martedì 26 settembre 2017

LE FRESE PER TOUPIE (seconda parte)




Continuando a parlare di frese da toupie possiamo ricordare che ci sono tantissime forme dei coltelli montati sul corpo fresa e naturalmente il loro uso è, nella maggior parte dei casi, destinato a soddisfare una particolare esigenza di lavorazione. 


Questa per esempio è destinata a fresare creando un angolo di 45° sul bordo lavorato, preparandolo per una successiva unione a 90° con uno analogo, magari intervenendo con un’anima per determinare con sicurezza la posizione di incollaggio e migliorare la tenuta dell’unione.
Anche in questo caso però serve una fresatura che avrà uno spessore adeguato a quello dei pannelli da unire; per questo scopo, oltre alle frese a disco a spessore costante, esistono quelle a spessore variabile per permettere di produrre una fresata di spessore a piacere (purché resti nelle dimensioni previste dai taglienti dell’utensile): 


Questo tipo di fresa è costituito da due parti che vengono assemblate sull’albero della toupie inserendo tra loro degli spessori di varie dimensioni per ottenere la misura desiderata. Visto che ogni fresa ha un’escursione di fresatura determinata, per coprire tutte le esigenze bisogna attrezzarsi con diverse frese con scaglioni di asportazione diversi.
Se la dimensione del canale non si può ottenere con un’unica passata o non ci si vuole fare una scorta di utensili di tipo industriale, non resta che fare più passate spostando in altezza la posizione di lavoro della fresa.
Un altro tipo di fresa che si usa spesso è quella per smussare, cioè per effettuare delle fresate con inclinazioni diverse dai 45° che abbiamo visto prima. 


L’uso che si fa di questo utensile è molto spesso legato alla costruzione di scatolati con 3 lati (che richiedono giunzioni a 60°), con 6 lati (che richiedono giunzioni a 30°) oppure con 8 lati (che richiedono giunzioni a 22,5°); naturalmente lavora anche a 45°.
Un’altra fresa che si trova sul mercato è quella per la raggiatura concavo-convessa. 


Io ho usato questa fresa per far ruotare uno sportello, il cui bordo era stato passato due volte per ottenere una testa convessa semicilindrica, dentro un fianco con una fresata concava a quarto di cerchio, che ovviamente era stata passata una sola volta.
Se invece dobbiamo giuntare delle tavole in testa esistono frese di forma e dimensione diverse, ma che funzionano tutte con lo stesso principio: aumentare la superficie di incollaggio e creare una specie di incastro. 


Perché la giunzione risulti perfetta bisogna fresare il bordo di una tavola tenendo la fresa in una determinata posizione, poi si smonta la fresa e sotto di essa si inserisce un anello distanziale di spessore pari a metà del passo delle creste ottenute con la lavorazione precedente. Questo si fa per sfalsare la fresatura che si andrà ad effettuare sul bordo della tavola (di uguale spessore) da accoppiare con quella precedente, in modo che alle creste di un bordo corrisponda un avvallamento del bordo da collegare, evitando quindi sgradevoli scalini nella continuità delle facciate delle tavole una volta incollate.



(fine seconda parte)

sabato 16 settembre 2017

LE FRESE PER TOUPIE (prima parte)



Una macchina fissa che ha sempre fatto parte dell’attrezzatura standard di una falegnameria è la Toupie, che altro non è che una fresatrice ad asse verticale. 


Nell’albero che si vede al centro della parallela (divisa in due parti) si inseriscono le frese, che sono utensili rotanti preposti alla sagomatura del legno o dei suoi derivati, principalmente l’MDF. Inizialmente le sagomature che venivano effettuate per ottenere dei listelli o delle tavole con i bordi dotati di un profilo particolare venivano create con coltelli interi sagomati alle due estremità in maniera simmetrica e inseriti in una fessura verticale ricavata nella parte superiore dell’albero, poi fissati con una vite verticale di generose dimensioni. La difficoltà principale era centrare il doppio coltello esattamente al centro dell’albero per permettere alle due estremità affilate di lavorare contemporaneamente. In alternativa si potevano creare dei ferri con un foro al centro di diametro adeguato, per poterlo inserire di piatto nell’albero e stretto con un anello superiore bloccato dalla medesima vite. 


Poi si utilizzò una testa portacoltelli che era praticamente un cilindro forato al centro e dotato di due o più asole sulla circonferenza, in cui venivano inseriti i coltelli sagomati di acciaio per utensili a cui si dava un profilo identico sagomato secondo le necessità. I “ferri”, come venivano chiamati i coltelli, dovevano essere fissati con un altro elemento di acciaio, detto “lardone”, che provvedeva a fissare gli elementi profilati ed affilati in modo che non sfuggissero per effetto della centrifugazione dell’utensile durante il funzionamento.


Naturalmente i coltelli dovevano essere perfettamente identici e montati sulla testa in posizione assolutamente simmetrica, cioè dovevano sporgere della stessa dimensione dalla testa (a volte fissati anche solo con viti), in modo che lavorassero entrambi in maniera consequenziale durante l’avanzamento del pezzo.


Se il montaggio veniva effettuato in maniera maldestra succedeva che c’era un solo coltello che lavorava in modo corretto, a scapito della finitura del materiale in lavorazione in quanto l’asportazione del materiale avveniva con un numero di colpi ridotto; questo portava spesso alla formazione di piccole onde sul pezzo lavorato, che andava di conseguenza rifinito a mano con una carteggiatura adeguata.
Nelle teste portacoltelli doppie (cioè in cui venivano inseriti solo due coltelli) i coltelli venivano eseguiti molto spesso dagli stessi falegnami, che disegnavano il profilo sui pezzi di acciaio da lavorare utilizzando una sagoma per assicurarsi di disegnare il medesimo profilo, poi creavano lo smusso inclinato per fare lavorare solo il tagliente del ferro. 


Vennero prodotte anche delle frese in acciaio a corpo unico, generalmente con molti denti e simili alle seghe circolari, ma più spesse, che servivano per preparare dei canali, in cui molto spesso venivano inserite le fodere dei mobili o altri componenti. 


E’ chiaro che in tutti questi casi, trattandosi di utensili in acciaio, l’affilatura era necessario farla piuttosto di frequente, ma finalmente arrivò sul mercato il Widia e le frese cominciarono ad essere costruite con le placchette riportate tramite saldobrasatura. L’affilatura da quel momento in poi fu sempre effettuata, molto meno frequentemente, con macchine apposite dotate di mole al diamante, e non ci si doveva più preoccupare del piazzamento dei coltelli sulla testa perché erano saldamente bloccati e le macchine affilatrici ci restituivano delle frese perfettamente affilate e con profili simmetrici. 


In seguito ci fu un’ulteriore evoluzione e le placchette di Widia saldate furono sostituite da coltellini in Widia integrale assicurati meccanicamente sul corpo fresa, naturalmente con speciali viti di fissaggio. Questo sistema permette di dimenticarci dell’affilatore perché i coltellini, una volta che hanno perso l’affilatura, vengono gettati e sostituiti con i nuovi, evitando trasferimenti degli utensili e tempi di attesa per la loro riaffilatura.


In questo modo i coltellini vengono rimontati nell’esatta posizione dei precedenti, garantendoci una sistemazione perfetta e molto spesso, a corredo della fresa, vengono sistemati anche dei “rasanti” che non sono altro che dei piccoli elementi generalmente quadrati in Widia, affilatissimi, che determinano un taglio orizzontale perfetto sopra e sotto la fresa, all’interno dei quali lavorano i coltelli verticali; in questo modo si garantisce un risultato praticamente perfetto.
Una cosa da non sottovalutare è che, oltre al legno, con il Widia si potevano fresare anche i pannelli di MDF, cosa praticamente inaccettabile con le frese in acciaio perché non mantenevano l’affilatura per un tempo di lavorazione accettabile prima della successiva molatura.



(fine prima parte)

lunedì 4 settembre 2017

Utensili vari a rotazione




Nelle varie lavorazioni che vengono effettuate nei laboratori di falegnameria c’è spazio anche per alcuni utensili che hanno una certa affinità con gli utensili montati sulle elettrofresatrici. Per esempio potrebbe essere necessario praticare dei fori di dimensioni generose che sono diametro decisamente superiore alle normali punte elicoidali da trapano.
Uno di questi casi si potrebbe verificare quando dobbiamo inserire la testa di una cerniera a scodellino (quella che spesso viene chiamata “cerniera da cucina”) in uno sportello; se lavoriamo uno sportello che ha l’interno in truciolare o in MDF la punta giusta è questa: 


Fraiser - fresa per trapano a colonna in metallo duro

Questa punta, di cui esistono diversi diametri, viene chiamata anche “levanodi” perché viene utilizzata a volte per eliminare i nodi dalle tavole di abete che vengono sostituiti con tappi circolari dello stesso legno per migliorare l’estetica, è dotata di due rasanti esterni in Widia che provvedono a delimitare l’area di approfondimento del foro ed evitare sbrecciature su materiali come truciolare o MDF nobilitati o rivestiti in laminato o con impiallacciature varie.
Ovviamente la punta ha all’interno due coltelli, sempre in Widia, che si occupano di fare il foro vero e proprio, guidati nella discesa (effettuata preferibilmente con un trapano a colonna) da una puntina centrale indispensabile per garantire la rotazione in asse, di cui si vede l’impronta in fondo al foro. 


Se dobbiamo effettuare sempre dei fori grandi, ma su un pezzo di legno massello e non li copriamo con una cerniera e dobbiamo lasciarli a vista è più indicato un altro tipo di punta che viene costruita in HSS, quindi senza riporti in Widia, ma che sul legno si comporta in maniera più delicata, lasciando perfetti i bordi dei fori. 


Fraiser - fresa per trapano tipo Forstner

Questa punta non ha rasanti, ma una struttura circolare interrotta solo dalle aperture in presenza dei due coltelli che penetrano nel legno per scaricare i trucioli; anche in questo caso c’è una puntina centrale per la guida in asse durante la foratura. Il bordo tagliente esterno di questa punta può essere liscio o dentellato. 


Per chi avesse bisogno di effettuare dei fori passanti su materiali ricomposti o rivestiti in materiali duri come, per esempio, il laminato plastico ed esiste anche la necessità che siano di diametro notevole e su materiali di spessore importante, lo strumento ideale è la sega a tazza con i denti riportati in Widia. 



Questo utensile è l’ideale per i fori passanti; contrariamente ai due prodotti precedenti che lavorano benissimo quando devono effettuare fori ciechi perché il fondo risulta spianato, in questo caso la parte interna lasciata da una sega a tazza che non ha sfondato il pezzo andrebbe tolta a colpi di scalpello ed il fondo non risulterebbe ben rifinito, quindi è meglio usarla solo per fori passanti. Per l’affondamento in asse questa volta c’è una punta da centro elicoidale, che penetra per prima nel materiale da forare evitando sbandamenti da parte della sega a tazza. 


Infine, per gli amanti delle decorazioni sul legno massello, ecco una punta che può essere equiparata ad una fresa: va sempre montata su un trapano a colonna, ma bisogna considerare che la velocità di rotazione va mantenuta bassa, dato il notevole diametro dell’utensile e quindi dell’elevata velocità tangenziale.


Fraiser - fresa per rosoni

I coltelli sono in Widia per cui possiamo permetterci di effettuare queste lavorazioni anche su elementi in MDF che possiamo poi laccare a piacere.

Le forme a disposizioni sono diverse: