lunedì 8 dicembre 2014

LA CARBONITRURAZIONE E LA TEMPRA DELLE VITI




Come ho spiegato nel primo articolo, le viti che sono state usate fino a qualche decennio fa erano costruite in acciaio non temprato oppure in ottone; quelle che sono state prodotte in seguito hanno subito dei miglioramenti tecnici che hanno permesso di realizzare delle viti tecnologicamente molto evolute a cui si è notevolmente indurita la superficie esterna, effettuando un processo metallurgico chiamato carbonitrurazione.
Questo trattamento si esegue a 800°C circa per 3 o 4 ore, in ambienti che contengono sostanze in grado di cedere azoto e carbonio, che si combinano con l’acciaio, formando nitruri e carburi di ferro che sono estremamente duri, e questo procedimento si attua solo sulla superficie delle viti per uno spessore di pochi decimi di millimetro.
E’ molto importante che l’indurimento sia legato solo alla superficie, in quanto il filetto risulta molto tagliente e non deformabile durante l’avvitamento, anche su legni molto duri.
Però questo trattamento si porta dietro anche una certa fragilità, che non deve intaccare tutto il corpo della vite, la cui parte centrale (generalmente chiamata “anima”) mantiene la sua tenacità originale, che le permette di reagire positivamente agli urti ed agli sforzi torsionali a cui viene sottoposta.
In seguito le viti vengono temprate, raffreddandole bruscamente, ottenendo un miglioramento della tenacità e della resistenza dell’acciaio. 

 
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Una volta effettuati questi trattamenti, la MUSTAD provvede ad una lubrificazione speciale, che non ha niente a che vedere con il bagno d’olio che veniva effettuato una volta sulle viti, che erano grezze, e che serviva a preservarle dalla ruggine.
Questo trattamento, come potete leggere nella pagina pubblicata sopra, ha l’unico scopo di diminuire lo sforzo mentre si fa penetrare la vite nel legno, velocizzando l’operazione se è compiuta con un avvitatore, e diminuendo la fatica se la vite viene avvitata manualmente.
Naturalmente le viti, in funzione dello scopo che hanno, vengono costruite con teste di forma diversa: se devono andare a filo con la superficie, si adotta la vite a testa piana svasata; se devono fissare un elemento piatto metallico è molto utile la vite a testa cilindrica (meglio se accoppiata ad una rondella, che ne distribuisce la forza di trazione); se invece dobbiamo fissare un elemento, e non abbiamo la certezza che la vite scenda perfettamente perpendicolare, è più indicata la vite con la testa svasata a calotta (comunemente nota come “testa a goccia di sego”), in quanto, essendo bombata, maschera notevolmente un inserimento non perfettamente ortogonale, cosa invece indispensabile se si usa una vite svasata piana.
Esistono poi le viti con testa ridotta (nel diametro) per fissare elementi sottili, sia in legno che in metallo e quelle con la testa a fungo con collare, che evitano l’utilizzo della rondella, per distribuire meglio la spinta della testa. 

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Come ultima pagina del catalogo MUSTAD, per questo articolo, vi propongo quella che potrei definire la pagina riassuntiva delle caratteristiche tecniche delle viti da legno. 

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