mercoledì 17 luglio 2019

IL CHIODO IMPRIGIONATO (seconda parte)





Riprendendo da dove avevo lasciato, la cosa che adesso bisogna fare è inserire il chiodo; ma come possiamo farlo? Non è così difficile, bisogna solo ricordare che il legno è composto da tanti canali che un tempo hanno trasportato la linfa e che adesso, pur essendo in disuso, sono ancora lì e quindi in un legno leggero come l’abete che abbiamo usato, il rapporto tra le fibre legnose ed il vuoto dei canali è praticamente uguale.
Questo significa che, apportando umidità e calore al legno, possiamo ridargli plasticità; per fare questo bisogna attrezzarsi con un fornello (io ne ho utilizzato uno elettrico, ma si ottiene lo stesso risultato anche con quello a gas), una piccola pentola e quel tanto di acqua che serve a raggiungere l’altezza di circa 2,5 cm., se le dimensioni del legno sono quelle che ho adottato io.
Serve però anche un minimo di attrezzatura che bisogna costruirsi in funzione delle misure del pezzo di legno in cui vogliamo inserire il chiodo. Per il parallelepipedo iniziale di 140 x 45 x 25 io ho tagliato due piastrine di 80 x 25 x 3 di acciaio trafilato che ho forato vicino alle estremità con una punta da 6,5 mm.
In aggiunta a queste servono due viti M6 lunghe 80 mm., 6 rondelle, 2 dadi normali e 2 dadi con alette (dalle nostre parti si chiamano “galletti”); a parte bisogna crearsi una chiave a tubo per girare i dadi con alette quando inizieranno a stringere il legno con decisione.


Io ho usato un avanzo di un tubo da 17 mm. di diametro (misura davvero insolita) a cui ho fatto due fori passanti vicino alle estremità e, mentre in uno infilerò una barra filettata M6 con due rondelle ed altrettanti dadi autobloccanti, l’altra estremità l’ho aperta con la sega da ferro per ricavare due asole (questa è la parte che si innesterà sulle alette dei dadi). 


Una volta assemblato il tutto, la nostra attrezzatura è pronta. 


Adesso possiamo immergere verticalmente il nostro manufatto nell’acqua bollente e, per contrastare la spinta di galleggiamento che potrebbe farlo cadere di lato, vi appoggiamo sopra un pezzo di metallo. Il tempo di permanenza nel pentolino varia in funzione  delle dimensioni del pezzo e del tipo di legno; io ho aspettato un quarto d’ora prima di toglierlo dall’acqua. 


Stando attenti a non bruciarsi (è stato immerso in acqua a 100°C) si inserisce il morsetto improvvisato e cominciamo a stringere i galletti; lo si fa agevolmente con le dita finchè non si arriva a comprimere il legno, da quella posizione in poi la chiave a tubo autocostruita si rivelerà indispensabile. 


Bisogna comprimere il legno fino che non lo portiamo in una posizione che ci permette di fare il foro per infilare il chiodo abbastanza distante dal bordo da non rischiare di rompere il legno.
Io ho usato un chiodo con la testa che è lungo 80 mm. e di diametro 3,5 mm.; il foro per questo chiodo l’ho eseguito con una punta di diametro 5 mm., ma di tipo lungo, altrimenti non sarei riuscito a perforare i due “denti” centrali (la punta lunga da 4 mm. risultava troppo corta). 




Questo chiodo è stato verniciato con vernice trasparente all’acqua per cercare di preservarlo dalla ruggine. 


Ora che abbiamo preparato il foro, vi infiliamo il chiodo e lo tratteniamo con un pezzetto di nastro isolante per evitare che tenda a scappare via; poi si fa bollire di nuovo l’acqua e, dopo aver tolto il morsetto, si rimette il legno a bagno perché possa rigonfiarsi. 


Io ho aspettato circa 10 minuti prima di toglierlo dall’acqua, la porzione di legno si era rigonfiata ed era tornata praticamente nella posizione iniziale; per aiutarla a prendere la forma originale mi sono aiutato con due scarti di legno ed un morsetto che ho stretto per bene in modo da ottenere un buon allineamento con il resto del manufatto. Adesso bisognava solo aspettare che si asciugasse adeguatamente per riportare l’umidità ai valori precedenti l’immersione. 


