mercoledì 3 novembre 2021

Pannello porta frese

 

Era da un po’ di tempo che pensavo come risolvere un problema che mi perseguitava da tempo: evitare che le frese a gambo per le elettrofresatrici facessero la ruggine nel gambo. 

 


Il motivo di questo danneggiamento era dovuto al fatto che per un certo numero di frese avevo preparato un pannello di MDF da 19 mm. con un certo numero di fori da 6 e 8 mm. di diametro in cui avevo sistemato verticalmente una parte delle mie frese in modo da poterle individuare immediatamente quando aprivo il cassetto. 


 
Però non avevo fatto i conti con l’umidità che comunque questo pannello trattiene e, poiché i fori erano esattamente del diametro dei gambi delle frese, c’era un contatto diretto e continuo fra MDF e acciaio. La conseguenza è stata che, per le frese che usavo meno, la ruggine si è presentata ed ero costretto a ripulirla con lo scotch-brite per riportare il gambo alle condizioni originali; questa operazione però aveva come conseguenza che i dati marcati sul gambo sparivano gradatamente e queste cose mi davano fastidio.

Ho quindi recuperato dei pannelli di plexiglas che avevo da anni e che erano stati usati come ripiani; le facce di questi pannelli erano un po’ segnate e non volevo rilucidarle perché avrei perso troppo tempo, per cui ho deciso di satinarle per renderle completamente opache ed omogenee coprendo pertanto i segni preesistenti. 


Ho preso quindi un pezzo di quella rete che si usa per non far scivolare i tappeti sui pavimenti che mi sarebbe stata utile per tenere fermi i pannelli di plexiglas durante la lavorazione; ho montato un disco abrasivo con grana 240 sul levigatore roto-orbitale e l’ho passato pazientemente sulle facce dei pannelli fino ad ottenere l’effetto voluto.

Volendo mettere tre pannelli in fila dentro un unico cassetto, ho portato a misura i pannelli in profondità con la sega circolare. 


 
Visto che il pannello in plexiglas, dopo essere stato opacizzato, si presta ad essere segnato con la matita, mi sono disegnato una griglia con un passo mediamente adatto ad ospitare le frese col gambo da 6 mm., sia grandi che piccole. 


 
In seguito ho cominciato a fare dei prefori nei punti di incrocio della griglia con una punta da 2,5 mm. di diametro, usando naturalmente un trapano a colonna; visto che il plexiglas si scioglie facilmente se surriscaldato, ho adottato una velocità di rotazione piuttosto bassa. 


 
Una volta completata tutta la griglia, ho cambiato la punta con una da 6,5 mm. per poter avere la possibilità di infilare le frese con comodità e tenendole comunque staccate dal foro. Ho inoltre previsto un foro da 22 mm. in modo da poter infilare un dito per sollevare il pannello in caso di necessità. 


 
Facendo una prova di sollevamento dall’interno del cassetto, mi sono reso conto che così non funzionava perché non riuscivo a fare presa col dito; quindi ho girato il pannello di plexiglas sottosopra ed ho fatto una svasatura che mi permetteva di risolvere questo problema. 


 
A questo punto sono passato alla prova definitiva e, visto che era tutto a posto, ho riempito il primo pannello con le frese dotate del gambo da 6 mm. Non ci sono state tutte, ma provvederò anche a questo. 


 
Gli altri pannelli, per i diametri più grandi, seguiranno appena ne avrò il tempo.

 

 

mercoledì 29 settembre 2021

Collana con polipo (seconda parte)

 

Per alleggerire il lavoro manuale, soprattutto per livellare le zone dove è passata la lama, uso il mio fedelissimo Dremel a cui ho montato un manicotto abrasivo molto piccolo per raggiungere quasi tutte le zone. 


 Alla fine del trattamento i segni verticali lasciati dalla lama del traforo sono praticamente spariti da tutte le zone che sono riuscito a raggiungere. 


 A questo punto comincio ad arrotondare i tentacoli e, per raggiungere le zone più difficili, uso una fresa cilindrica da dentista che ha un diametro da 3 mm.


 

Vista la compattezza di questo legno, mi posso permettere di arrivare ad assottigliare in maniera notevole le estremità dei tentacoli, cosa che con altri legni sarebbe stato praticamente impossibile senza rischiare rotture.

