domenica 29 dicembre 2013

LA PRESSA




La pressa è una macchina che generalmente ha due piani paralleli, di cui quello inferiore mobile, spinto da alcuni pistoni oleodinamici; le uniche eccezioni sono le presse multivano che vengono utilizzate da chi produce pannelli di truciolare, MDF, laminati, compensati eccetera che, per motivi pratici, eseguono una pressata cumulativa, risparmiando tempo.
Le presse che si usano in falegnameria hanno i piani in alluminio, perché trasmette bene il calore; queste macchine infatti lavorano generalmente a caldo, visto che esistono sul mercato delle colle termoindurenti che, sfruttando il calore, polimerizzano in pochi minuti. 



La temperatura che si utilizza normalmente oscilla tra gli 80 e i 110°C; più è alta la temperatura e meno i pezzi devono rimanere a contatto con i piani della pressa. In genere i tempi di pressatura, se consideriamo una temperatura di lavoro a 100°C, vengono calcolati considerando 1 minuto, più un minuto per ogni millimetro di spessore del materiale da placcare.
Per esempio se dobbiamo incollare un pannello tamburato, che ha all’esterno due fogli di MDF da 4 mm., si considera 1+4 = 5 minuti di permanenza del pannello nella pressa, usando la tradizionale colla a base di urea e formaldeide.
Esistono comunque anche delle colle viniliche particolari per incollaggi a caldo, ma si opera con temperature più basse, attorno ai 60 – 70°C.
Per ottenere il riscaldamento dei piani ci sono vari sistemi: ad acqua, ad olio, con resistenze elettriche o con sistemi che sfruttano l’induzione magnetica ad alta frequenza. Nei primi due casi ci sono delle serpentine in rame, in cui scorrono i fluidi, annegate nei piani e collegate tra loro con tubi di materiale plastico resistente alle alte temperature.
I sistemi di riscaldamento più frequenti sono due: quello che sfrutta uno scambiatore di calore collegato ad una caldaia (in un locale separato) in cui vengono bruciati gli scarti di lavorazione dell’azienda e, nel secondo caso, si usano delle resistenze elettriche immerse in una vasca di raccolta, prima della pompa che fa circolare il liquido nelle serpentine. Negli altri casi si utilizzano impianti elettrici o elettromagnetici ad alta frequenza per produrre il calore necessario.
Non sempre si usa il calore quando si pressa, perché il riscaldamento crea degli squilibri di umidità nel legno sottoposto al trattamento, ed abbiamo visto che le variazioni di umidità del legno portano a dei movimenti delle fibre, i quali innescano delle tensioni che possono deformare i pannelli. Va ricordato infatti che un pannello placcato con del tranciato (necessariamente sulle due facce, per evitare differenze di tensione) o un tamburato, che viene tolto dalla pressa dopo un incollaggio a caldo, deve essere tenuto in verticale, durante il raffreddamento, con le due facce esposte all’aria in maniera identica; in caso contrario, la diversa evaporazione dell’acqua contenuta nella colla usata per l’incollaggio, innescherà sicuramente dei ritiri diversi sui due lati, tali da incurvare il pannello. 



Se dobbiamo, per esempio, incollare un tamburato con dei profili esterni in legno, senza fori di sfiato (indispensabili nelle pressate a caldo, per far uscire il vapore che si crea all’interno), perché tutti i bordi sono a vista, allora dobbiamo usare la pressa senza attivare il riscaldamento ed usare della colla vinilica rapida, per garantire un tempo di pressatura abbastanza breve.
Oltre alle presse con i piani pari, ne esistono di quelle che possono placcare degli elementi curvi e si chiamano presse a tappeto o a membrana. Esse sfruttano l’elasticità di un foglio di caucciù, che ha la possibilità di estendersi 7 volte la dimensione originale, e funzionano per depressione.
Il piano inferiore è microforato o microcanalizzato e, dopo aver posizionato l’oggetto da comprimere, lo si copre con un telaio che porta il telo di caucciù; a questo punto si mette in funzione l’impianto di depressione che fa il vuoto, costringendo il foglio elastico ad avvolgersi attorno a tutto quello che trova sul piano sottostante.





Poiché questo avviene con una forza notevole, otteniamo lo stesso effetto di una pressa, che quindi fa aderire, per esempio, un’impiallacciatura al pannello sagomato, oppure si possono produrre elementi curvi costituiti da vari fogli sottili di compensato o MDF, ottenendo così un multistrati curvo.
Per quest’ultima operazione è necessario utilizzare una sagoma in legno su cui si appoggiano i vari fogli, già cosparsi di colla, poi si procede come al solito; in molti casi si interviene anche col calore per velocizzare l’incollaggio. Quando la colla è polimerizzata, che dipende da diversi fattori, si apre la pressa alzando il telo e si toglie il multistrati sagomato; la sagoma è pronta per un altro incollaggio. 






giovedì 19 dicembre 2013

LA MORTASATRICE E LA BEDANATRICE




La mortasatrice, o cavatrice, è una macchina nata per fare diverse lavorazioni, per esempio delle asole nel legno, tecnicamente denominate mortase, che devono ospitare i tenoni, o gamboni, che sono gli innesti dei traversi dei telai.
I tenoni vengono costruiti ricavandoli dal traverso mediante fresatura del pieno o semplicemente lavorandoli con la sega circolare, tenendo il righetto in verticale, per ottenere l’assottigliamento dello stesso ed anche la minor altezza, se si vuole che la giunzione sia perfettamente a scomparsa.



