domenica 5 novembre 2017

LE PUNTE DA TRAPANO PER METALLO (terza parte)



Restando sempre nel campo delle punte da trapano per metallo, è utile sapere che c’è un tipo che non ha bisogno del mandrino per essere fissata nel trapano a colonna: 


Questo modello di punta ha un codolo conico che va inserito direttamente nella sede (ovviamente con la stessa conicità) in cui si monta solitamente l’innesto conico posteriore del mandrino. In altre parole: per utilizzare queste punte, che hanno sempre dei diametri di dimensione consistente, bisogna sfilare prima il mandrino dal suo alloggiamento conico utilizzando l’apposito cuneo metallico da infilare nell’asola del cannotto del trapano a colonna, poi si deve inserire con decisione il codolo conico della punta nella sede rimasta vuota.
L’attrito generato dall’accoppiamento tra le due parti coniche garantisce il trasferimento d’energia dal trapano alla punta (o al mandrino quando è inserito) senza rischiarne il distacco; quando la punta viene premuta sul pezzo da forare, la spinta verso l’alto che viene generata comprime le parti coniche a contatto rendendole praticamente solidali.
Ovviamente al crescere del diametro della punta cresce anche il tipo di Cono Morse per l’accoppiamento, per cui le punte che possono essere usate su un certo trapano sono solo quelle che hanno lo stesso tipo di cono; questi vengono abitualmente classificati come CM 1, CM 2, CM 3 o CM 4.
Questo comporta che in un trapano che ha un attacco CM 2 non potremo mai inserire punte con attacco CM 3 o CM 4; in compenso è possibile fare in contrario utilizzando delle riduzioni coniche che permettono, per esempio, di utilizzare una punta con attacco CM 2 su un trapano con un cono CM 3 o CM 4.

Un altro tipo di punta da trapano che viene utilizzata spesso è quella che ha il codolo esagonale da ¼ di pollice (6,35 mm.) che può essere inserita in un normale portainserti utilizzato per gli inserti per avvitare viti con varie impronte nella testa. 


Queste punte risultano molto utili quando si lavora in una posizione disagevole (per esempio in cima ad una scala a pioli) e dobbiamo inserire una vite autofilettante che naturalmente richiede un foro di preparazione: senza muoversi dalla scala, si inserisce la punta adeguata nel portainserti, si fora, si sfila la punta e si posiziona al suo posto l’inserto adeguato alla vite che si deve inserire e si avvita; lo scambio avviene in tempi brevissimi.

Visto che stiamo parlando di fori nel metallo, vale la pena di spendere due parole anche sulle seghe a tazza che, come nel legno, permettono di fare dei fori di dimensione decisamente superiore a quelli ottenibili con le punte elicoidali. Con questi utensili si possono praticare fori su diversi materiali, come si può vedere dalla tabella sottostante, in cui sono evidenziate anche le varie velocità di rotazione in funzione del diametro e del materiale da forare. 


E’ importante non pretendere prestazioni assurde da questi utensili e, per la foratura dei metalli, è opportuno limitarsi a spessori di qualche millimetro.
Sempre nel settore delle seghe a tazza per metalli non dobbiamo dimenticare che ci sono anche quelle predisposte per la foratura dell’acciaio inossidabile, per il quale le seghe precedenti non sono adeguate. 


In questo caso la dentatura è costituita da placchette di Widia opportunamente sagomate e saldate sul corpo della sega; questo accorgimento si rende necessario per affrontare la tenacità di questa lega ed il riscaldamento provocato dalla foratura su una lastra di acciaio fortemente legato come l’acciaio inox ed altri con caratteristiche simili.

Anche in questo caso la tabella ci viene in aiuto consigliandoci la velocità di rotazione giusta in funzione del diametro della sega a tazza e del tipo di lega da lavorare.

venerdì 27 ottobre 2017

LE PUNTE DA TRAPANO PER METALLO (seconda parte)



Continuando a parlare di punte da trapano per metallo bisogna ricordare che, oltre a quelle solite in HSS, vengono prodotte anche punte più performanti che sono le HSS-Co, che significa che la lega utilizzata per la produzione di questi utensili contiene una discreta percentuale di Cobalto. 


La presenza di questo metallo aumenta le prestazioni della punta, soprattutto se si lavora senza refrigerante; infatti il Cobalto rende la punta più resistente al riscaldamento che ovviamente viene prodotto dall’operazione di foratura.
Con una normale punta HSS, se la foratura è prolungata, si possono sviluppare delle temperature che possono danneggiare l’utensile vanificando il procedimento di tempra che il materiale aveva subito per renderlo molto duro ed affilabile; queste alte temperature possono far perdere queste caratteristiche, rendendo la punta inservibile.
Con l’aggiunta del Cobalto, nelle percentuali del 5% o dell’8%, si realizzano degli utensili che hanno un’ottima resistenza al calore, mantenendo comunque una buona affilatura anche quando una punta HSS è ormai inservibile.
La presenza del Cobalto si dimostra indispensabile quando si devono forare degli acciai particolari che vengono chiamati “alto legati”; questi contengono degli elementi in quantità superiore al 5% sul totale della lega ottenuta. Un esempio tipico di questi materiali sono i vari acciai inossidabili che contengono generose quantità di Cromo e talvolta anche di Nichel; per poter forare queste leghe le punte al Cobalto sono indispensabili.
Fino ad ora abbiamo parlato di punte con i taglienti di tipo tradizionale, con angolo di taglio compreso fra 118° e 135°, ma ne esistono alcune che hanno una funzione specifica e che vengono fresate ed affilate in maniera diversa come quelle presentate qui sotto: 


La punta disegnata nella parte alta serve ad effettuare un foro dotato di svasatura a 90° ed è stata prevista per sostituire la doppia operazione di foratura e svasatura separata, che ovviamente richiede un tempo di lavorazione superiore, dal momento che prevede la sostituzione della punta con lo svasatore per completare l’operazione ed una lavorazione separata.
La punta disegnata inferiormente viene generalmente definita “lamatore” ed è destinata alla foratura delle parti in metallo in cui vengono incassate le teste delle viti a brugola a testa cilindrica (per quelle svasate si usa la punta precedente) ed ha i taglienti della parte di maggior diametro che sono perpendicolari all’asse di rotazione.

Per migliorare le caratteristiche delle punte da trapano, negli ultimi anni sono stati messi a punto dei trattamenti superficiali di cui i più noti sono il trattamento al TiN (Nitruro di Titanio, di colore giallo oro) e quello al TiAlN (Nitruro di Titanio e Alluminio, di color antracite).


Questa lavorazione supplementare viene effettuata con una procedura particolare definita come PVD (Physical Vapour Deposition) che in pratica fa depositare sugli utensili le sostanze sopra descritte in ambiente sotto vuoto e con un procedimento che determina la deposizione delle sostanze con un ritmo di un atomo alla volta. 


I risultati che si ottengono con questi trattamenti superficiali, che hanno uno spessore infinitesimale, che quindi non incide sul diametro dell’utensile, sono:

1)     Elevata durezza e resistenza all’usura
2)     Maggiore resistenza alla corrosione
3)     Abbassamento del coefficiente di attrito


Tutte queste proprietà danno agli utensili una maggiore durata dell’affilatura, una vita praticamente esente dalla classica ruggine (che invece si può verificare in quelli in HSS) e una buona scorrevolezza durante le lavorazioni, anche in assenza delle classiche emulsioni di acqua e olio, usate di solito nelle officine meccaniche.

lunedì 16 ottobre 2017

LE PUNTE DA TRAPANO PER METALLO (prima parte)




