Riprendendo da dove
avevo lasciato, la cosa che adesso bisogna fare è inserire il chiodo; ma come
possiamo farlo? Non è così difficile, bisogna solo ricordare che il legno è
composto da tanti canali che un tempo hanno trasportato la linfa e che adesso,
pur essendo in disuso, sono ancora lì e quindi in un legno leggero come l’abete
che abbiamo usato, il rapporto tra le fibre legnose ed il vuoto dei canali è
praticamente uguale.
Questo significa che,
apportando umidità e calore al legno, possiamo ridargli plasticità; per fare
questo bisogna attrezzarsi con un fornello (io ne ho utilizzato uno elettrico,
ma si ottiene lo stesso risultato anche con quello a gas), una piccola pentola
e quel tanto di acqua che serve a raggiungere l’altezza di circa 2,5 cm., se le
dimensioni del legno sono quelle che ho adottato io.
Serve però anche un
minimo di attrezzatura che bisogna costruirsi in funzione delle misure del
pezzo di legno in cui vogliamo inserire il chiodo. Per il parallelepipedo
iniziale di 140 x 45 x 25 io ho tagliato due piastrine di 80 x 25 x 3 di
acciaio trafilato che ho forato vicino alle estremità con una punta da 6,5 mm.
In aggiunta a queste
servono due viti M6 lunghe 80 mm., 6 rondelle, 2 dadi normali e 2 dadi con alette
(dalle nostre parti si chiamano “galletti”); a parte bisogna crearsi una chiave
a tubo per girare i dadi con alette quando inizieranno a stringere il legno con
decisione.
Io ho usato un avanzo
di un tubo da 17 mm. di diametro (misura davvero insolita) a cui ho fatto due
fori passanti vicino alle estremità e, mentre in uno infilerò una barra
filettata M6 con due rondelle ed altrettanti dadi autobloccanti, l’altra
estremità l’ho aperta con la sega da ferro per ricavare due asole (questa è la
parte che si innesterà sulle alette dei dadi).
Una volta assemblato
il tutto, la nostra attrezzatura è pronta.
Adesso possiamo
immergere verticalmente il nostro manufatto nell’acqua bollente e, per
contrastare la spinta di galleggiamento che potrebbe farlo cadere di lato, vi
appoggiamo sopra un pezzo di metallo. Il tempo di permanenza nel pentolino
varia in funzione delle dimensioni del pezzo e del tipo di
legno; io ho aspettato un quarto d’ora prima di toglierlo dall’acqua.
Stando attenti a non
bruciarsi (è stato immerso in acqua a 100°C) si inserisce il morsetto
improvvisato e cominciamo a stringere i galletti; lo si fa agevolmente con le
dita finchè non si arriva a comprimere il legno, da quella posizione in poi la
chiave a tubo autocostruita si rivelerà indispensabile.
Bisogna comprimere il
legno fino che non lo portiamo in una posizione che ci permette di fare il foro
per infilare il chiodo abbastanza distante dal bordo da non rischiare di
rompere il legno.
Io ho usato un chiodo
con la testa che è lungo 80 mm. e di diametro 3,5 mm.; il foro per questo
chiodo l’ho eseguito con una punta di diametro 5 mm., ma di tipo lungo,
altrimenti non sarei riuscito a perforare i due “denti” centrali (la punta
lunga da 4 mm. risultava troppo corta).
Questo chiodo è stato
verniciato con vernice trasparente all’acqua per cercare di preservarlo dalla
ruggine.
Ora che abbiamo
preparato il foro, vi infiliamo il chiodo e lo tratteniamo con un pezzetto di
nastro isolante per evitare che tenda a scappare via; poi si fa bollire di
nuovo l’acqua e, dopo aver tolto il morsetto, si rimette il legno a bagno
perché possa rigonfiarsi.
Io ho aspettato circa
10 minuti prima di toglierlo dall’acqua, la porzione di legno si era rigonfiata
ed era tornata praticamente nella posizione iniziale; per aiutarla a prendere
la forma originale mi sono aiutato con due scarti di legno ed un morsetto che
ho stretto per bene in modo da ottenere un buon allineamento con il resto del
manufatto. Adesso bisognava solo aspettare che si asciugasse adeguatamente per
riportare l’umidità ai valori precedenti l’immersione.
Arrivati
all’essicazione della parte bagnata, si procede alla carteggiatura del legno,
poi alla stesura di una mano di fondo trasparente all’acqua; il giorno dopo,
quando il fondo è sicuramente asciutto, si procede alla carteggiatura con carta
vetrata a grana 240 ed in seguito si può applicare la finitura trasparente
opaca, sempre all’acqua. Ed ecco il risultato: