sabato 9 febbraio 2013

STAGIONATURA DELLE TAVOLE



STAGIONATURA  DELLE  TAVOLE


Il legno appena tagliato dal tronco, con qualunque sistema, viene definito “ fresco “; per poter essere commercializzato ed usato bisogna far scendere l’umidità relativa da quella iniziale, che è molto alta, fino al 12%- 15%. Per fare questo il legno deve essere “ stagionato “, questa operazione non serve solo a disidratarlo, ma anche a stabilizzarlo, eliminando tutte le tensioni interne presenti dopo il taglio in quella che, a tutti gli effetti risulta una  fibra viva, permettendo quindi ai falegnami di usufruire di un materiale che non dia delle notevoli sorprese comportamentali durante le lavorazioni.
Una volta, per ottenere una buona stagionatura, quando ormai il tronco era stato tagliato, con sistemi assai faticosi e poco precisi, si mettevano le tavole orizzontali "steccate" con i soliti listelli distanziatori e si faceva una catasta costituita da alcune pile di con i soliti listelli distanziatori e si faceva una catasta costituita da alcune pile di tavole, fino ad un’altezza tale da non comprometterne la stabilità; poi la si copriva con alcune tavole di scarto, affiancate ed unite tra loro, per tenere al coperto la catasta, dando alla tettoia così preparata un’inclinazione tale da far scivolare via l’acqua piovana e senza permetterne l’infiltrazione sottostante.
A questo punto le tavole venivano lasciate per anni a subire le variazioni climatiche e il tempo di permanenza in fase di stagionatura era determinato soprattutto dal tipo di legno in questione e dallo spessore delle tavole; tanto per fare un esempio una tavola di rovere si stagiona naturalmente ad un ritmo di un centimetro l’anno, per cui se la catasta era costituita da tavole di rovere di 6 centimetri di spessore, rimaneva ferma per 6 anni. Nel caso di una tavola di abete, dello stesso spessore, il tempo si riduce ad un anno e mezzo perché il legno è più tenero e quindi più poroso e questo velocizza l’eliminazione dell’umidità.

I vari passaggi dal caldo al freddo e dal clima umido al clima secco, e viceversa, facevano in modo che il legno si assestasse piano piano, distendendosi ed eliminando le tensioni interne, permettendo così al legname di stabilizzarsi.

Oggi la frenesia della vita e la necessità di avere disponibile del materiale stabile in tempi brevi, ha portato all’invenzione dei  forni o tunnel di essicazione  che lavorano in modo da stagionare il materiale in tempi molto più veloci. La procedura seguita abitualmente è questa: si inizia accatastando le tavole appena segate (sempre steccate) per un periodo che, come al solito dipende dal tipo di legno e dal suo spessore, ma che può tranquillamente raggiungere il mese e mezzo o due; questo serve a iniziare la distensione del legno preparandolo all’eliminazione dell’acqua che contiene, soprattutto negli strati più interni.

Come seconda fase, si caricano le tavole steccate sopra alcuni carri che vengono introdotti nel tunnel di essicazione, uno in coda all’altro, sempre dello stesso legno e del medesimo spessore; una volta chiuso il portone inizia il ciclo di essicazione artificiale che, come al solito, sarà diverso per i vari tipi di legno e i diversi spessori. Il sistema tradizionale è dotato di una grossa ventola che fa circolare l’aria fra le tavole, questa aria viene opportunamente riscaldata, ma soprattutto umidificata, all’inizio, perché la cosa a cui bisogna stare più attenti  è evitare un’essicazione troppo rapida, che porterebbe ad un ritiro del legno troppo veloce, con conseguente deformazione delle tavole e formazione di crepe, cosa assolutamente da evitare perché si rovinerebbe un notevole quantitativo di legname, che non potrebbe più essere utilizzato completamente.

In seguito il livello di umidità viene ridotto, e la temperatura dell’aria circolante aumentata progressivamente, fino ad ottenere un’evaporazione lenta ma continua, per avere delle tavole con l’umidità prevista.

Una volta terminato il periodo di essicazione all’interno del tunnel, che può durare da alcuni giorni ad alcune settimane, bisogna riaccatastare il legname per la fase di condizionamento, perché l’umidità relativa, che si riscontra con uno strumento chiamato igrometro, all’esterno delle tavole, è sicuramente più bassa di quella al centro (non misurabile se non con metodi distruttivi), quindi bisogna dare al legno il modo di ridistribuire l’umidità in modo che sia uniforme in tutto lo spessore; e anche questa operazione richiede il suo tempo.

Una volta raggiunta l’umidità del 12%-15% il legname può essere sistemato, sempre steccato in cataste oppure in boules, in attesa di un acquirente.

Per riuscire a fare una contenuta panoramica dei tempi di permanenza all’interno dei forni di essicazione dei legni più usati, vi propongo quello che viene effettuato dalla ditta Bertarelli di Luzzara (RE), che produce pannelli in legno lamellare, ma provvede all’essicazione in proprio.

I dati si riferiscono ai giorni di trattamento di tavole di spessore nominale di 50 mm.: Abete (10-15 gg.), Ontano (20-25 gg.), Faggio (40 gg.), Mogano Sapelli (50 gg.), Iroko (50 gg.), Rovere (80 gg), Frassino (80 gg), Wengè (120-150 gg.). Da notare che quando le cataste di tavolame vengono inserite negli essicatoi hanno già abbassato la loro umidità relativa fino al 40% circa e quando escono l’umidità è attorno al 10%. Nel caso della ditta Bertarelli, anziché usare i tunnel con i carri carichi di tavole, l’essicazione viene effettuata in piccole strutture in lamiera grecata, dove le cataste sono pallettizzate e vengono allineate e sovrapposte usando i muletti; la capienza media di questi essicatoi è di 80-100 metri cubi di legname.

Tornando al discorso dei rivenditori di legname da lavoro in tavole, bisogna considerare che ci sono delle differenze nel trattare le tavole, in funzione del tipo di

legno: possiamo notare che le tavole di conifera, come per esempio l’abete, sono tutte refilate, cioè sono prismatiche, hanno quindi i bordi squadrati e le tavole hanno la stessa larghezza da un capo all’altro.

Questo generalmente non avviene con le tavole di latifoglie, per esempio il noce, che viene semplicemente segato, lasciando i bordi inclinati naturalmente, e questi possono essere più o meno in squadro con la tavola, in funzione della posizione che avevano all’interno del tronco, prima di essere ridotto in tavole. Inoltre se il tronco di noce era un po’ storto, le tavole da esso ricavate seguiranno il suo andamento e vengono vendute agli acquirenti finali così come vengono tagliate dalla segheria. Naturalmente il valore di una boule o di una singola tavola è valutato anche in funzione della sua deformazione, quindi se ci troviamo di fronte ad un tronco dritto, otteniamo delle tavole che possono essere sfruttate completamente; se invece il tronco è storto, è chiaro che ci saranno delle parti che andranno buttate via, riducendone la sfruttabilità e, di conseguenza, anche il valore di mercato.