Tra le varie
lavorazioni che si possono fare in una vetreria attrezzata c’è anche la
realizzazione di vetri con inserti particolari come, per esempio: reti
metalliche sottili, tessuti, pizzi o cose del genere; per ottenere questo
risultato si utilizzano due lastre di vetro e due fogli di un materiale
plastico particolare che si chiama Etilvinilacetato (EVA).
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Questo materiale si
presenta come un foglio di plastica morbida e traslucida, si taglia con estrema
facilità e, per procedere alla realizzazione del “pacchetto”, si inserisce il
materiale scelto fra due fogli di EVA opportunamente tagliati, poi si completa
con le due lastre di vetro che vanno all’esterno, come si vede nella foto
seguente:
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In seguito si infila
tutto in un’autoclave come questa:
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In questa autoclave,
oltre ad innalzare la temperatura, si crea anche una discreta depressione per
fare in modo che le due lastre di vetro si avvicinino, aderendo perfettamente
al materiale inserito con la complicità dell’EVA che si ammorbidisce riempiendo
tutti gli spazi liberi e diventando perfettamente trasparente.
Al termine del
trattamento i vetri con il materiale inserito risultano un unico blocco ed
anche più resistente.
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In maniera simile, ma senza inserti particolari, nasce il vetro stratificato (chiamato anche “laminato” dalla traduzione dell’analogo termine inglese: laminated) che è molto usato, soprattutto come vetro di sicurezza; questo vetro composito nasce con un procedimento simile a quello descritto prima e sempre dentro un’autoclave.
Si trova anche già
pronto e viene commercializzato sotto forma di una coppia di vetri di uguale
spessore tra i quali è stato inserito un foglio di un materiale plastico che si
chiama Polivinilbutirrale (PVB) che ha generalmente uno spessore di 0,38 mm.; in
casi particolari i fogli possono diventare 2 (0,76 mm.) oppure 4 (1,52 mm.); il
motivo di questo aumento di spessore deriva dalla necessità di rendere
l’accoppiamento delle due lastre più resistente agli urti.
Nel caso specifico di
due vetri temperati da accoppiare, l’uso di 4 strati è da intendersi
obbligatorio, anche per poter compensare i piccoli difetti di deformazione dei
pezzi.
Il fatto di realizzare
una lastra composta da due vetri monolitici con un foglio di materiale plastico
interposto garantisce che, in caso di urto, questa lastra non si spezzi in
tante schegge più o meno grandi, ma rimanga unita dal foglio di PVB
minimizzando quindi i danni e i rischi di ferite.
Un altro vantaggio
dell’uso del PVB all’interno di due lastre di vetro è che questo foglio di
materiale plastico trattiene il 99% dei raggi ultravioletti; è un grosso
vantaggio per chi deve costruire delle vetrinette da esposizione per musei o
affini, oppure per le vetrine dei negozi.
Come tutti sanno, i
raggi del sole (che hanno una sensibile componente ultravioletta) tendono a
modificare il colore degli oggetti illuminati e talvolta anche la loro
struttura cellulare, quindi il vetro stratificato rappresenta una soluzione
ottimale per tutte quelle situazioni in cui si devono esporre oggetti che
devono essere protetti dai raggi ultravioletti.
Quando capita di dover
tagliare un pezzo di questo tipo di vetro sul banco da taglio, la macchina
incide le due lastre (sopra e sotto) e, per eliminare il collegamento
costituito dal foglio di PVB, accende una resistenza che col calore sviluppato
scioglie il foglio plastico, in modo da procedere alla separazione del pezzo
dalla lastra iniziale.
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Una volta, quando non
esisteva questa macchina, il vetro stratificato (che è stato inventato nel
1909) veniva inciso manualmente sopra e sotto, poi si muoveva la lastra per
spezzare i vetri lungo le incisioni e si versava dell’alcool nella fessura che
si veniva a creare, poi gli si dava fuoco e questo eliminava il PVB,
permettendo il distacco delle parti.
Il foglio di PVB può
essere trasparente ma colorato ed in questo caso l’effetto che si ottiene è lo
stesso di un vetro colorato in pasta, come ormai si fa raramente aggiungendo
polveri metalliche.
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