Arrivati all’essicazione della parte bagnata, si procede alla carteggiatura del legno, poi alla stesura di una mano di fondo trasparente all’acqua; il giorno dopo, quando il fondo è sicuramente asciutto, si procede alla carteggiatura con carta vetrata a grana 240 ed in seguito si può applicare la finitura trasparente opaca, sempre all’acqua. Ed ecco il risultato:




lunedì 8 luglio 2019

IL CHIODO IMPRIGIONATO (prima parte)





Premetto subito che l’argomento che sto affrontando è già stato postato in un video su YOUTUBE tempo fa, ma nella descrizione sono stati saltati alcuni passaggi che invece ritengo siano indispensabili per capire come realizzare questo rompicapo, quindi ne ripropongo la costruzione passo per passo. 


Come si vede dal disegno dobbiamo costruire questo giocattolo curioso partendo da un pezzo di abete (o legno analogo: leggero e poroso) considerando che dobbiamo realizzare un parallelepipedo che è dimensionato in funzione della lunghezza del chiodo. Io ho usato un chiodo da 80 mm. e le dimensioni della parte in legno, come si può desumere dal disegno, sono 140 x 45 x 25 mm.
La partenza quindi avviene prendendo un avanzo di abete, privo di nodi e sacche di resina, e lo tagliamo a misura; nel mio caso, poiché dall’avanzo che avevo ne potevo ricavare due, ho deciso di prepararli entrambi perché nel tempo in cui se ne produce uno, praticamente se ne possono costruire due. 


Il blocchetto iniziale era già stato troncato alla lunghezza finita quindi, con quattro tagli ecco realizzati i due parallelepipedi che ci servono. 


Su uno solo di questi ultimi due blocchetti disegno le zone di taglio come sono segnate nel progetto.


Per abitudine tratteggio con la matita le zone di legno da asportare; sembra una cosa superflua, ma vi garantisco che, mentre si lavora a macchina, per non incorrere in errori sciocchi è indispensabile individuare immediatamente le parti che devono rimanere dopo la lavorazione e quelle che invece vanno eliminate.


Ho deciso di asportare il legno utilizzando varie passate eseguite con la sega circolare, anziché una fresa montata sulla toupie; però, invece di usare una lama al Widia con dente alternato, ho montato una vecchia lama in HSS con il dente pari, così evito gli immancabili solchi lasciati dalle punte esterne dei denti e riesco a pareggiare le varie passate con poca fatica. (Foto: IMG 1265)




Per evitare inutili sbrecciature all’uscita dei pezzi, ho applicato un listello di abete alla squadra del carro della sega circolare con due morsetti ed ho collegato i due parallelepipedi tra loro con lo scotch di carta perché quello posteriore protegga l’uscita di quello anteriore.


Si inizia quindi a far passare i pezzi sulla lama, spostandoli lateralmente di circa 4 mm. ad ogni passata, fino al raggiungimento del limite del primo scasso; il listello di abete bloccato sulla squadra mostrerà un unico taglio, mentre i due parallelepipedi avranno uno scasso perfetto dopo 5/6 passate. 


Naturalmente il trattamento è analogo per le altre due zone da ripulire e, dopo aver tolto lo scotch di carta, il risultato finale è questo: 


La finitura degli scassi viene ottenuta lavorando con una lima di carta vetrata bifacciale appositamente preparata, con cui si levigano le facce interne in cui è passata più volte la lama della sega circolare. 







domenica 26 maggio 2019

MODIFICA ALLA SEGATRICE A NASTRO



Qualche tempo fa mi sono comperato una segatrice a nastro da metallo perché ero stanco di tagliare con la sega a mano i vari pezzi di metallo di cui avevo bisogno ed il modello che ho scelto si è dimostrato subito all’altezza delle mie aspettative. 


Però mi sono accorto che si poteva migliorare perché, finchè tagliavo pezzi di lunghezza contenuta, non c’erano problemi; ma quando volevo effettuare dei tagli di lunghezza oltre i 260 mm. cominciavano i problemi: la battuta di arresto arrivava a fine corsa e non potevo tagliare misure più lunghe.
D’altra parte non mi conveniva sostituire l’asta di supporto mettendone una più lunga, perché sarebbe stato un ingombro in più che avrebbe complicato i miei spostamenti nel piccolo locale dove l’ho sistemata. 


