sabato 29 dicembre 2018

UN CASTELLO NATALIZIO (prima parte)





Lo so che ultimamente ho dimenticato un po’ gli argomenti legati ai mobili, ma è un periodo in cui mi sto dedicando soprattutto a lavorazioni meccaniche; comunque volevo mostrarvi quello che ho deciso di costruire per i miei nipoti (che hanno diritto a non risentire delle mie divagazioni meccaniche) come regalo di Natale: un castello medioevale. 

PROSPETTO PRINCIPALE
PIANTA

Per semplificarmi il lavoro ho acquistato dei tubi in PVC per idraulica per realizzare le torri; questi hanno il vantaggio di avere già la parte superiore di diametro maggiorato, come accadeva spesso nei castelli di una volta, basta troncare via l’estremità superiore che contiene la guarnizione e tagliarli alla lunghezza voluta. 


Si ottengono così le quattro torri angolari, la principale interna e le due secondarie: 


Poiché questi tubi hanno i profili di giunzione longitudinale piuttosto evidenti nel “bicchiere”, bisogna carteggiarli con carta fine fino ad ottenere una superficie senza asperità per evitare che si notino successivamente quando le torri saranno verniciate (nella foto si vedono le zone dove è stato fatto l’intervento).
Il passo successivo è la lavorazione delle pareti esterne, per le quali ho utilizzato del compensato di betulla da 6 mm.; dopo avere squadrato i lati ho disegnato i merli sui pannelli ed ho eliminato il compensato nelle parti superflue con successive passate alla sega circolare.
Per ottenere un buon risultato ho sostituito la classica lama al Widia a denti alternati con una lama in HSS a dente piano; in questo modo ogni passata si accordava perfettamente con quella precedente senza lasciare le solite tracce delle cuspidi esterne dei denti. 


Per poter lavorare i merli facendo avanzare i pannelli sempre dallo stesso lato ho aggiunto un righetto di battuta che me li supporti anche nella zona oltre la lama. 


Al termine della lavorazione, ogni pannello che costituisce un muro con i merli si presenta così: 


Per quanto riguarda le torri, dovevo chiuderle inferiormente per facilitarmi il fissaggio sul pannello che costituirà il basamento; inoltre anche in alto dovevo creare un piano di appoggio per i soldatini che immancabilmente vi saranno appoggiati. Fortunatamente ho trovato in un bricocenter un tondino di Kotò che aveva un diametro esterno di 28,5 mm. che si adattava alla perfezione dentro ai tubi che costituivano le torri esterne. 


Nella foto si vedono due aste: una alla destra del tondino in legno, che serve da battura, ed una in diagonale che è un’asta elastica di fermo per trattenere il pezzo tagliato, in modo che non venga danneggiato dalla lama durante la sua risalita.
E’ bastato tagliarne dei pezzi alti 30 mm. per risolvere il problema; però, se nella parte alta avevano già la configurazione opportuna, per la base ho deciso di fissarli alla base con una spina da 6 mm. ognuno. Per procedere alla foratura ho dovuto prima di tutto segnare il centro dei quattro che richiedevano il foro ed ho usato una squadra a centrare (autocostruita) per risolvere il problema.


Poi, dopo aver segnato il centro con un forone, ho montato nel mandrino del trapano a colonna una punta da centro (di quelle che si utilizzano nei torni da metallo) per impostare il foro senza rischiare le oscillazioni di una punta tradizionale. 


In seguito ho forato con una punta da metallo da 6 mm. e nella foto seguente si vedono le varie operazioni in sequenza: forone, punta da centro (in due cilindretti identici) e punta da 6 mm.; in basso si vede la punta da centro. 


Infilando nel mandrino una barra filettata con un dado in testa, ho utilizzato il trapano a colonna come pressa per inserire i cilindretti di legno nei tubi, adeguatamente spalmati di colla epossidica. 


Ed ecco il risultato: in questa foto si vedono due torri angolari di cui una è stata capovolta. 




(fine prima parte)


giovedì 27 settembre 2018

UNA CORNICE PARTICOLARE





Era da tempo che dovevo costruire una cornice per un quadretto che mi era stato regalato da una mia amica, piuttosto brava col pennello; purtroppo, per un motivo o per un altro, ho sempre dovuto rimandare fino a pochi giorni fa quando ho potuto realizzarla.
Per questo quadretto volevo fare qualcosa di insolito ed ho cominciato a piallare due righetti di abete fino ad ottenere una sezione di 48 x 28 mm. per una lunghezza di circa un metro, che era una misura sicuramente abbondante per la realizzazione della cornice.


Nella foto precedente si vede la tela appoggiata sui due righetti iniziali; per contenere la cornice dovevo preparare un battente piuttosto stretto perché il disegno era molto vicino al bordo della tela nel lato superiore, quindi ho effettuato nei listelli due tagli incrociati sulla sega circolare in modo da asportare una sezione di legno di 23 x 5 mm., come si vede dalla foto successiva. 


Poiché ho utilizzato dell’abete rosso, le sacche di resina sono all’ordine del giorno (l’abete bianco è completamente privo di resina, tranne sulla corteccia) e, piallando e segando, ecco che ne salta fuori una in diagonale. 


Fortunatamente su un lato era apparsa subito, quindi ho lavorato i profili in maniera da sistemarla dietro e all’interno, quindi nella zona a contatto con la tela; per il tipo di trattamento che avevo intenzione di fare è necessario ripulirla bene e stuccarla con un prodotto bicomponente, molto resistente, ma lo farò alla fine della lavorazione.
Dopo aver creato i quattro tagli a 45° alle estremità, evitando i nodi più vistosi, mi traccio le posizioni in cui eseguire i tagli successivi, tenendo conto della dimensione della tela che dovevo inserire, quindi facendo partire la tracciatura dal lato interno della cornice.


Poi ho adoperato un attrezzo studiato appositamente per l’incollaggio delle cornici, che ho effettuato con la colla vinilica. 


Una volta liberata la cornice, l’ho carteggiata insistendo particolarmente sugli spigoli esterni per darle un aspetto un po’ rovinato; come si nota nella foto la sacca di resina è completamente nascosta, ma c’è ancora ed è all’interno del righetto più in basso.


Poi è cominciato il trattamento speciale: l’ho sottoposta ad una bruciatura continua nella parte a vista, utilizzando quella che viene comunemente chiamata “lampada da idraulico”; l’intervento può essere più o meno intenso in funzione del risultato che si vuole ottenere. Io non ho insistito particolarmente, poi l’ho ripulita con due spazzole rotative in fibra, insistendo in maniera diversa nelle varie zone.
Ed ecco il risultato:


Per potere appendere la cornice ho praticato un foro inclinato nel retro del traverso superiore, in cui si inserirà il chiodo fissato nel muro; da qui si vede che la bruciatura non è stata effettuata posteriormente e nella parte interna. 


A questo punto non resta che inserire la tela nella cornice, fermandola con alcuni chiodi che verranno piantati nella parte di cornice che sporge dietro alla tela; ed ecco il risultato finale: 





giovedì 23 agosto 2018

UNA PRESSA PER FARE LA CARTA (seconda parte)




Riprendendo il discorso sui piani della pressa per fabbricarsi i fogli di carta in casa, dopo avere messo tutto in prova, si crea un riferimento per evitare di montare i piani in una posizione che non è quella della foratura accoppiata; in questo caso ho fatto due forellini sui bordi accostati dei piani, e fuori centro. 


Adesso si passa alla carteggiatura dei piani con la solita grana 80 montata sul levigatore orbitale; quella rete che si vede sotto i piani è quella che si usa generalmente per tenere fermi i tappeti sui pavimenti. Ho pensato di provare ad utilizzarla per tenere fermi i pezzi quando sono nella fase di levigatura, visto che di solito la spinta dei levigatori orbitali sommata alle vibrazioni che trasmettono rende difficoltoso bloccarli, soprattutto se sono di piccole dimensioni.
Devo ammettere che sono rimasto sorpreso di quanto funzioni bene! Esistono aziende che vendono apparecchi con ventose a depressione per trattenere i pannelli, ma costano cifre non indifferenti; con questa rete sono riuscito ad ottenere un ottimo surrogato di quegli attrezzi.
Poi si smontano le varie parti e si comincia a trattare i pannelli in legno con degli impregnanti che abitualmente vengono applicati sui materiali lapidei, e che io ho già sperimentato con successo; ho deciso quindi di collaudarli sul legno. 


