Il trapano a colonna è
una macchina che, secondo quanto sappiamo, è stata inventata in Australia nel
1889 ed è nata soprattutto per lavorare nel settore della meccanica, dove la
precisione era estremamente importante; questa macchina permetteva, per la
prima volta, di effettuare dei fori perfettamente perpendicolari alla piastra
di appoggio su cui venivano fissati i pezzi da lavorare.
Inizialmente il
trapano a colonna era una macchina molto semplice ed era costituita da un
motore elettrico collegato, con una cinghia, ad un albero meccanico che portava
il mandrino in cui venivano fissate le punte elicoidali; tutto il gruppo era
montato su una colonna lungo la quale si muoveva verticalmente, comandato da
una leva, per poter affondare le punte nel pezzo in lavorazione.
Inizialmente sembra
che la velocità del mandrino fosse unica e che il primo prototipo fosse nato
per lavorare appoggiato su un banco; successivamente è stato sviluppato
fornendolo di un basamento autonomo a pavimento e di un piano di appoggio che
si alzava ed abbassava, bloccandolo con un anello coassiale fuso con il piano
mobile, che si stringeva attorno alla colonna.
In seguito arrivarono
le modifiche per migliorare il prodotto: nel 1917 fu inventata la cinghia
trapezoidale, che sostituiva con successo le vecchie cinghie di cuoio usate
fino a quel momento, con un deciso miglioramento per la potenza trasmessa
(sotto sforzo quelle di cuoio tendevano a slittare); con l’avvento di questo
nuovo tipo di cinghia si cominciarono a costruire anche le pulegge con gole
multiple a diametro diverso.
Queste nuove pulegge,
usate in posizione invertita, permettevano di utilizzare la macchina a varie
velocità, cambiando solo la posizione della cinghia; la possibilità di cambiare
la velocità di rotazione del mandrino è importante perché, per ottenere una
buona lavorazione da parte della punta, bisognerebbe mantenere costante la
velocità tangenziale delle punte usate.
Questo significa che
per le punte con diametri piccoli occorre usare una velocità alta, mentre per
quelle con diametri grandi bisogna usare velocità basse, qualunque sia il
materiale da forare.
Negli anni seguenti
sono state fatte altre migliorie, fino ad arrivare ai trapani di oggi che hanno
il piano di appoggio che si sposta con una semplice manovella che lavora su una
cremagliera, e che si può inclinare lateralmente, con goniometro di controllo.
Le cinghie trapezoidali vengono usate ancora, ma ne sono state introdotte altre
più performanti; inoltre sono stati adottati anche dei variatori di velocità ad
ingranaggi, che funzionano come un cambio motociclistico e, per le macchine più
sofisticate, esistono dei variatori continui di velocità, a doppio cono
rovesciato, comandati elettronicamente.
Naturalmente non si
montano solo le punte elicoidali nel mandrino, ma ci sono altri tipi di punte
che si usano con il legno: le più conosciute sono le punte chiamate levanodi che hanno i taglienti e i
rasanti al Widia per poter lavorare anche su materiali duri come il laminato
senza sbrecciare (vengono chiamate anche punte da cerniere), ma sono nate per
eliminare i nodi dalle tavole di legno, richiudendo poi il foro con un tassello
cilindrico dello stesso materiale.
Altre punte molto
simili alle precedenti, ma senza riporti al Widia sono le punte Forstner, che
hanno una funzione simile e che sono nate prima delle precedenti.
Un’altra punta, che si
può considerare il capostipite delle punte da legno, è la mecchia (detta anche punta a spatola, per via della forma), che una
volta veniva usata con il trapano manuale a gomito, detto girabecchino o menarola.
Viene usata ancora oggi ed ha ovviamente diverse dimensioni.
Un altro utensile che
si usa spesso con il trapano a colonna è la sega a tazza, che è praticamente
una campana cilindrica con il bordo libero dentellato; esistono in molte
dimensioni e servono per fare fori anche di 15 cm. di diametro su diversi
materiali.
Un altro attrezzo che
si può usare con il trapano a colonna è il foralastra,
che è nato per forare delle lamiere sottili, ma che si può usare anche sul
legno e similari, purchè si limiti molto la velocità di rotazione; questo
strumento ha un braccio orizzontale spostabile, per fare fori di diverse
dimensioni, che porta un’asta tagliente rivolta verso il basso all’estremità
libera. Il limite di utilizzazione di questo attrezzo sta nella scarsa
profondità che può raggiungere, problema che si rileva anche nell’uso delle
seghe a tazza.