Restando sempre nel
campo delle punte da trapano per metallo, è utile sapere che c’è un tipo che
non ha bisogno del mandrino per essere fissata nel trapano a colonna:
Questo modello di
punta ha un codolo conico che va inserito direttamente nella sede (ovviamente
con la stessa conicità) in cui si monta solitamente l’innesto conico posteriore
del mandrino. In altre parole: per utilizzare queste punte, che hanno sempre
dei diametri di dimensione consistente, bisogna sfilare prima il mandrino dal suo
alloggiamento conico utilizzando l’apposito cuneo metallico da infilare
nell’asola del cannotto del trapano a colonna, poi si deve inserire con
decisione il codolo conico della punta nella sede rimasta vuota.
L’attrito generato
dall’accoppiamento tra le due parti coniche garantisce il trasferimento
d’energia dal trapano alla punta (o al mandrino quando è inserito) senza
rischiarne il distacco; quando la punta viene premuta sul pezzo da forare, la
spinta verso l’alto che viene generata comprime le parti coniche a contatto
rendendole praticamente solidali.
Ovviamente al crescere
del diametro della punta cresce anche il tipo di Cono Morse per
l’accoppiamento, per cui le punte che possono essere usate su un certo trapano
sono solo quelle che hanno lo stesso tipo di cono; questi vengono abitualmente
classificati come CM 1, CM 2, CM 3 o CM 4.
Questo comporta che in
un trapano che ha un attacco CM 2 non potremo mai inserire punte con attacco CM
3 o CM 4; in compenso è possibile fare in contrario utilizzando delle riduzioni
coniche che permettono, per esempio, di utilizzare una punta con attacco CM 2
su un trapano con un cono CM 3 o CM 4.
Un altro tipo di punta
da trapano che viene utilizzata spesso è quella che ha il codolo esagonale da ¼
di pollice (6,35 mm.) che può essere inserita in un normale portainserti
utilizzato per gli inserti per avvitare viti con varie impronte nella testa.
Queste punte risultano
molto utili quando si lavora in una posizione disagevole (per esempio in cima
ad una scala a pioli) e dobbiamo inserire una vite autofilettante che
naturalmente richiede un foro di preparazione: senza muoversi dalla scala, si
inserisce la punta adeguata nel portainserti, si fora, si sfila la punta e si
posiziona al suo posto l’inserto adeguato alla vite che si deve inserire e si
avvita; lo scambio avviene in tempi brevissimi.
Visto che stiamo
parlando di fori nel metallo, vale la pena di spendere due parole anche sulle
seghe a tazza che, come nel legno, permettono di fare dei fori di dimensione decisamente
superiore a quelli ottenibili con le punte elicoidali. Con questi utensili si
possono praticare fori su diversi materiali, come si può vedere dalla tabella
sottostante, in cui sono evidenziate anche le varie velocità di rotazione in
funzione del diametro e del materiale da forare.
E’ importante non
pretendere prestazioni assurde da questi utensili e, per la foratura dei
metalli, è opportuno limitarsi a spessori di qualche millimetro.
Sempre nel settore
delle seghe a tazza per metalli non dobbiamo dimenticare che ci sono anche
quelle predisposte per la foratura dell’acciaio inossidabile, per il quale le
seghe precedenti non sono adeguate.
In questo caso la
dentatura è costituita da placchette di Widia opportunamente sagomate e saldate
sul corpo della sega; questo accorgimento si rende necessario per affrontare la
tenacità di questa lega ed il riscaldamento provocato dalla foratura su una
lastra di acciaio fortemente legato come l’acciaio inox ed altri con
caratteristiche simili.
Anche in questo caso
la tabella ci viene in aiuto consigliandoci la velocità di rotazione giusta in
funzione del diametro della sega a tazza e del tipo di lega da lavorare.