sabato 25 gennaio 2014

LA TAGLIERINA E LA CUCITRICE



 Con l’avvento dell’impiallacciatura, ottenuta per tranciatura meccanica con le macchine che furono inventate all’inizio del 1800, ci si dovette preoccupare di rifilarle in modo da ottenere da ogni foglio di tranciato (o pacco di fogli) una striscia (o un pacco) di impiallacciatura con i bordi rettilinei e paralleli, in modo da poter essere giuntata con quella successiva, così da ottenere dei “ teli ” della dimensione necessaria per il placcaggio del pannello da produrre (per questa spiegazione si rimanda agli articoli del 3 e 10 Marzo 2013).
Inizialmente per rifilare i fogli di tranciato si usava una riga di legno ed un coltello molto affilato per i tagli longitudinali, mentre per i tagli trasversali (cioè perpendicolari alla venatura) veniva usato un particolare coltello con la lama leggermente dentellata.
Questi sistemi sono talvolta usati anche oggi da chi non dispone di una taglierina; poi, alla fine degli anni ’20, sono nate le taglierine meccaniche che hanno semplificato notevolmente il lavoro e lo hanno reso molto più veloce e preciso.
Queste macchine sono costituite da un piano, su cui si appoggia il pacco da rifilare; una linea luminosa, proiettata dall’alto, mostra dove colpisce la lama. Una volta scelta la posizione migliore, si premono i due pulsanti (sono due per tenere impegnate entrambe le mani in modo da evitare incidenti), che fanno scendere il pressore, lungo come tutta la macchina, per evitare che il pacco si muova durante il taglio, poi successivamente scende la lama con un movimento diagonale, che provvede a rifilare con precisione il tranciato sul primo lato.




Poi si gira il pacco e si inserisce all’interno della macchina, dove ci sono delle aste di battuta che si muovono (oggi elettricamente, ma una volta manualmente) avanti o indietro, in funzione della larghezza che deve assumere il pacco.
Una volta che il display segnala il raggiungimento della posizione voluta, il pacco girato lo si fa appoggiare con il lato appena rifilato contro le aste di battuta, assicurandosi che i fogli nel frattempo non si siano spostati; poi si agisce nuovamente sui due pulsanti che fanno scendere il pressore e successivamente la lama.
A questo punto abbiamo ottenuto un pacco rifilato perfettamente con due lati paralleli, alla distanza voluta; non resta altro da fare che intestarlo, ruotandolo in piano di 90° ed infilando un’estremità del pacco sotto la lama, per fare il primo taglio perpendicolare ai bordi lungo vena, poi si gira il pacco di 180° e si taglia l’altra estremità alla distanza richiesta.
Una volta rifilato il pacco bisogna giuntarlo longitudinalmente per attaccare ogni foglio al seguente, in modo da formare un telo unico, per potere successivamente procedere al placcaggio sul pannello.



Il primo sistema per giuntare i fogli era costituito da rotoli di carta gommata (bianca o nocciola, in funzione del colore del legno da collegare), che poteva anche essere traforata; queste strisce potevano essere applicate sia sul lato da incollare (rimanendo quindi nascoste dopo il placcaggio), sia sul lato esterno e quindi da asportare successivamente con la carteggiatura finale

 


In seguito nacque la giuntatrice a filo termofusibile, che trattiene i fogli eseguendo uno zig zag; questa cucitura va applicata solo sul lato che viene incollato, poichè a contatto dei piani caldi della pressa si scioglie, mentre la colla indurisce.



Per migliorare ancora, sono state inventate altre macchine che giuntano il tranciato in testa, cioè nello spessore di 0,6 mm., ed eventualmente rinforzati da un sottile strato di tessuto non tessuto, per rendere l’impiallacciatura più resistente, evitando quindi le screpolature che inevitabilmente si creano movimentando il tranciato, finchè non lo si è placcato su un qualunque supporto rigido.