Le colle sono quei
prodotti, solitamente liquidi, che applicati sulle superfici di due corpi, ne
consentono un collegamento stabile. Le forze che entrano in gioco in queste
operazioni sono quelle di adesione,
che determinano l’attrazione tra il collante e la superficie su cui viene
applicato e quelle di coesione, che
determinano l’attrazione vicendevole tra le molecole della colla stessa.
Una volta le colle che
si usavano erano di origine animale o vegetale; quelle animali venivano
ottenute dalla lavorazione di ossa, pelle, nervi e cartilagini di vari animali,
oppure venivano utilizzate l’albumina o la caseina del latte; un’altra colla
animale è la colla di pesce, che viene ricavata dalla vescica natatoria di
alcuni pesci, soprattutto storioni.
Quelle vegetali
venivano estratte dalla cellulosa, dall’amido della farina o dalla resina di
alcuni alberi. Naturalmente, col passare dei secoli, le colle hanno cambiato
aspetto e sostanze di derivazione, per cui quelle che ho nominato prima sono
cadute in disuso quasi tutte ed oggi disponiamo di prodotti molto più facili da
usare, da conservare, sempre pronte e con caratteristiche decisamente più
performanti.
Attualmente restano
praticamente in uso la colla di pelle di coniglio, nota dalle nostre parti come
colla garavella, che è stata
adoperata come prodotto standard per le falegnamerie fino al periodo
post-bellico, la colla alla caseina e la colla di pesce.
Entrando in una falegnameria 50 / 60 anni fa, che fosse inverno oppure estate
con 40°C, c’era sempre la stufa accesa e su questa un pentolino a bagnomaria
che conteneva la colla garavella, con il suo tipico odore sgradevole, ma che
doveva essere tenuta sempre calda (ma non troppo) per poter essere utilizzata.
Poi, con gli anni,
sono arrivate sul mercato nuove colle sintetiche, che hanno rivoluzionato il
mondo dell’incollaggio; oggi il panorama dei collanti è immenso e ne esistono
per incollare quasi tutti i materiali e sono classificate secondo la norma DIN
EN – 204, che le valuta in funzione della loro resistenza al contatto con
l’acqua.
CLASSE
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CARATTERISTICHE
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USI ED
APPLICAZIONI
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D 1
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Incollaggio
stabile in ambienti a bassa umidità, senza significative variazioni
climatiche di umidità e temperatura.
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Mobili per
arredamento o manufatti destinati all’interno.
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D 2
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Incollaggio
stabile in ambienti interni con umidità elevata, con azione dell’acqua
variabile e saltuaria.
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Mobili per
arredamento di cucine, bagni ed altri ambienti molto umidi.
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D 3
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Incollaggio
stabile di oggetti influenzati da condizioni climatiche variabili (acqua ed
umidità).
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Manufatti in legno
per esterni (porte e finestre) o interni con elevata influenza di umidità ed
acqua per tempi brevi.
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D 4
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Incollaggio
stabile di oggetti influenzati in modo elevato da condizioni climatiche
variabili (acqua ed umidità).
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Manufatti in legno
per esterni (porte, finestre, settore nautico) o interni in condizioni
climatiche critiche (piscine, cabine doccia, saune).
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Oggi sul mercato le
colle D 1 non si trovano praticamente più, visto che la diffusione delle D 2 è
stata immediata e favorita anche dall’analogo costo di produzione delle D 1,
che hanno caratteristiche più scadenti.
Resta praticamente
solo la colla di pesce che ha diversi usi: da quello alimentare (per i budini
gelatinosi) a quello farmaceutico (per le capsule destinate a certi medicinali)
a quello per la doratura in foglia (per la preparazione del bolo, su cui
vengono applicati i sottilissimi foglietti d’oro o di altri metalli).
Una delle colle più usate
in falegnameria è la colla vinilica che è costituita da una dispersione acquosa
dell’acetato di vinile; queste colle si presentano come soluzioni lattiginose
più o meno dense, in funzione della diluizione prevista dal produttore.
Questi collanti funzionano
benissimo, a patto che una delle due parti destinate all’incollaggio sia
disponibile ad assorbire l’acqua contenuta nella colla. Questo significa che
possiamo incollare un foglio di laminato (che ha la faccia destinata
all’incollaggio irruvidita, ma non disponibile ad assorbire l’acqua) su un
pannello di truciolare, o di MDF, o di compensato o una tavola di legno
massello, perché questi sono tutti materiali che assorbono acqua.
E’ chiaro che se
dobbiamo incollare due pannelli tra loro o due righetti di legno, siamo
avvantaggiati perché l’assorbimento dell’acqua, che si trascina dietro la
resina termoplastica, avviene su entrambi i lati da incollare, e la
penetrazione della colla nelle fibre porose del legno crea un legame
fortissimo.
Se infatti, ad essicazione
avvenuta, proviamo a separare i due pezzi di legno incollati con la colla
vinilica, infilandovi in mezzo uno scalpello e cercando di farlo penetrare, non
riusciremo mai a dividere le due parti lungo la linea collante, ma otterremo
soltanto di separarli fendendo il legno.
Questa colla, nella
versione D2, può rammollirsi per effetto di una forte presenza di acqua come,
per esempio, nel caso di un allagamento in un’abitazione. La permanenza in
acqua delle parti incollate con la D2 provoca un allentamento dei legami
interni della colla, che finisce per permettere il distacco delle parti
precedentemente incollate.
Una caratteristica di
tutte le colle è il tempo aperto che
è il tempo massimo che può trascorrere tra la spalmatura del collante e
l’accoppiamento dei pezzi da unire; se si supera questo tempo il collante
comincia a filmare superficialmente e l’eventuale incollaggio risulta
difettoso, per effetto del decadimento del potere collante.
La colla infatti, per
poter avere un buon risultato, deve bagnare la superficie da incollare.
Il tempo aperto viene
influenzato da diversi fattori: innanzi tutto dalla diluizione della colla, poi
dalla quantità di colla spalmata, dal tipo di legno, che assorbe più o meno
velocemente l’acqua e dalla temperatura dell’ambiente in cui si lavora (in
estate l’acqua evapora più velocemente che d’inverno)
E’ importante
ricordare che tutti i collanti in dispersione acquosa temono il gelo e vanno
quindi immagazzinati in locali in cui la temperatura non scende mai sotto i
5°C. (fine prima parte)