Ho dato due mani di “icr7” della GEAL a distanza di sei ore una dall’altra poi, il giorno dopo, ho trattato i piani con “basoil”, lasciando che il prodotto penetrasse rinforzando l’impermeabilizzazione ottenuta con il prodotto precedente.
Successivamente ho applicato una mano di fondo trasparente della RENNER per poter poi carteggiare ed ottenere una superficie liscia; ho concluso il trattamento con una mano di finitura trasparente opaca, sempre della stessa azienda.
Devo confessare che questo trattamento multiplo è un esperimento che non avevo mai fatto, ma avevo intenzione di dare una protezione notevole a dei pannelli legnosi che verranno spesso a contatto con l’acqua; vedremo col tempo se ho fatto le scelte giuste.
Durante le attese di essicazione delle varie mani dei prodotti precedenti, ho provveduto a realizzare i due telai che servono per completare la strumentazione necessaria per la produzione dei fogli di carta. Il progettino è questo: 


Il materiale è massello di abete (quello segnato in verde) e per la griglia ho deciso di utilizzare un avanzo di una zanzariera che ho montato tempo fa, che è in materiale plastico, quindi non sensibile all’acqua (segnato in rosso); se questa non si dimostrasse all’altezza del compito, bisognerà che la sostituisca con una in acciaio inossidabile. 


Ho ricavato i righetti nelle dimensioni segnate nel disegno, utilizzando un avanzo di tavola di abete rosso. 


Poi ho provveduto a forare quelli lunghi con una punta da 8 mm. in modo da poter infilare delle spine, che ho tagliato da un’asta da un metro ad una lunghezza di 45 mm., in posizione tale da risultare al centro delle teste dei righetti corti; in questo modo rendo più solido il futuro incollaggio, che sarà sempre realizzato con una vinilica D3. 


Per forare le teste dei righetti corti, blocco le varie parti che compongono i telai fra due pannelli squadrati, appoggiati contro la parallela della sega circolare, ed utilizzo i fori sui righetti lunghi come dima per forare quelli corti nella giusta posizione; per non sbagliare invertendo le posizioni al momento dell’incollaggio, provvedo a numerare i punti di contatto dei righetti. 


Ovviamente l’incollaggio viene effettuato con i fedeli morsetti, proteggendo i telai con degli avanzi di legno per evitare delle sgradevoli ammaccature; bisogna preoccuparsi di controllare lo squadro dei telai ed il sistema migliore resta sempre quello di controllare le diagonali, modificando la posizione del piede o della testa dei morsetti finchè le diagonali non saranno identiche. 


Una volta tolti i morsetti e carteggiati, il risultato è questo: 


Visto che i telai verranno a contatto con l’acqua, ho provveduto ad effettuare lo stesso trattamento riservato ai piani. 


Una volta che tutte le mani dei vari prodotti applicati si sono asciugate si può applicare la rete utilizzata per la zanzariera; il fissaggio viene effettuato con una graffettatrice. Purtroppo non ho graffette in acciaio inox, quindi provvedo a passare ancora sui bordi della finitura trasparente, che servirà a proteggere un po’ le graffette ed andrà a ricostituire il film protettivo che è stato forato dalle graffette stesse. 


I telai assemblati per il loro utilizzo appariranno così: 





lunedì 13 agosto 2018

UNA PRESSA PER FARE LA CARTA (prima parte)





Qualche tempo fa mia figlia e mio genero sono andati a visitare Fabriano ed hanno avuto modo di entrare in un laboratorio dove producevano la carta con sistemi manuali; sono stati molto colpiti dalla facilità con cui si può produrre una serie di fogli di carta fatti a mano, partendo da alcuni avanzi di carta, come si può vedere anche da questo video: 


Quello che non viene mostrato in questo filmato è che la pasta di carta conviene pressarla per ottenere un foglio compatto su cui poter scrivere; inoltre con questo schiacciamento si fa uscire la maggior parte dell’acqua. In seguito il foglio viene fatto asciugare completamente lasciandolo all’aria.
Visto che questa esperienza era molto piaciuta a mio genero, ma il problema era la realizzazione di una strumentazione adeguata; a questo punto sono intervenuto io con un progettino che mostrava come realizzare una pressa in modo semplice ed abbastanza rapido. 

PIANTA

Il materiale che ho scelto per i piani della pressa è il multistrati di betulla da 15 mm., che ho raddoppiato incollando due fogli con una colla vinilica di tipo D3, per evitare che l’uso prolungato facesse cedere l’incollaggio. 

PROSPETTO

Con il verde indico il multistrati, con il rosso la ferramenta, con l’azzurro i panni assorbenti e con il grigio i piedini in gomma.
Il materiale necessario per la realizzazione della pressa è questo: 


Oltre al multistrati occorrono 4 viti M14 x 90 a testa esagonale, 4 rondelle 14 x 42 e 4 dadi M14; tutto il materiale è zincato, ma sarebbe meglio usare della ferramenta in acciaio inossidabile per non avere problemi di ossidazione con l’uso. Purtroppo in questo periodo tutte le rivendite di questi materiali sono chiuse; intanto proviamo con questi…poi vediamo.
Dopo aver incollato, squadrato e forato i pannelli, si ottengono due piani come questo:


In cui ho già provveduto ad arrotondare gli spigoli verticali. Per scaramanzia controllo di non aver fatto i fori con la punta sbagliata, infilo quindi le quattro viti per controllare.


Per rendere più gradevole il contatto con i piani, provvedo ad arrotondare tutti gli altri spigoli con una fresa a quarto di cerchio, con raggio di 5 mm., dotata di cuscinetto di appoggio e montata su un rifilatore. Nella foto seguente si vede il piano superiore che è già stato lavorato dappertutto, mentre quello inferiore deve ancora subire il trattamento. 


Una volta finita la fresatura facciamo una prova di assemblaggio: va tutto bene. Per essere sicuro che i fori dei due piani coincidessero, ho forato i pannelli tenendolo vincolati tra di loro in modo che i fori fossero allineati anche se non ero stato preciso nel tracciare la loro posizione.


Per assorbire l’acqua contenuta nella pasta di carta sono necessari due panni opportuni (uno sopra ed uno sotto la carta) e, poiché uso quattro viti indipendenti alle estremità per schiacciare il contenuto, devo mettere quattro spessori uguali tra i due piani per essere sicuro che la pressata venga effettuata con i piani perfettamente paralleli.
Quindi ho deciso di provare i panni Vileda lavasciuga e, come spessore iniziale, ho messo le stesse rondelle (spessore 2,5 mm.) che userò sotto i dadi per stringere i due piani.


Come si vede nella foto, ho preparato anche quattro piedini di gomma da avvitare sotto al piano inferiore per tenerlo sollevato dal piano di lavoro durante la fase di sgocciolamento.


Per facilitare l’inserimento del piano superiore è conveniente effettuare una buona svasatura nei fori in cui si infileranno le viti. 




domenica 22 luglio 2018

UN MIGLIORAMENTO FACILE


L’altro giorno mi è capitato di andare a pranzo con un mio ex compagno di scuola che si occupa di informatica e, parlando del più e del meno, ci siamo trovati a discutere del calore generato dai computer portatili e che viene espulso da una griglia laterale.
In effetti anche il mio, dopo un po’ che funziona, emette un getto d’aria piuttosto calda ed il mio amico mi ha invitato a migliorare la circolazione dell’aria di raffreddamento sollevando l’apparecchio di alcuni millimetri dal piano di appoggio; questo permette al computer di “respirare meglio” visto che le griglie di aspirazione sono molto vicine al piano sottostante.
Il giorno dopo sono andato in laboratorio ed ho preso due righetti di faggio che ho piallato fino a farli diventare 370 x 28 x 18 mm. 


Poi ho montato una fresa ad altezza registrabile nell’albero della toupie per effettuare una fresata centrale, asportando il legno per 22 x 1,5 mm., creando per ogni righetto due spondine per trattenere all’interno i piedini originali del PC.


Ed ecco il risultato dell’operazione: 


Successivamente li ho messi sulla tavola del trapano a colonna ed ho praticato due fori da 5 mm. ciascuno a distanza di 70 mm. dalle estremità, usando uno scarto di lavorazione come supporto per non fare sbrecciare i fori all’uscita. 


Per rifinirli adeguatamente ho effettuato una leggera svasatura in tutti i fori. 


Ai due righetti ho dato una mano di fondo trasparente ad acqua, carteggiata successivamente con carta vetrata da 240 grit e poi una mano di finitura trasparente opaca, sempre all’acqua.
Mentre la vernice si asciugava sono andato in ferramenta per comprare una barra filettata M4 da un metro, da cui ho tagliato due spezzoni lunghi 270 mm., otto dadi ed altrettante rondelle.
Poi ho infilato le barre filettate ottenute nei fori che avevo preparato precedentemente nei listelli, regolandone la posizione con i dadi. 


Nella foto si vedono i righetti sollevati dal piano della scrivania perché, per evitare slittamenti, ho provveduto ad applicare nella faccia inferiore dei paracolpi in silicone trasparente piuttosto grandi che mi permettono di tenere fermo il computer. 


Una volta appoggiato il portatile sui righetti, l’effetto è questo:


Sotto il profilo estetico devo ammettere che nel righetto anteriore stanno meglio due dadi ciechi, che provvederò ad applicare in un prossimo futuro; una controindicazione che ho notato subito è che l’innalzamento della tastiera comporta un po’ di disagio quando si deve scrivere molto, è probabile che rifaccia i righetti un po’ più bassi.
Comunque adesso il getto di aria calda ha una temperatura inferiore; forse quel mio amico aveva ragione?