Nel campo della falegnameria l’uso del legno e dei suoi derivati rappresentano sicuramente i materiali usati più di frequente, ma succede sempre più spesso di dover usare dei complementi metallici (cerniere, piastrine, angolari ecc.) per completare i manufatti in lavorazione.
Nella maggior parte dei casi gli elementi metallici che ci servono si trovano in ferramenta, ma talvolta bisogna modificarli per assecondare le nostre esigenze oppure si devono costruire partendo dal materiale grezzo (ferro, acciaio inox, ottone, alluminio, rame ecc.) per realizzare le parti che ci necessitano.
In questi casi una delle lavorazioni che si effettuano più frequentemente è la foratura e si usa un elettroutensile (trapano o avvitatore) oppure una macchina (trapano a colonna) in cui si inserisce l’utensile opportuno: la punta da trapano elicoidale.
Detta così la cosa appare abbastanza semplice, e nelle maggior parte dei casi è così, ma una cosa che penso che risulterà utile a chi dovrà effettuare dei fori sui vari materiali metallici è sapere quanti tipi di punte da trapano esistono, quali sono le diverse caratteristiche che le distinguono e per quali tipi di materiali sono stati concepiti.
Il tipo più semplice è quello in acciaio HSS che è una lega che contiene per la maggior percentuale del Ferro, poi in misura molto minore Carbonio, Molibdeno, Tungsteno e Vanadio. Con questo tipo di lega viene prodotta la maggior parte delle punte standard, che sono destinate alla foratura di acciai da costruzione, quindi con caratteristiche non troppo sofisticate soprattutto in termini di durezza, tenacità e con carichi di rottura abbastanza contenuti. 


Il sistema più veloce per produrre questo tipo di punte è la rullatura, questa viene eseguita da una macchina che deforma un tondino dell’acciaio sopra descritto utilizzando dei dischi rotanti che generano l’elicoidale delle punte da trapano per deformazione plastica, facilitata dal forte riscaldamento ottenuto per induzione, come si vede da questo filmato:  


Poiché la maggior parte dei mandrini da trapano standard accettano punte di diametro massimo compreso fra 10 e 13 mm., le aziende produttrici di punte da trapano preparano quelle di diametro maggiore lavorando la parte posteriore destinata all’inserimento nel mandrino (comunemente noto come “codolo”) in maniera da fornire un diametro tale da potersi infilare nel mandrino da 10 o da 13 mm., anche se il diametro effettivo della punta è superiore. 


Queste punte nascono generalmente con l’angolo di foratura dei taglienti di 118°; quando si devono forare materiali più tenaci e si deve migliorare il centraggio della foratura, aumentando anche l’asportazione del truciolo si tende ad aumentare l’angolo arrivando ad appiattirlo portandolo a volte fino a 135°, come nella punta seguente: 


Questa punta, che è siglata HSS – G, lavora bene anche sulla ghisa che è un materiale tendenzialmente duro e fragile per la notevole quantità di Carbonio che contiene; leggendo le specifiche di questo prodotto, si nota che è ottenuta per fresatura (cioè per asportazione di materiale da un tondino) e rettificata (quindi portata alla giusta dimensione in maniera perfetta) e questo le conferisce una qualità superiore alla precedente, in quanto il foro eseguito da questa risulta più preciso.
Un altro parametro che varia nelle punte da trapano è l’angolo dell’elica relativo all’asse di rotazione, che deve provvedere all’espulsione dei trucioli e cambia in funzione dei materiali che devono forare:

1)     Per ottone e bronzo l’angolo varia tra 10° a 15°
2)     Per acciai e ghise l’angolo varia tra 25° e 30°
3)     Per rame e leghe leggere l’angolo varia tra 35° e 40°

Un’annotazione importante, che vale anche per i fori nel legno, ma che qui assume un’importanza maggiore, è che la velocità di rotazione della punta è legata al diametro. In funzione del materiale forato e del diametro della punta va scelta la velocità di foratura e la cosa che è fondamentale attuare è che le punte di piccolo diametro devono girare più velocemente delle punte di diametro maggiore.
Esistono delle tabelle che danno delle indicazioni in proposito, ma ho dei dubbi sulla loro validità perché si ricavano delle velocità di affondamento molto elevate ed io ho qualche dubbio, per cui non ne pubblico neanche una; nella mia vita di fori nel metallo ne ho fatti diversi, anche se non ho mai avuto a disposizione un impianto di raffreddamento e lubrificazione con emulsione, ma con il mio trapano a colonna non ho mai raggiunto neanche lontanamente i risultati che queste tabelle dichiarano.


venerdì 6 ottobre 2017

LE FRESE DA TOUPIE (terza parte)




Continuando nella descrizione delle frese per toupie possiamo ricordare che esistono frese per giunzioni parallele diverse da quelle con molti denti e che sono un po’ più semplici da utilizzare; un tipo è questo: 


Con questo utensile non è necessario inserire un distanziatore sotto la fresa per la seconda passata, basta semplicemente posizionare la fresa al centro della tavola, o del pannello, ed effettuare una passata sul bordo della prima tavola; quella successiva andrà girata sottosopra e fresata in questa posizione.
Una volta riportata nella posizione originale, si accoppierà perfettamente con quella fresata precedentemente.
Un utensile analogo, ma dedicato alle unioni a 90° è questo: 


Questa fresa è analoga a quella descritta negli articoli riguardanti le frese a gambo per elettrofresatrici e richiede un po’ di pazienza per il corretto posizionamento perché bisogna tarare contemporaneamente l’altezza della fresa rispetto al piano di lavoro e la posizione della parallela. Poiché si perde un certo tempo per questa operazione, è consigliabile usarla quando si devono lavorare diversi pezzi; per uno solo non vale la pena di piazzare la macchina.
Un’ultima osservazione: poiché queste frese sono molto precise, bisogna essere precisi anche durante la lavorazione, in quanto i pezzi da fresare devono essere premuti contro il piano ed anche contro la parallela contemporaneamente; questo significa che bisogna almeno attrezzarsi con dei pressori a pettine verticali ed orizzontali, ma per ottenere il massimo bisognerebbe usare un avanzamento meccanico a rulli.
Per chi si dedica alla costruzione di porte o sportelli intelaiati esistono frese con diversi profili che permettono di lavorare i listelli dei telai con un’unica passata.


A questa fresa possono essere applicate coppie di coltelli con vari profili per soddisfare le esigenze dei vari esecutori e, essendo regolabili, si prestano ad assolvere diversi compiti.
Invece per gli amanti delle fresature con profili diversi (già sagomati) esistono delle valigette che contengono una testa portacoltelli ed una serie predefinita di coltelli già sagomati. 


Questa è una confezione base il cui numero di coltelli è incrementabile a piacere attingendo dal vasto magazzino dei coltelli con innumerevoli profili già pronti. L’unica controindicazione è che i coltelli sono in acciaio e non hanno il riporto in Widia, per cui sono da utilizzabili solo per il legno massello e non per i pannelli di MDF che consumerebbero rapidamente la loro affilatura.
Naturalmente per profili speciali, che ognuno può personalizzare a piacimento, esiste la possibilità di acquistare dei coltelli grezzi (cioè senza profilo) per sagomarli secondo le proprie esigenze.
Concludo con una coppia di oggetti molto utili: gli anelli di riduzione. 


Questi anelli sono molto comodi perché permettono di adattare all’albero della nostra toupie delle frese con il foro più grande; come si vede esistono riduzioni per tutte le dimensioni, pertanto si potranno utilizzare anche frese che non sono state acquistate specificatamente per un albero in particolare, oppure che possono essere utilizzate su toupie con alberi diversi.









martedì 26 settembre 2017

LE FRESE PER TOUPIE (seconda parte)




Continuando a parlare di frese da toupie possiamo ricordare che ci sono tantissime forme dei coltelli montati sul corpo fresa e naturalmente il loro uso è, nella maggior parte dei casi, destinato a soddisfare una particolare esigenza di lavorazione. 