Ho deciso quindi di intervenire modificando la battuta di arresto e girandola dall’altra parte; per poter fare questo intervento dovevo garantirmi una battuta che fosse sistemata su un asse parallelo all’asta di supporto, pertanto mi sono tagliato un’asta di legno per fare le spine fuori standard di diametro 12 mm., quindi della stessa dimensione dell’asta di metallo. 


La lunghezza l’ho stabilita in maniera che la battuta in plastica della macchina appoggiasse sulla base della morsa del trapano e l’asta in legno l’ho sistemata nella scanalatura a V verticale presente nelle ganasce; in questo modo avevo una discreta garanzia di forare lungo l’asse della battuta.
Avendo utilizzato lo stesso diametro, potevo fissare la battuta in plastica sull’asta in legno stringendo il sistema di bloccaggio originale.
A questo punto, usando una punta da 6 mm. di diametro, più lunga dello standard, ho forato il corpo della battuta per circa 80 mm. 


In questo foro inserirò una barra filettata M6 che sporgerà posteriormente nella battuta e qui fisserò la nuova battuta; per non perdere troppo tempo ho deciso di farla utilizzando un pomello di manovra con gambo M6 a cui ho spianato la testa, originariamente bombata, per ottenere una battuta in squadro perfetto con la barra filettata.
Naturalmente per realizzare questa lavorazione il tornio è una macchina insostituibile. 


Poi ho infilato la barra filettata nel foro praticato precedentemente e l’ho bloccata con un po’ di colla cianoacrilica, poi vi ho inserito un dado ed ho preparato un dado lungo per giuntare le barre ed ho preparato il pomello di manovra a cui ho accorciato il gambo. 


Una volta assemblato il tutto, la battuta posteriore appare così: 


Il dado posteriore agisce come controdado per bloccare il sistema, ma anche per permettere delle registrazioni minime, ruotando anche il dado di collegamento a cui ho fissato il pomello con la colla.
Rimontando la battuta di fermo in posizione rovesciata si nota che adesso si possono effettuare dei tagli con pezzi più lunghi, almeno 400 mm. 


Per coloro che amano lavorare il legno esiste un’opzione B che è costituita da un blocchetto di legno, forato per inserirsi sull’asta da 12 mm. e dotata di un taglio longitudinale per creare due ganasce.


Per bloccare questo fermo è stato praticato un foro trasversale alle ganasce in cui va inserito un bullone dotato di rondelle e dado con alette per poterlo manovrare senza strumenti ulteriori.


La sua funzione risulta analoga al retro della battuta di fermo originale appena modificata. 





lunedì 18 febbraio 2019

UN CASTELLO NATALIZIO (quinta parte)





Arrivati a questo punto devo posizionare il corpo centrale sul basamento; dopo aver fatto due fori da 6 mm. nel pannellino che costituisce la base ed inserisco i marcafori per riportare la loro posizione sul piano che foro a sua volta. Poi incollo una spina divisa a metà nei fori della struttura centrale in modo che sporgano inferiormente per darmi un posizionamento certo quando dovrò incollarla.


Dopo aver dato una mano di fondo all’acqua sulle parti in legno comincio la verniciatura utilizzando una bomboletta spray che produce un effetto pietra grigio scuro. 


Poi mi occupo del basamento a cui do una spruzzata con una bomboletta verde per imitare un terreno erboso. 


Adesso devo verniciare le torri del corpo centrale e spruzzo un primer specifico per la plastica in modo da garantire che la vernice successiva si aggrappi correttamente; per questa struttura ho deciso di utilizzare una vernice, sempre con effetto pietra, ma con un colore grigio chiaro. 


