Da tempo immemorabile
l‘uomo ha cercato di proteggere i propri manufatti in legno perché si era reso
conto che il legno grezzo assorbiva liquidi e si sporcava con estrema facilità;
pertanto, per riuscire ad esaltarne le caratteristiche estetiche e per
proteggerlo, i falegnami dei tempi passati hanno cominciato a cercare dei
prodotti che potessero risolvere questo problema.
Le prime sostanze che
sono state usate per proteggere il legno sono stati gli olii, le cere e le
resine, che venivano opportunamente mescolate ed anche riscaldate per
amalgamarle meglio e stenderle sul legno da trattare.
Poi, circa due secoli
fa, è stata scoperta la gommalacca,
che si estrae da una sostanza prodotta da alcuni insetti che vivono nelle
foreste asiatiche; questa specie di resina viene sciolta in alcool, depurata
filtrandola e lasciata essiccare, facendo evaporare il solvente.
Sul fondo del
contenitore rimane una sostanza di colore bruno dorato, che viene venduta in
scaglie, pronta per essere sciolta nuovamente in alcool per impregnare il
tampone che si usa per lucidare i mobili, generalmente antichi.
In tempi più recenti,
attorno agli anni ’20 del secolo scorso fu prodotta in Svizzera per la prima
volta la vernice alla nitrocellulosa, che rivoluzionò il sistema di
verniciatura anche perché il sistema di applicazione era, anche questo,
innovativo. La vernice veniva applicata con uno strumento chiamato “pistola a
spruzzo”, che sfruttava la spinta dell’aria compressa per distribuirla (il
termine usato oggi è aerografo).
Questo sistema
permetteva di verniciare grandi superfici in breve tempo, anche perché la
vernice alla nitrocellulosa aveva una rapidità di essicazione eccezionale
rispetto ai tempi ed ai vari passaggi richiesti per la lucidatura a gommalacca.
Oggi queste vernici
sono praticamente scomparse, in quanto producevano troppe sostanze volatili (i
cosiddetti VOC, acronimo inglese che significa: Composti Organici Volatili),
dannose per l’ambiente, sia per il notevole quantitativo di diluente
utilizzato, ma soprattutto sprecato durante la verniciatura che, usando la
pistola a spruzzo, si nebulizzava attorno all’oggetto, quando il getto era più
ampio del pezzo da trattare.
E’ ovvio che tutte le
operazioni di verniciatura che vengono effettuale dentro le apposite cabine,
con impianto di aspirazione e dotati dei regolari filtri di captazione, hanno
un impatto ambientale minimo.
Il problema si pone
soprattutto per le applicazioni effettuate all’esterno, nei cantieri, dove non
è possibile controllare le emissioni dei prodotti volatili, che vengono quindi
rilasciati nell’atmosfera.
Un’altra categoria di
vernici ormai caduta in disuso è quella degli smalti sintetici ad olio, che non
si potevano spruzzare, ma venivano applicati a pennello ed usavano come leganti
degli oli essicativi come, per esempio, l’olio di lino.
Queste vernici avevano
dei tempi di essicazione molto lunghi (erano necessari alcuni giorni) e la
diluizione del prodotto veniva fatta inizialmente con l’essenza di trementina
(chiamata anche acqua ragia); ultimamente, per ridurre forte odore di questo
solvente, erano stati messi a punto dei diluenti quasi inodori, destinati
soprattutto ai lavori da eseguirsi in casa (verniciature di porte e finestre),
per limitare le esalazioni sgradevoli di queste sostanze, che purtroppo
duravano per diversi giorni.