Questa per esempio è destinata a fresare creando un angolo di 45° sul bordo lavorato, preparandolo per una successiva unione a 90° con uno analogo, magari intervenendo con un’anima per determinare con sicurezza la posizione di incollaggio e migliorare la tenuta dell’unione.
Anche in questo caso però serve una fresatura che avrà uno spessore adeguato a quello dei pannelli da unire; per questo scopo, oltre alle frese a disco a spessore costante, esistono quelle a spessore variabile per permettere di produrre una fresata di spessore a piacere (purché resti nelle dimensioni previste dai taglienti dell’utensile): 


Questo tipo di fresa è costituito da due parti che vengono assemblate sull’albero della toupie inserendo tra loro degli spessori di varie dimensioni per ottenere la misura desiderata. Visto che ogni fresa ha un’escursione di fresatura determinata, per coprire tutte le esigenze bisogna attrezzarsi con diverse frese con scaglioni di asportazione diversi.
Se la dimensione del canale non si può ottenere con un’unica passata o non ci si vuole fare una scorta di utensili di tipo industriale, non resta che fare più passate spostando in altezza la posizione di lavoro della fresa.
Un altro tipo di fresa che si usa spesso è quella per smussare, cioè per effettuare delle fresate con inclinazioni diverse dai 45° che abbiamo visto prima. 


L’uso che si fa di questo utensile è molto spesso legato alla costruzione di scatolati con 3 lati (che richiedono giunzioni a 60°), con 6 lati (che richiedono giunzioni a 30°) oppure con 8 lati (che richiedono giunzioni a 22,5°); naturalmente lavora anche a 45°.
Un’altra fresa che si trova sul mercato è quella per la raggiatura concavo-convessa. 


Io ho usato questa fresa per far ruotare uno sportello, il cui bordo era stato passato due volte per ottenere una testa convessa semicilindrica, dentro un fianco con una fresata concava a quarto di cerchio, che ovviamente era stata passata una sola volta.
Se invece dobbiamo giuntare delle tavole in testa esistono frese di forma e dimensione diverse, ma che funzionano tutte con lo stesso principio: aumentare la superficie di incollaggio e creare una specie di incastro. 


Perché la giunzione risulti perfetta bisogna fresare il bordo di una tavola tenendo la fresa in una determinata posizione, poi si smonta la fresa e sotto di essa si inserisce un anello distanziale di spessore pari a metà del passo delle creste ottenute con la lavorazione precedente. Questo si fa per sfalsare la fresatura che si andrà ad effettuare sul bordo della tavola (di uguale spessore) da accoppiare con quella precedente, in modo che alle creste di un bordo corrisponda un avvallamento del bordo da collegare, evitando quindi sgradevoli scalini nella continuità delle facciate delle tavole una volta incollate.



(fine seconda parte)

sabato 16 settembre 2017

LE FRESE PER TOUPIE (prima parte)



Una macchina fissa che ha sempre fatto parte dell’attrezzatura standard di una falegnameria è la Toupie, che altro non è che una fresatrice ad asse verticale. 


Nell’albero che si vede al centro della parallela (divisa in due parti) si inseriscono le frese, che sono utensili rotanti preposti alla sagomatura del legno o dei suoi derivati, principalmente l’MDF. Inizialmente le sagomature che venivano effettuate per ottenere dei listelli o delle tavole con i bordi dotati di un profilo particolare venivano create con coltelli interi sagomati alle due estremità in maniera simmetrica e inseriti in una fessura verticale ricavata nella parte superiore dell’albero, poi fissati con una vite verticale di generose dimensioni. La difficoltà principale era centrare il doppio coltello esattamente al centro dell’albero per permettere alle due estremità affilate di lavorare contemporaneamente. In alternativa si potevano creare dei ferri con un foro al centro di diametro adeguato, per poterlo inserire di piatto nell’albero e stretto con un anello superiore bloccato dalla medesima vite. 


