Come ho spiegato nel
primo articolo, le viti che sono state usate fino a qualche decennio fa erano
costruite in acciaio non temprato oppure in ottone; quelle che sono state
prodotte in seguito hanno subito dei miglioramenti tecnici che hanno permesso
di realizzare delle viti tecnologicamente molto evolute a cui si è notevolmente
indurita la superficie esterna, effettuando un processo metallurgico chiamato
carbonitrurazione.
Questo trattamento si
esegue a 800°C circa per 3 o 4 ore, in ambienti che contengono sostanze in
grado di cedere azoto e carbonio, che si combinano con l’acciaio, formando
nitruri e carburi di ferro che sono estremamente duri, e questo procedimento si
attua solo sulla superficie delle viti per uno spessore di pochi decimi di
millimetro.
E’ molto importante
che l’indurimento sia legato solo alla superficie, in quanto il filetto risulta
molto tagliente e non deformabile durante l’avvitamento, anche su legni molto
duri.
Però questo
trattamento si porta dietro anche una certa fragilità, che non deve intaccare
tutto il corpo della vite, la cui parte centrale (generalmente chiamata
“anima”) mantiene la sua tenacità originale, che le permette di reagire
positivamente agli urti ed agli sforzi torsionali a cui viene sottoposta.
In seguito le viti
vengono temprate, raffreddandole bruscamente, ottenendo un miglioramento della
tenacità e della resistenza dell’acciaio.
Una volta effettuati questi trattamenti, la MUSTAD provvede ad una lubrificazione speciale, che non ha niente a che vedere con il bagno d’olio che veniva effettuato una volta sulle viti, che erano grezze, e che serviva a preservarle dalla ruggine.
Questo trattamento,
come potete leggere nella pagina pubblicata sopra, ha l’unico scopo di
diminuire lo sforzo mentre si fa penetrare la vite nel legno, velocizzando
l’operazione se è compiuta con un avvitatore, e diminuendo la fatica se la vite
viene avvitata manualmente.
Naturalmente le viti,
in funzione dello scopo che hanno, vengono costruite con teste di forma
diversa: se devono andare a filo con la superficie, si adotta la vite a testa
piana svasata; se devono fissare un elemento piatto metallico è molto utile la
vite a testa cilindrica (meglio se accoppiata ad una rondella, che ne
distribuisce la forza di trazione); se invece dobbiamo fissare un elemento, e
non abbiamo la certezza che la vite scenda perfettamente perpendicolare, è più
indicata la vite con la testa svasata a calotta (comunemente nota come “testa a
goccia di sego”), in quanto, essendo bombata, maschera notevolmente un
inserimento non perfettamente ortogonale, cosa invece indispensabile se si usa
una vite svasata piana.
Esistono poi le viti
con testa ridotta (nel diametro) per fissare elementi sottili, sia in legno che
in metallo e quelle con la testa a fungo con collare, che evitano l’utilizzo
della rondella, per distribuire meglio la spinta della testa.
www.mustad.it |
Come ultima pagina del
catalogo MUSTAD, per questo articolo, vi propongo quella che potrei definire la pagina riassuntiva
delle caratteristiche tecniche delle viti da legno.
www.mustad.it |