Spruzzo la medesima vernice sul corpo centrale del castello, dopo aver dato la solita mano di fondo all’acqua; per i tetti a cono delle due torri più piccole, dopo il solito fondo all’acqua, ho previsto una finitura color rame metallico.
Poi, come tutti i castelli che si rispettino, devo costruire un ponte levatoio; incollo quindi un pannellino di compensato di betulla di dimensioni leggermente superiori all’apertura che ho previsto nel muro ad un pezzetto di multistrati di pioppo, poi creo uno smusso a 45° con la troncatrice per addolcire l’accesso al castello, mantenendo il ponte levatoio orizzontale, quando è aperto.
Naturalmente ci vuole una cerniera per permettergli di muoversi ed utilizzo un pezzo di una vecchia cerniera a nastro (ormai introvabile) in ferro anticato, fissata con quattro chiodini in ferro ottonato usati nel modellismo navale, ribattuti nella parte posteriore e spianati con la cartatrice per portarli a livello del legno. 


Questo pezzo ho deciso di tingerlo color noce scuro per dargli un aspetto simile a quelli originali; naturalmente applico una mano di fondo trasparente ed una di finitura opaca, sempre trasparente.
Considerando che il castello andrà in mano a due bambini di cinque anni, ho fissato la cerniera utilizzando anche un velo di colla poliuretanica per aiutare i chiodini a mantenere in posizione la cerniera.
Non resta che incollare tutti i pezzi: i tetti in rame sulle torri, le torri al corpo centrale e questo sul basamento; naturalmente anche il ponte levatoio viene fissato incollando ed inchiodando la cerniera al basamento ed il tutto si presenta così: 


La vista sul fianco è questa: 


Per trattenere il ponte levatoio quando è alzato ho inserito due piccoli magneti al neodimio, uno nel muro ed uno nel ponte levatoio, ovviamente girati in modo da avere i poli opposti a contatto. 


Una volta sollevato, il ponte levatoio si presenta così: 


E il pezzetto di multistrato sporgente è molto utile per prenderlo con le dita quando lo si vuole abbassare.
L’unica cosa che mi dispiace è che, durante le varie lavorazioni, si sono rotti due merli in una torre angolare. Spero che i miei nipoti non me lo rinfaccino…


venerdì 8 febbraio 2019

UN CASTELLO NATALIZIO (quarta parte)




Proseguendo nella realizzazione del castello, metto in posizione la struttura del castello sul basamento per fare in modo che i marcafori lascino la loro traccia, poi foro con una punta da 6 mm. ed incollo quattro spine in faggio facendone sporgere circa un centimetro per centrare i fori nella base delle torri perimetrali.



Adesso posso occuparmi del corpo centrale; come si vede dai disegni del progetto ci sono tre pannellini orizzontali fissati a due pareti verticali in squadro, di cui una divisa a metà per ospitare la torre di diametro maggiore.
Nei piani orizzontali devo praticare due fori per introdurre le due torri di diametro uguale a quelle angolari, che saranno sormontate da un tetto conico ognuna. Per forare i tre pannellini in modo da essere certo che le posizioni dei fori coincidano, li tengo uniti con tre spilli per creare un pacchetto unico ed uso una mecchia autocostruita per realizzare i fori. 


Per impostare la torre di diametro maggiore non è possibile usare una punta perché il centro è all’esterno dei pannellini, quindi devo ricorrere al traforo elettrico dopo aver tracciato il percorso della lama. 


A lavoro ultimato i tre avanzi si staccano dai pianetti. 


Adesso devo rifinire il taglio con il manicotto di tela abrasivo per adattarlo alla torre ed il risultato è più che buono.


Posso quindi cominciare ad assemblare il corpo centrale mettendo in squadro le pareti verticali, fissandole con colla vinilica rapida e spilli ed incollo anche il piano a livello del terreno e quello superiore, che sono sufficienti a tenere nella posizione corretta tutti i pezzi. 


Le torri sono state messe solo in prova per controllare che tutto combini e le due più piccole devono ancora essere carteggiate per irruvidirne la superficie. Bisogna completare la struttura centrale ed aggiungo il piano intermedio, i parapetti dell’ultimo piano e i due pilastrini in angolo. 


Per le due torri piccole inglobate nella struttura ho previsto un tetto conico e, per realizzarlo, ho usato il tornio parallelo (quello per le lavorazioni meccaniche) anziché quello tradizionale da legno; il motivo è che, dovendo fare due coni con la medesima apertura angolare e le medesime dimensioni, era più preciso il tornio per il metallo.


Dopo aver carteggiato le due torri piccole posso inserire le due appendici superiori.


(Fine quarta parte)