Poi si utilizzò una testa portacoltelli che era praticamente un cilindro forato al centro e dotato di due o più asole sulla circonferenza, in cui venivano inseriti i coltelli sagomati di acciaio per utensili a cui si dava un profilo identico sagomato secondo le necessità. I “ferri”, come venivano chiamati i coltelli, dovevano essere fissati con un altro elemento di acciaio, detto “lardone”, che provvedeva a fissare gli elementi profilati ed affilati in modo che non sfuggissero per effetto della centrifugazione dell’utensile durante il funzionamento.


Naturalmente i coltelli dovevano essere perfettamente identici e montati sulla testa in posizione assolutamente simmetrica, cioè dovevano sporgere della stessa dimensione dalla testa (a volte fissati anche solo con viti), in modo che lavorassero entrambi in maniera consequenziale durante l’avanzamento del pezzo.


Se il montaggio veniva effettuato in maniera maldestra succedeva che c’era un solo coltello che lavorava in modo corretto, a scapito della finitura del materiale in lavorazione in quanto l’asportazione del materiale avveniva con un numero di colpi ridotto; questo portava spesso alla formazione di piccole onde sul pezzo lavorato, che andava di conseguenza rifinito a mano con una carteggiatura adeguata.
Nelle teste portacoltelli doppie (cioè in cui venivano inseriti solo due coltelli) i coltelli venivano eseguiti molto spesso dagli stessi falegnami, che disegnavano il profilo sui pezzi di acciaio da lavorare utilizzando una sagoma per assicurarsi di disegnare il medesimo profilo, poi creavano lo smusso inclinato per fare lavorare solo il tagliente del ferro. 


Vennero prodotte anche delle frese in acciaio a corpo unico, generalmente con molti denti e simili alle seghe circolari, ma più spesse, che servivano per preparare dei canali, in cui molto spesso venivano inserite le fodere dei mobili o altri componenti. 


E’ chiaro che in tutti questi casi, trattandosi di utensili in acciaio, l’affilatura era necessario farla piuttosto di frequente, ma finalmente arrivò sul mercato il Widia e le frese cominciarono ad essere costruite con le placchette riportate tramite saldobrasatura. L’affilatura da quel momento in poi fu sempre effettuata, molto meno frequentemente, con macchine apposite dotate di mole al diamante, e non ci si doveva più preoccupare del piazzamento dei coltelli sulla testa perché erano saldamente bloccati e le macchine affilatrici ci restituivano delle frese perfettamente affilate e con profili simmetrici. 


In seguito ci fu un’ulteriore evoluzione e le placchette di Widia saldate furono sostituite da coltellini in Widia integrale assicurati meccanicamente sul corpo fresa, naturalmente con speciali viti di fissaggio. Questo sistema permette di dimenticarci dell’affilatore perché i coltellini, una volta che hanno perso l’affilatura, vengono gettati e sostituiti con i nuovi, evitando trasferimenti degli utensili e tempi di attesa per la loro riaffilatura.


In questo modo i coltellini vengono rimontati nell’esatta posizione dei precedenti, garantendoci una sistemazione perfetta e molto spesso, a corredo della fresa, vengono sistemati anche dei “rasanti” che non sono altro che dei piccoli elementi generalmente quadrati in Widia, affilatissimi, che determinano un taglio orizzontale perfetto sopra e sotto la fresa, all’interno dei quali lavorano i coltelli verticali; in questo modo si garantisce un risultato praticamente perfetto.
Una cosa da non sottovalutare è che, oltre al legno, con il Widia si potevano fresare anche i pannelli di MDF, cosa praticamente inaccettabile con le frese in acciaio perché non mantenevano l’affilatura per un tempo di lavorazione accettabile prima della successiva molatura.



