sabato 7 aprile 2018

IL VETRO (sesta parte)




Tra le varie lavorazioni che si possono fare in una vetreria attrezzata c’è anche la realizzazione di vetri con inserti particolari come, per esempio: reti metalliche sottili, tessuti, pizzi o cose del genere; per ottenere questo risultato si utilizzano due lastre di vetro e due fogli di un materiale plastico particolare che si chiama Etilvinilacetato (EVA). 

www.vetreriabazzanese.com

Questo materiale si presenta come un foglio di plastica morbida e traslucida, si taglia con estrema facilità e, per procedere alla realizzazione del “pacchetto”, si inserisce il materiale scelto fra due fogli di EVA opportunamente tagliati, poi si completa con le due lastre di vetro che vanno all’esterno, come si vede nella foto seguente: 

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In seguito si infila tutto in un’autoclave come questa: 

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In questa autoclave, oltre ad innalzare la temperatura, si crea anche una discreta depressione per fare in modo che le due lastre di vetro si avvicinino, aderendo perfettamente al materiale inserito con la complicità dell’EVA che si ammorbidisce riempiendo tutti gli spazi liberi e diventando perfettamente trasparente.
Al termine del trattamento i vetri con il materiale inserito risultano un unico blocco ed anche più resistente. 

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In maniera simile, ma senza inserti particolari, nasce il vetro stratificato (chiamato anche “laminato” dalla traduzione dell’analogo termine inglese: laminated) che è molto usato, soprattutto come vetro di sicurezza; questo vetro composito nasce con un procedimento simile a quello descritto prima e sempre dentro un’autoclave.
Si trova anche già pronto e viene commercializzato sotto forma di una coppia di vetri di uguale spessore tra i quali è stato inserito un foglio di un materiale plastico che si chiama Polivinilbutirrale (PVB) che ha generalmente uno spessore di 0,38 mm.; in casi particolari i fogli possono diventare 2 (0,76 mm.) oppure 4 (1,52 mm.); il motivo di questo aumento di spessore deriva dalla necessità di rendere l’accoppiamento delle due lastre più resistente agli urti.
Nel caso specifico di due vetri temperati da accoppiare, l’uso di 4 strati è da intendersi obbligatorio, anche per poter compensare i piccoli difetti di deformazione dei pezzi.
Il fatto di realizzare una lastra composta da due vetri monolitici con un foglio di materiale plastico interposto garantisce che, in caso di urto, questa lastra non si spezzi in tante schegge più o meno grandi, ma rimanga unita dal foglio di PVB minimizzando quindi i danni e i rischi di ferite.
Un altro vantaggio dell’uso del PVB all’interno di due lastre di vetro è che questo foglio di materiale plastico trattiene il 99% dei raggi ultravioletti; è un grosso vantaggio per chi deve costruire delle vetrinette da esposizione per musei o affini, oppure per le vetrine dei negozi.
Come tutti sanno, i raggi del sole (che hanno una sensibile componente ultravioletta) tendono a modificare il colore degli oggetti illuminati e talvolta anche la loro struttura cellulare, quindi il vetro stratificato rappresenta una soluzione ottimale per tutte quelle situazioni in cui si devono esporre oggetti che devono essere protetti dai raggi ultravioletti.
Quando capita di dover tagliare un pezzo di questo tipo di vetro sul banco da taglio, la macchina incide le due lastre (sopra e sotto) e, per eliminare il collegamento costituito dal foglio di PVB, accende una resistenza che col calore sviluppato scioglie il foglio plastico, in modo da procedere alla separazione del pezzo dalla lastra iniziale. 

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Una volta, quando non esisteva questa macchina, il vetro stratificato (che è stato inventato nel 1909) veniva inciso manualmente sopra e sotto, poi si muoveva la lastra per spezzare i vetri lungo le incisioni e si versava dell’alcool nella fessura che si veniva a creare, poi gli si dava fuoco e questo eliminava il PVB, permettendo il distacco delle parti.
Il foglio di PVB può essere trasparente ma colorato ed in questo caso l’effetto che si ottiene è lo stesso di un vetro colorato in pasta, come ormai si fa raramente aggiungendo polveri metalliche. 

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