Questa macchina può sostituire una normale foratrice, per gli accoppiamenti fatti con le spine, o cavicchi, che in falegnameria sono piuttosto frequenti.
Ma lo sfruttamento maggiore di questa attrezzatura lo si ha quando dobbiamo incassare delle cerniere invisibili, o a scomparsa totale, oppure delle serrature da infilare come quelle delle porte interne degli appartamenti. Naturalmente le punte a
disposizione sono di diametro diverso ed hanno una forma piuttosto differente dalle punte tradizionali da trapano, in quanto non presentano l’elicoidale abituale ma, dovendo operare anche come frese, si presentano con i taglienti dritti, paralleli all’asse della punta stessa. 



L’attacco per l’inserimento nel mandrino rimane cilindrico, generalmente con diametro di 13 o di 16 mm.
La macchina lavora facendo ruotare un mandrino di forma un po’ insolita, perché ha soltanto due griffe per stringere le punte, anziché le solite tre, che si comandano con una chiave a brugola.
Il pezzo da lavorare viene bloccato su un piano che si muove lungo le tre direzioni ortogonali; prima di tutto si definisce la posizione verticale, che darà la posizione in cui lavorerà la punta inserita nel mandrino, che non è spostabile. Il piano viene poi spostato manovrando due leve che muovono il pezzo verso il mandrino, quindi decidendo quanto fare affondare la punta nel legno, e lo spostamento laterale per effettuare una fresatura, che avrà sempre le estremità arrotondate, visto il tipo di utensile usato.
Le due leve possono essere manovrate singolarmente oppure in maniera combinata.





Una macchina simile come utilizzazione è la bedanatrice che lavora con un utensile oscillante, e non rotante, affilatissimo e a sezione quadrata o rettangolare.
Con questa si ottengono delle mortase a sezione rettangolare, che permette di non impiegare del tempo per arrotondare le estremità dei tenoni, cosa invece obbligatoria se si usa una cavatrice tradizionale. 




Ne esiste anche un tipo che usa un utensile a sezione quadrata, ma cavo all’interno, per poter ospitare una punta elicoidale che affonda nel legno, preparando l’ingresso 


dell’involucro squadrato e che quindi produce fori quadrati o rettangolari, se usata più volte in sequenza. 

A questo gruppo di macchine appartiene anche la cavatrice a catena, usata prevalentemente per preparare la sede delle serrature nelle porte interne; lavora con una catena simile a quella delle motoseghe e viene fatta affondare verticalmente dentro i pannelli delle porte e spostata lateralmente assieme a due frese che preparano la sede della mostrina della serratura, nota come cartella.
Dalla colonna di sostegno della testa della cavatrice, escono anche due punte che forano la porta in corrispondenza della maniglia e della chiave che manovreranno la serratura, una volta che sarà infilata.




martedì 3 dicembre 2013

LA TOUPIE




Questa macchina, nata anche lei alla fine del 1800, è stata progettata per creare delle profilature, tipo quelle delle cornici, che una volta venivano eseguite a mano con dei pialletti particolari che montavano dei ferri sagomati.
Oggi si riesce ad ottenere lo stesso risultato utilizzando una toupie, che è praticamente una fresatrice e, per fare il lavoro che le viene richiesto, monta degli utensili chiamati frese.
La fresa, quando nacque la macchina, veniva ottenuta con un cilindro dotato di due fessure verticali contrapposte, in cui venivano bloccate delle placchette di acciaio sagomato (chiamate coltelli) sporgenti all’esterno in modo che, ruotando velocemente, asportassero una porzione di legno da un elemento squadrato, dandogli il profilo desiderato. 


Queste teste portacoltelli esistono anche oggi e funzionano con il medesimo concetto e sono corredate da una grande quantità di profili standard diversi, ma si possono anche fare in proprio, con la sagoma che necessita.
Ci si è molto preoccupati di migliorarne la sicurezza, in ossequio alle attuali norme antinfortunistiche, visto che una volta capitava che, ogni tanto, per effetto della forza centrifuga si sganciasse uno dei coltelli (che erano solitamente due) e venisse proiettato all’esterno, con grave rischio dell’operatore.
La macchina è costituita da un basamento con piano fisso ed è dotata di un albero verticale, che può avere diversi diametri, in cui vengono infilate e bloccate, con un bullone in testa, le varie frese.




Inizialmente l’albero rimaneva sempre perpendicolare al piano; oggi le macchine più avanzate dispongono di un albero inclinabile fino a 45° ed hanno diverse velocità di rotazione. Queste vanno scelte in funzione del diametro della fresa da utilizzare: una fresa di diametro contenuto, per esempio 100 mm., deve ruotare ad una velocità doppia di una analoga, ma di diametro 200 mm., per poter mantenere la stessa velocità tangenziale di lavoro, che generalmente oscilla tra i 50 e i 70 metri al secondo per utensili al Widia. 


Questo valore però può cambiare in funzione del numero dei taglienti della fresa, visto che non ce ne sono solo a due taglienti, ma ne esistono anche a 3, 4, 6, 8 e anche oltre; maggiore è il numero di taglienti è minore è la singola asportazione di truciolo, questo vuol dire che più coltelli abbiamo nella fresa e più viene rifinito il lavoro che dobbiamo compiere.
Abbiamo parlato solo di teste portacoltelli, dove una volta i coltelli erano in acciaio ed oggi vengono eseguiti con acciai speciali da utensili e, che nelle frese più tecnologiche, sono in Widia integrale, a volte da affilare, a volte costituito da placchette sottili del tipo usa e getta; non dobbiamo dimenticare però che molte frese sono costituite da un corpo in acciaio sagomato su cui vengono saldate le placche di Widia, che quindi vanno affilate senza possibilità di smontarle, come invece avviene per i coltelli a fissaggio meccanico. 



Le macchine attuali hanno anche la possibilità di invertire il senso di rotazione dell’albero e questo permette di lavorare con la stessa fresa una volta in posizione normale e una volta in posizione rovesciata, invertendo il senso di rotazione, per ottenere un profilo simmetrico.
Effettuando questa operazione riusciamo a fare lavorare sempre la fresa con i taglienti rivolti verso il legno; l’unica cosa che dobbiamo cambiare è la posizione dell’operatore e conseguentemente la direzione dell’alimentazione del pezzo da fresare.
La toupie ha, come la sega circolare, una guida parallela mobile, però in questo caso è divisa in due parti, visto che al centro deve sporgere la fresa per poter fare il suo lavoro; la parallela ha le due metà spostabili lateralmente per adattarsi alla dimensione della fresa in azione ed è collegata ad una struttura scatolata, chiamata cuffia, dotata di appendici adeguate per essere fissata al piano ed ospita la bocca di uscita per l’aspirazione che, in questa macchina è importante perché le frese producono molto truciolo.
Esiste un altro modo di lavorare con la toupie: anziché fresare dei pezzi lineari, si possono lavorare dei pezzi curvi, per esempio la parte superiore di una finestra ad arco.
Per poter affrontare questa operazione bisogna togliere la cuffia con la parallela, che ci è servita per fresare i montanti e, per procedere alla lavorazione della parte curva (supponendo di avere preparato il grezzo, incollando diverse parti ad arco per ottenere lo sviluppo che ci serve), dobbiamo fare due cose: prepararci una sagoma dell’arco, di almeno un centimetro di spessore, che applicheremo con qualche chiodino, che poi stuccheremo, all’arco segmentato che abbiamo preparato.
La seconda cosa è montare, subito sopra la fresa, distanziandolo con una rondella adeguata, un cuscinetto rivestito in metallo con una copertura dello stesso diametro della fresa. Si fa partire la macchina poi, con molta cautela perché mancano tutte le protezioni, si avvicina un’estremità della sagoma al cuscinetto, mentre sotto la fresa farà il suo lavoro, seguendo la curvatura della sagoma che facciamo scorrere fino all’altra estremità.
Avremo ottenuto così un arco a profilo sagomato che si accoppierà perfettamente ai due montanti della finestra preparati precedentemente, usando la parallela.
Un accessorio molto importante di questa macchina è l’avanzamento meccanico, costituito da un carrello sospeso, dotato di ruote gommate, che fa avanzare i pezzi a velocità costante, garantendo il massimo livello di finitura a tutti i pezzi, senza avvicinare le mani alla fresa, evitando quindi i rischi di incidenti con quella che ritengo la macchina più pericolosa di tutta la falegnameria.
Quando non si usa l’avanzamento meccanico, ci sono degli altri elementi, di forma varia, che tengono premuti verso il basso e verso la parallela i pezzi da lavorare, a cui si aggiunge anche la paratia trasparente frontale che si può montare per tenere sotto controllo il pezzo in lavorazione, senza che le mani possano avvicinarsi alla fresa.
A volte può capitare di dover produrre delle cornici o dei profilati che sono troppo grandi per poter essere realizzati con una fresa unica, oppure non si deve fare un quantitativo tale da giustificare la costruzione di una fresa dedicata a quel profilo. In questo caso si studia come suddividere la cornice in più parti, che vengono lavorate separatamente, poi incollate assemblandole con delle anime.