giovedì 6 marzo 2014

IL TORNIO DA LEGNO




Il tornio da legno nasce nell’antichità ed è probabilmente la macchina più antica che si conosca, prende spunto dal tornio per vasai che viene trasformato spostando l’asse di rotazione da verticale (per i torni da vasai) ad orizzontale (per i torni da legno).
Il movimento del tornio era inizialmente a pedale, poi a pertica, finchè nel 1800 si riuscì ad utilizzare la forza dei mulini ad acqua per movimentare tutte le macchine, tra cui anche i torni da legno. 




Questa macchina, che oggi può sfruttare il motore elettrico per la rotazione, è costituita da una testa, che contiene il motore e il cambio di velocità, perché bisogna cercare di mantenere costante la velocità tangenziale di lavorazione in modo da far ruotare a bassa velocità il pezzo, se ha un diametro abbondante, mentre bisogna aumentarla se si sta lavorando un pezzo di piccolo diametro.
Dal motore esce un asse che porta il trascinatore, che è una specie di arpione che viene spinto nel legno, dal lato sinistro, per trasmettergli il movimento senza che ci siano slittamenti. Dall’altra parte del pezzo c’è la contropunta conica, che si infila in un foro precedentemente preparato, che serve a mantenere sollevato il pezzo all’estremità destra, mentre è in rotazione verso l’operatore.




Il cono può essere sostituito da un mandrino a cremagliera, per ospitare una punta da trapano, se si vuole fare un foro centrato, quando il pezzo è collegato solo alla testa ed è a sbalzo.
Per lavorare il legno esiste un supporto spostabile, su cui vengono appoggiate le lame degli strumenti adottati per le varie lavorazioni; questi attrezzi assomigliano a delle sgorbie manuali, ma sono molto più lunghi, soprattutto dalla parte del manico per avere un migliore controllo dell’utensile durante l’uso.


Al posto del trascinatore si possono montare vari tipi di accessori: il più usato è il platorello che è un disco con alcuni fori attraverso i quali si infilano le viti per fissare il pezzo da dietro; in alternativa esistono i mandrini, che sono delle ganasce registrabili per afferrare il pezzo da lavorare e che possono essere utilizzati anche senza contropunta.




Uno di questi assomiglia al mandrino del tornio parallelo a 4 griffe per la meccanica, l’altro tipo è costituito da 4 settori circolari espandibili, che possono stringere il pezzo sia dall’esterno che dall’interno, se è stata precedentemente preparata una cava cilindrica, per la lavorazione successiva.






In alcuni casi la testa si può ruotare di 90° o di 180° per dare la possibilità di lavorare i pezzi frontalmente, anziché lungo l’asse longitudinale come si fa tradizionalmente; questo si verifica generalmente quando il diametro dell’oggetto da tornire è superiore a quello massimo ammissibile in posizione standard, cioè non deve toccare il basamento.
A volte infatti capita di lavorare delle ciotole portafrutta che hanno un diametro notevole, quindi si fissano sul platorello o con un mandrino, dopo aver ruotato la testa di 90°, in modo da poterle lavorare di fronte, ovviamente spostando il supporto per le sgorbie, che ha un braccio a gomito che può uscire all’esterno.
Durante le lavorazioni con la contropunta, la testa rimane ferma mentre la contropunta si sposta avanti o indietro, per adattarsi alla lunghezza del pezzo da lavorare. 





Nella scelta dei legni da lavorare è meglio privilegiare quelli duri e compatti, a grana fine, che garantiscono una buona finitura; quelli teneri e leggeri tendono a strapparsi sotto l’effetto degli utensili, quindi è meglio orientarsi verso legni come l’acero, il noce, il ciliegio, il faggio ed altri di questo tipo.

La finitura verrà sempre effettuata con una passata di carta vetrata fine, mentre il pezzo è ancora in rotazione; si può inoltre trattare l’oggetto con della cera o dell’olio per dargli un aspetto lucidato, sempre con il pezzo in rotazione per velocizzare l’operazione.