(fine prima parte)

lunedì 4 settembre 2017

Utensili vari a rotazione




Nelle varie lavorazioni che vengono effettuate nei laboratori di falegnameria c’è spazio anche per alcuni utensili che hanno una certa affinità con gli utensili montati sulle elettrofresatrici. Per esempio potrebbe essere necessario praticare dei fori di dimensioni generose che sono diametro decisamente superiore alle normali punte elicoidali da trapano.
Uno di questi casi si potrebbe verificare quando dobbiamo inserire la testa di una cerniera a scodellino (quella che spesso viene chiamata “cerniera da cucina”) in uno sportello; se lavoriamo uno sportello che ha l’interno in truciolare o in MDF la punta giusta è questa: 


Fraiser - fresa per trapano a colonna in metallo duro

Questa punta, di cui esistono diversi diametri, viene chiamata anche “levanodi” perché viene utilizzata a volte per eliminare i nodi dalle tavole di abete che vengono sostituiti con tappi circolari dello stesso legno per migliorare l’estetica, è dotata di due rasanti esterni in Widia che provvedono a delimitare l’area di approfondimento del foro ed evitare sbrecciature su materiali come truciolare o MDF nobilitati o rivestiti in laminato o con impiallacciature varie.
Ovviamente la punta ha all’interno due coltelli, sempre in Widia, che si occupano di fare il foro vero e proprio, guidati nella discesa (effettuata preferibilmente con un trapano a colonna) da una puntina centrale indispensabile per garantire la rotazione in asse, di cui si vede l’impronta in fondo al foro. 


Se dobbiamo effettuare sempre dei fori grandi, ma su un pezzo di legno massello e non li copriamo con una cerniera e dobbiamo lasciarli a vista è più indicato un altro tipo di punta che viene costruita in HSS, quindi senza riporti in Widia, ma che sul legno si comporta in maniera più delicata, lasciando perfetti i bordi dei fori. 


Fraiser - fresa per trapano tipo Forstner

Questa punta non ha rasanti, ma una struttura circolare interrotta solo dalle aperture in presenza dei due coltelli che penetrano nel legno per scaricare i trucioli; anche in questo caso c’è una puntina centrale per la guida in asse durante la foratura. Il bordo tagliente esterno di questa punta può essere liscio o dentellato. 


Per chi avesse bisogno di effettuare dei fori passanti su materiali ricomposti o rivestiti in materiali duri come, per esempio, il laminato plastico ed esiste anche la necessità che siano di diametro notevole e su materiali di spessore importante, lo strumento ideale è la sega a tazza con i denti riportati in Widia. 



Questo utensile è l’ideale per i fori passanti; contrariamente ai due prodotti precedenti che lavorano benissimo quando devono effettuare fori ciechi perché il fondo risulta spianato, in questo caso la parte interna lasciata da una sega a tazza che non ha sfondato il pezzo andrebbe tolta a colpi di scalpello ed il fondo non risulterebbe ben rifinito, quindi è meglio usarla solo per fori passanti. Per l’affondamento in asse questa volta c’è una punta da centro elicoidale, che penetra per prima nel materiale da forare evitando sbandamenti da parte della sega a tazza. 


Infine, per gli amanti delle decorazioni sul legno massello, ecco una punta che può essere equiparata ad una fresa: va sempre montata su un trapano a colonna, ma bisogna considerare che la velocità di rotazione va mantenuta bassa, dato il notevole diametro dell’utensile e quindi dell’elevata velocità tangenziale.


Fraiser - fresa per rosoni

I coltelli sono in Widia per cui possiamo permetterci di effettuare queste lavorazioni anche su elementi in MDF che possiamo poi laccare a piacere.

Le forme a disposizioni sono diverse: