domenica 3 marzo 2013

IMPIALLACCIATURE O TRANCIATI (prima parte)




I tronchi, oltre che essere usati per ottenere del tavolame, si possono utilizzare anche per produrre dei sottili fogli di legno per rivestire del legno più scadente  nobilitandolo, cioè rendendolo più pregiato. Questa operazione si ottiene usando i tranciati (così chiamati perché vengono ricavati dai tronchi con una macchina che si chiama trancia), detti anche impiallacciature, che deriva da “piallaccio “, termine usato per indicare i sottili sfogliati di legno che i falegnami di un tempo ottenevano manualmente dai tronchi con delle seghe sottilissime.

L’uso di questi sottili fogli di legno è nato per evitare di continuare a consumare quantitativi enormi di legno massello (termine tecnico per definire il legno massiccio) pregiato e quindi costoso, limitandosi invece a rivestire dei legni più comuni e più economici, ottenendo però il medesimo aspetto finale.

Questo sistema ha permesso di salvaguardare le foreste, che venivano depauperate degli alberi più pregiati (e allora non ci si poneva il problema della sostenibilità!) e di lavorare con materiali che non richiedevano tempi di stagionatura lunghissimi come il massello dei legni pregiati. Questi disboscamenti dissennati ed in grande quantità, fatti per soddisfare le esigenze della nobiltà e dei ricchi proprietari di allora, ha portato per esempio alla completa eliminazione di tutti gli alberi di Mogano dell’isola di Cuba, che era il più pregiato, ma che oggi nell’isola non si trova quasi più.

Naturalmente i precursori di questo sistema, si procuravano da soli i piallacci, ricavandoli autonomamente, come illustrato precedentemente, dai tronchi più pregiati (stiamo parlando di vicende del 1700); poi finalmente, all’inizio del 1800 fu inventata la prima macchina tranciatrice per il legno, che rappresentò un notevole passo avanti nella produzione delle impiallacciature, soprattutto in termini di tempi di produzione e di costanza di spessore dei fogli di legno che venivano ricavati.

Oggi disponiamo di macchinari per la tranciatura che ci permettono di ottenere dei fogli di impiallacciatura di vari spessori: 0,5-0,6 mm. per il placcaggio, cioè il rivestimento tramite incollaggio con pressa a caldo, dei pannelli piani (di qualunque materiale legnoso); di 1 o 1,5 mm. che vengono destinati prevalentemente alla bordatura, cioè al rivestimento dei pannelli sui bordi, dopo averli placcati; 2, 2,5 e 3 mm. che, oltre a bordare i pannelli con un materiale più ricco, vengono usati per lastronare i manufatti, quando si vuole dare un apporto di legno nobile più abbondante dello spessore del tranciato tradizionale.



Per potere tranciare il tronco bisogna lasciarlo a bagno in acqua bollente alcune ore, i legni teneri meno, i legni duri di più; questo trattamento permette al legno di ammorbidirsi, diventando plastico, rendendolo adatto ad essere tranciato. Se provassimo a tranciare un tronco, anche il più tenero, senza questo trattamento preventivo, otterremmo solo una montagna di schegge.

Ci sono diversi sistemi di tranciatura del legno, ma tutti hanno una cosa in comune: il legno viene a contatto con una lama affilatissima, un po' più lunga del tronco, che ne asporta un foglio più o meno sottile, con un effetto simile a quello di una pialla. Successivamente i fogli ottenuti vengono sistemati, ordinatamente in sequenza, sugli essicatoi, che sono costituiti da vari piani grigliati o a rete, per permettere una asciugatura da entrambi i lati contemporaneamente, evitandone quindi la deformazione, a volte usando dei tunnel di essicazione riscaldati, per accelerare l’operazione.

E’ molto importante che i fogli vengano mantenuti in sequenza, perché il disegno della fiammatura cambia leggermente da ogni foglio a quello successivo. Dopo l’essicazione vengono formati i vari pacchi con i fogli ricomposti nel medesimo ordine in cui sono stati tranciati e anche i pacchi vengono numerati in sequenza, per potere ricostituire il tronco una volta finita la tranciatura, dando origine alla cosiddetta biglia, che costituisce una partita di tranciati, tutti ottenuti da uno stesso tronco e quindi con le stesse caratteristiche (è praticamente quello che si fa con le tavole ricomposte in boules). Ora affrontiamo il perché i pacchi di tranciato devono essere mantenuti in sequenza.

Questa è una necessità che deriva dal modo in cui viene usata l’impiallacciatura per rivestire i vari pannelli: in primo luogo dobbiamo decidere quanto materiale ci serve per placcare i vari pannelli che costituiscono il lavoro che dobbiamo effettuare, tenendo conto della larghezza dei pacchi di tranciato, della lunghezza e del numero di fogli da cui è composto ogni pacco.

La consuetudine vuole che i pacchi di impiallacciatura sottile, cioè 0,5-0,6 mm., siano costituiti da 32 fogli, mentre quelli più spessi sono composti abitualmente da 16 fogli. Considerando un lavoro tradizionale, il placcaggio viene effettuato con i fogli sottili, ma abbiamo due possibilità di comporre i  teli  che verranno incollati sui pannelli: la più usata è quella con i fogli  aperti a libro, che significa che i vari fogli vengono composti in maniera da averne uno collegato a quello successivo, che sarà rovesciato da sotto in su, lungo l’asse longitudinale, in modo da avere un disegno simmetrico.

Si consiglia sempre di comporre i teli con fogli in numero pari: 2 se sono sufficienti a coprire (con un paio di centimetri di abbondanza) i pannelli che dobbiamo placcare, oppure 4 se i fogli non sono abbastanza larghi, oppure 6, 8 eccetera se abbiamo da coprire superfici ampie. Non è conveniente usare teli composti da 3 oppure 5 fogli, o comunque dispari, perché in genere facciamo sempre delle composizioni di pannelli affiancati: un armadio, una cucina, un mobile da soggiorno; accoppiare degli sportelli con i fogli in numero dispari ci farebbe sicuramente risparmiare del tranciato, ma l’effetto finale sarebbe decisamente scadente, perché ogni sportello ad un’estremità avrebbe un foglio che non risulterebbe simmetrico con il primo dello sportello seguente.

L’altro sistema di preparazione dei teli è quello con i fogli a correre, in cui non si segue l’idea di creare dei disegni simmetrici con la venatura, ma si mettono tutti i fogli affiancati a seguire, prendendoli dal pacco così come sono stati impilati, senza capovolgerne nessuno. In questo caso formiamo dei disegni che non sono legati ad un numero pari di fogli, perché accostando i vari pannelli in fase di montaggio, ci troveremo sempre con lo stesso disegno, che passa da un pannello a quello successivo, senza danneggiarne l’estetica.

Ci sarebbe un altro modo per preparare i teli di impiallacciatura ed è quello che è comunemente noto come dogato; in questo caso vengono accoppiate, in ordine sparso, delle strisce di tranciato di pochi centimetri di larghezza (chiamate rivette), senza rispettare un ordine preciso ed un accoppiamento di colore e, quello che ne risulta ha un effetto simile a quello del parquet, con l’unica differenza che nel nostro caso le doghe sono a tutta lunghezza. (fine prima parte)