squadro con la guida lo si stringe tenendolo accostato ad uno dei due bordi della fresata.


Con uno scalpello largo il discorso cambia e i lati inclinati lungo la sua lama saranno guidati dagli spigoli superiori della fresatura, tenendolo centrato sulla guida e bloccato saldamente in squadro. 


L’importanza di avere due boccole in gomma, che quindi si adattano all’inclinazione del piano superiore determinata dalla forma a cuneo dello scalpello, si vede in questa foto: 


Adesso bisogna determinare la posizione di inserimento degli scalpelli nella guida in funzione dell’angolo del bisello da creare; per fare questo in diverse posizioni, quindi con un diverso angolo di bisello, conviene farsi una dima per avere con immediatezza la posizione in cui bloccarlo. I materiali ovviamente possono essere diversi: dal Medium Density al Nobilitato bianco, dal Multistrati allo Stratificato; l’importante è che abbia una forma ad L per poter appoggiare il rullo posteriormente. Le varie posizioni degli angoli del bisello vanno segnate posizionando lo scalpello e controllando con un goniometro l’angolo formato dal lato inferiore dello scalpello (che nel disegno appare sopra) e la base della dima, mano a mano che si fa uscire lo scalpello dalla guida, come si vede dal disegno seguente: 






Naturalmente la dima è abbastanza larga da ospitare la lama di un pialletto: 


L’unica differenza rispetto al posizionamento dello scalpello è che in questo caso bisogna piazzare la lama con l’ausilio di una squadra.