Per poterlo tenere appeso ad una catena, devo inserire nella testa un piccolo anello dotato di vite da legno che affondo completamente. 


 

I tentacoli vanno assottigliati, senza esagerare, anche nello spessore per dar loro una corretta proporzione, come si vede da questa foto: 


 Da questa immagine si vede come, oltre agli strumenti elettrici, sia indispensabile provvedere ad una buona carteggiatura manuale che deve livellare tutte le asperità rimaste: prima serve una carta vetrata a 80 grit, poi si rifinisce con una 240 per ripulire i segni della carta precedente.

A fine carteggiatura provvedo a passare una mano di fondo trasparente all’acqua ed appendo il polipo per l’anello di testa per far asciugare il prodotto fino al giorno dopo. La carteggiatura del fondo viene effettuata con una carta vetrata a 320 grit per renderla liscia e pronta per la mano di finitura trasparente, sempre all’acqua.

Ad essicazione avvenuta, applico due strass dotati di colla termofusibile posteriormente che simboleggiano gli occhi di questo “gioiello” ed infilo la catena dotata di moschettone come chiusura e la collana è pronta. 


 

 

 

 

venerdì 17 settembre 2021

Collana con polipo (prima parte)

 

Qualche tempo fa mi è venuto il desiderio di cimentarmi con il traforo elettrico per realizzare qualcosa di particolare e, girando per il Web, mi sono imbattuto in una figura che ha stuzzicato il mio interesse ed era questa: 

 


Ma come avrei potuto dare un senso a questa realizzazione? L’idea è stata quella di realizzare una collana il cui pendente sarebbe stato questo polipo che avrei realizzato in legno. Naturalmente per dare il massimo risalto all’oggetto era necessario utilizzare un legno molto particolare e la scelta è caduta sull’Amaranto, che è un albero che cresce nell’America centro-meridionale ed il legno da cui è costituito ha effettivamente il colore amaranto.

Pertanto ho acquistato una tavola di questo legno che ho poi tagliato e piallato a filo e spessore fino ad ricavarne una tavoletta di 15 mm. di spessore e di dimensione 95 mm. per 300 mm. circa. Eccola qua: 



 Il disegno del polipo, che nel frattempo avevo stampato su un foglio di carta, deve ovviamente essere incollato sulla tavoletta per poterne seguire il perimetro con il traforo elettrico; i sistemi di incollaggio sono diversi: si può usare la Pritt, la colla tipo Vinavil, la colla spray attacca-e-stacca tipo quella usata per i Post-it.

Oppure si può usare un velo di colla neoprenica, tipo Bostik tanto per intenderci, da stendere sulla carta e, finchè è bagnata, la si preme sul legno tenendola in posizione finchè il solvente non è evaporato e la carta è perfettamente incollata; io ho preferito questa soluzione. 


 Il legno che ho deciso di usare è piuttosto duro e compatto e, per tagliare uno spessore di 15 mm., bisogna montare una lama con pochi denti in modo da fare scaricare la segatura il più rapidamente possibile e la velocità con cui si fa avanzare il pezzo va dosata con cautela; comunque…si parte! 


 Il disegno è tutto una curva, quindi richiede un certo tempo per concludere l’operazione, ma alla fine il risultato è discreto; non mi sono avvicinato troppo al segno che determina il perimetro del polipo per non rischiare di andare oltre, tanto dopo la sagoma va ulteriormente lavorata. 


 La prima lavorazione che decido di affrontare è l’eliminazione di una parte di legno in un paio di tentacoli, visto che devono apparire sovrapposti; uso pertanto una sgorbia con la curvatura adeguata e comincio a farla penetrare in verticale un po’ alla volta. 


 Naturalmente per asportare il materiale, lavorando praticamente in orizzontale, mi servo di uno scalpello da 4 mm. e lo muovo manualmente perché l’oggetto è troppo delicato e non si può usare il martello tenendo il pezzo in morsa. 

 


(fine prima parte)


martedì 10 agosto 2021

Filettare in verticale (parte seconda)

 

 

Come indicato nell’articolo precedente, questo strumento serve per effettuare delle filettature manuali perfettamente perpendicolari al pezzo in lavorazione, vediamo come si usa; si comincia ovviamente mettendo il pezzo con il foro da filettare in una morsa da appoggiare sulla tavola del trapano a colonna, il fissaggio non deve essere definitivo perché dobbiamo posizionare il foro esattamente in asse con il mandrino. 

A questo punto si inserisce lo strumento appena realizzato nel mandrino del trapano, avendo cura di imboccare il cilindretto di diametro 10 mm. in maniera non completa per permettere l’escursione della barra M4 verso l’alto. Ci si avvicina quindi al foro da filettare con la parte conica, muovendo la morsa in modo da cercare di rendere coassiali il foro ed il mandrino: 


 
Si continua a scendere fino a centrare perfettamente il foro da filettare. 


 
A questo punto si può staffare definitivamente la morsa; una cosa importante: questa operazione va fatta posizionando la tavola del trapano abbastanza in basso da potere inserire il maschio sotto al cono (quando è in posizione di riposo) e tenendolo impuntato dentro al foro. 

 


A questo punto si inserisce il giramaschi sul maschio e si scende con l’attrezzo fino a centrare il foro che di solito si trova nel codolo del maschio; una volta raggiunta questa posizione si abbassa ulteriormente il mandrino, comprimendo la molla, che quindi manterrà il maschio in asse anche durante l’affondamento conseguente all’operazione di filettatura.


Naturalmente il cannotto del trapano va bloccato con la leva apposita, se si tratta di un trapano professionale, altrimenti bisogna applicare un peso adeguato alla leva che comanda l’affondamento del mandrino per tenere la molla in compressione.

A questo punto, dopo aver lubrificato il maschio, si può cominciare l’operazione di filettatura manuale con la certezza di affondare in maniera perpendicolare al pezzo da filettare.

Un’ultima osservazione: non tutti i maschi per filettare sono dotati del foro posteriore nel codolo; come si vede dalla foto sottostante ce ne sono altri che hanno cuspidi di forme varie e dipendono dalle contropunte delle macchine su cui vendono rettificati.


Per poter usare questi maschi con questo sistema bisognerebbe sostituire in cono con attacchi diversi, ma credo che sia un’impresa titanica cercare di attrezzarsi con strumenti adeguati a tutto quello che il mercato della filettatura ci offre.

Concludo con il progetto dotato delle quote in millimetri che io ho utilizzato per la costruzione del mio attrezzo. 


 

domenica 1 agosto 2021

Filettare in verticale (parte prima)

  

Durante l’esecuzione di elementi di arredamento è facile che si debba intervenire con elementi metallici, sia come ferramenta di movimento o di giunzione, sia come parti strutturali; in questi casi è facile che si debbano eseguire delle filettature con i maschi opportuni per poter usare delle viti a passo metrico per collegare le varie parti.

Il problema che si pone nel caso delle filettature è quello di avere la sicurezza che la filettatura che si sta eseguendo sia perpendicolare al pezzo in lavorazione; generalmente ci si affida all’esperienza e l’occhio ci guida durante l’inserimento del maschio nel foro che abbiamo preparato.

In effetti, se non sono richieste precisioni particolari, il sistema è più che sufficiente a soddisfare le nostre esigenze; però ci sono dei casi in cui è indispensabile ottenere la perfetta perpendicolarità della vite che andremo ad inserire nella filettatura, per esempio quando dobbiamo montare delle viti svasate che devono rimanere perfettamente a filo con la superficie del pezzo da fissare.

Ho deciso di costruirmi l’utensile che descrivo in questo articolo proprio per garantirmi la perpendicolarità in quelle occasioni che ho descritto prima. Premetto che per riuscire ad utilizzarlo è necessario disporre di un trapano a colonna con una corsa del cannotto abbastanza lunga. 

 


Questo è il progetto che va realizzato in acciaio ed, ovviamente, serve un tornio parallelo per riuscire a costruirlo; in questo disegno ho omesso le quote per dare un’idea chiara dei vari pezzi che compongono l’oggetto, alle quote penseremo poi. 

 


Sono partito da una barra tonda da 18 mm. di diametro ed ho ricavato un cono con un angolo di apertura complessivo di 40°, senza realizzare una punta troppo acuminata, poi ho fatto uscire la barra dal mandrino per troncarla a 70 mm. dalla punta del cono.

In seguito ho girato il pezzo mettendo il cono all’interno del mandrino per forarlo posteriormente con una punta da 10 mm. per una profondità di 35 mm. ed ho proseguito il foro con una punta da 3,5 mm. per 8 mm. in modo da filettarlo M4.



Ho quindi preso un tondino di 10 mm. di diametro e, dopo averlo ripulito dall’ossidazione, l’ho forato con una punta da 4 mm. per creare il passaggio per una barra filettata M4 e l’ho tagliato ad una lunghezza di 45 mm.. 

 


La barra filettata M4, che ha un diametro effettivo di 3,8 mm., passa di misura nel foro praticato precedentemente e ne taglio un pezzo lungo 78 mm. e metto un dado ad un’estremità, fissandolo con una goccia di frenafiletti.

L’ultima cosa che serve è una molla adeguata; io ne ho usata una che avevo già, di diametro 8 mm. e lunghezza 25 mm.; ed ecco tutti i pezzi che compongono lo strumento. 


 

Assemblando le varie parti in sequenza si ottiene un meccanismo che si presenta in questo modo: 

 


Nel prossimo articolo vedremo come si utilizza questo strumento.

 

 

(fine prima parte)

 

venerdì 18 giugno 2021

LAVORAZIONE DI COLLAUDO (Parte seconda)

 

Dopo aver controllato che l’assemblaggio a secco non mostrasse anomalie tali da procedere con delle correzioni, posso passare alla preparazione dell’incollaggio che mi permetterà di avere un unico elemento solido.

Il sistema più indicato per tenere unite le varie parti, visto che non si possono usare i morsetti, è quello in cui si usa lo scotch che risulta abbastanza robusto per assolvere a questo compito. Nella foto seguente si può vedere come si procede: 


Per prima cosa si fissa una riga per assicurarsi che le varie parti del manufatto risultino allineate, in modo da evitare sgradevoli disallineamenti al momento della chiusura dell’ottagono; io ho fissato la riga con due pezzetti di biadesivo sul piano della mia combinata.

Parallelamente alla riga si posiziona una striscia di scotch (in questo caso io ho usato quello trasparente, come si intravede all’estremità destra) con la parte adesiva rivolta verso l’alto; per tenerla ferma ho usato due pezzetti scotch di carta rivolti verso il basso alle due estremità. Naturalmente lo scotch trasparente deve essere più lungo della sequenza dei vari elementi di legno; inoltre deve essere posizionato ad una distanza dalla riga tale da trovarsi al centro dei vari elementi.

La colla che si usa di solito in queste occasioni è quella vinilica, che si spalma con un pennello sui lati inclinati delle varie parti; nella foto non si vede molto bene, ma la colla è già stata spalmata. A questo punto si libera lo scotch trasparente e si richiude l’ottagono su se stesso, fermandolo con un ulteriore pezzo di scotch e assicurandosi che le giunzioni risultino perfette.

La colla, che è stata spalmata su entrambe le facce dei vari punti di incollaggio, uscirà in parte e dovrà essere pulita con una spugna bagnata. Ricordiamoci che, come dicevano i nostri nonni: “La colla che esce è quella che incolla!”, che di per sé è un controsenso, ma sta a significare che: se esce della colla vuol dire che all’interno l’abbiamo veramente spalmata dappertutto e quindi meglio di così non si poteva fare. 


Come si vede da questa foto, l’oggetto è stato chiuso con uno sforzo minimo e risulterà perfettamente incollato quando la colla sarà asciutta.

Adesso bisogna dedicarsi alla preparazione del fondo; il materiale usato è un normale compensato di pioppo da 4 mm. Ho appoggiato l’ottagono, ormai asciutto, sul compensato ed ho tracciato il perimetro esterno con una matita ed ho riportato dei segmenti paralleli verso l’interno alla distanza pari allo spessore del legno rimasto dopo la preparazione dell’alloggiamento del fondo. 

In questo modo ho ottenuto un perimetro interno che dovrebbe adattarsi perfettamente allo spazio a sua disposizione; per togliere l’eccedenza uso la sega circolare con la parallela alla distanza del segno che rappresenta il perimetro interno. ATTENZIONE: Questa potrebbe sembrare un’operazione semplice ma non lo è; se volete farla anche voi, usate molta cautela perché l’appoggio contro la parallela è limitato e la lama tende a strappare via il pezzo dalle mani. 


 
Ovviamente il fondo, una volta adattato, va forato per le viti di fissaggio: 


 
Una volta terminato il fissaggio del fondo, la vista posteriore dell’oggetto è questa: 


 
Considerando che questa era una prova per verificare che il lavoro futuro si potesse fare senza inconvenienti, direi che la cosa potrebbe finire qui.

Per chi volesse terminare l’oggetto per farlo diventare, per esempio, un porta caramelle, si procede con una buona carteggiatura per perfezionare tutte le giunzioni con una carta vetrata a grana 80, poi si stende una mano di fondo trasparente ad acqua, il giorno dopo si carteggia con un carta a grana 240 e si passa una mano di finitura trasparente all’acqua. Ad essicazione avvenuta, si procede a rimontare il fondo e l’oggetto è terminato.



sabato 5 giugno 2021

LAVORAZIONE DI COLLAUDO (parte prima)

 

 E’ un anno ormai che non mi occupo del blog, ma mi sono capitate tante situazioni sgradevoli per cui mi considero giustificato. Oggi voglio riprendere scrivendo un pezzo su un test per la realizzazione di un oggetto che mi è servito per scrivere un articolo su Legnolab.

In altre parole dovevo costruire un contenitore di forma ottagonale, quindi con gli elementi dotati di un’inclinazione di 22,5° sui lati di contatto.

La lavorazione prevede l’uso di una tavola di Toulipier, che è un legno chiaro che cresce in Nord America ed ha la caratteristica di mantenersi dritto, cosa indispensabile per il lavoro che avrei dovuto fare per Legnolab. Naturalmente per questo esperimento non era una caratteristica indispensabile, vista la scarsa lunghezza dei pezzi utilizzati, ma il collaudo era fondamentale per la lavorazione futura. 

 


Sono partito ricavando due rigoni dalla tavola originale da cui avrei ottenuto gli elementi per il lavoro definitivo, a cui ne ho aggiunto uno per fare il collaudo. Naturalmente i rigoni sono stati piallati sui quattro lati per averli perfettamente in squadro, poi li ho segati longitudinalmente per ottenere le tavolette da usare, di cui momentaneamente ho piallato a filo e spessore solo la prima per procedere alla prova di assemblaggio.

Ho quindi portato la lama della sega circolare a 22,5° per creare il primo bordo inclinato, predisposto per la realizzazione dell’ottagono; dal progetto preparato in precedenza ho poi ricavato la larghezza della tavoletta che mi serviva ed ho spostato la parallela della sega fino a raggiungere la dimensione corretta ed ho realizzato il taglio longitudinale che avrebbe portato il pannellino di legno ad avere entrambi i lati inclinati dello stesso angolo. 



 
Per dare un senso a questo collaudo, ho deciso di costruire una vaschetta ottagonale ed ho quindi tagliato la tavoletta ottenuta con la troncatrice in modo da ottenere otto pezzi di pari lunghezza. A questa vaschetta dovevo necessariamente procurare un fondo, per cui era necessario ricavare lo spazio per alloggiarlo in quella che sarebbe diventata la parte inferiore degli otto pezzi preparati.

Per questa operazione ho evitato di usare una fresa montata sull’albero della toupie perché avrebbe provocato sicuramente delle sbrecciature in uscita dai vari pezzi; ho deciso invece di ottenere la sbattentatura necessaria con due tagli di sega perpendicolari. Nella foto seguente si vedono sette pezzi con il primo taglio già fatto, mentre l’ottavo è già in posizione e verrà fatto avanzare utilizzando uno scarto di MDF lavorato opportunamente che è servito per questo tipo di operazione. L’utilizzo di questo accessorio mi permette di tenere le mani sufficientemente lontane dalla lama durante le lavorazioni: 

 


Successivamente ho effettuato il taglio perpendicolare per riuscire a completare la sbattentatura per alloggiare il fondo; nella foto seguente si vedono sette pezzi già completati, mentre l’ottavo sta per essere terminato spinto dall’accessorio usato precedentemente: 


 
Ora i pezzi sono pronti per fare una prova a secco (cioè senza mettere la colla) per verificare che non ci siano imprevisti durante la fase di incollaggio, che è un momento in cui fare delle correzioni è sempre una complicazione, a volte non risolvibile.

 

(fine prima parte)