mercoledì 3 giugno 2015

APPLICARE I BORDI (Prima parte)




Dopo che abbiamo impiallacciato e squadrato un pannello ci ritroviamo con un elemento che non è rivestito di legno dappertutto; infatti sono rimasti scoperti i bordi. Per rivestire anche questi con lo stesso legno, i sistemi sono diversi: se si hanno delle conoscenze in una falegnameria, si può andare a chiedere un certo quantitativo di bordo da un millimetro di spessore e della larghezza adeguata.
Nel caso che ci debba preparare anche il bordo, si può procedere incollando tra i piani che abbiamo adoperato per il placcaggio del pannello, due fogli di impiallacciatura, facendo attenzione a non sovrapporli esattamente. 



L’operazione va fatta invertendone uno, per fare in modo che le venature del legno si incrocino, come si vede dalla foto seguente. 

  
Questa procedura ci permetterà di non avere screpolature, che invece si possono verificare se le tensioni dei fogli di tranciato sono rigorosamente sovrapposte; una volta incollati i due fogli, possiamo procedere a tagliarli della giusta larghezza utilizzando la sega circolare, avendo l’accortezza di mantenere un pannellino sotto i fogli per evitare sbrecciature. 



Quando parlo di “larghezza adeguata” intendo una dimensione che sia superiore di circa 4 mm. rispetto allo spessore del pannello che dobbiamo bordare; per esempio: se siamo partiti da un pannello di multistrati di 18 mm., con il placcaggio è diventato circa 19 mm., pertanto il bordo che ci serve deve essere di 23 o 24 mm. di larghezza.
Questo margine ci garantisce di fare un buon lavoro perché il sistema di bordatura, qualunque esso sia, prevede che si debba avere una certa abbondanza durante l’applicazione del bordo, per rivestire con certezza lo spessore del pannello durante l’operazione di bordatura. Ecco come si presentano i bordi ottenuti dai due fogli incollati precedentemente (ne è stato fatto uno di scorta). 



Escludendo di usare una bordatrice, che è un’apparecchiatura presente solo nelle falegnamerie, noi dobbiamo accontentarci di sistemi manuali, che richiedono più tempo, ma che danno comunque un buon risultato.
I bordi possono essere applicati con la colla vinilica, che viene spalmata sui bordi (prima si procede con i lati corti, poi con i lunghi) che vengono poi premuti sul pannello usando contemporaneamente due righetti per distribuire la pressione dei morsetti. 



Bisogna stare attenti continuamente alla posizione mentre si stringe, perché ci deve garantire una copertura completa e la colla vinilica rende i bordi scivolosi; ricordiamoci che i bordi devono risultare anche più lunghi del lato del pannello che devono rivestire.
Questo metodo, oltre ad essere il più scomodo, ha anche un altro aspetto negativo che è il tempo di essicazione, il quale si aggira mediamente attorno all’ora e mezza; siamo quindi costretti ad aspettare tutto questo tempo prima di passare alla bordatura dei lati lunghi.
Invece si può adottare un sistema veloce se si usa una colla neoprenica a contatto (tipo Bostik, tanto per intenderci), che in questo caso va spalmata su entrambe le parti da fare aderire, usando una spatola dentellata per garantire la giusta distribuzione della colla.
Una volta che questa sembra essersi asciugata, cioè dopo circa 10/15 minuti, i bordi vanno accostati alle teste del pannello; l’applicazione va fatta con molta attenzione per non rischiare di metterli fuori asse, correndo il rischio di andare fuori dal percorso stabilito.
Questa colla non permette sbagli: se partite inclinati non riuscirete a coprire tutta la testa del pannello e non si può cercare di tirare via il bordo applicato storto per cercare di riposizionarlo perché si romperebbe; quindi è meglio fare un po’ di pratica per imparare a tenere il bordo allineato col pannello, mentre lo si sistema al suo posto.
Terminata l’applicazione bisogna premerlo con forza, usando un oggetto arrotondato (basta un righetto di legno duro a cui si è arrotondata un’estremità), oppure bisogna batterlo, tenendo il pannello verticale, usando un martello e frapponendo un blocchetto di legno che si fa scorrere per tutta la lunghezza del bordo, durante la percussione. 


domenica 24 maggio 2015

PROVIAMO AD IMPIALLACCIARE (Parte seconda)





Una volta ottenuta questa dimensione, dobbiamo squadrare il pacchetto sui lati corti per arrivare ad ottenere i fogli lunghi 43 cm.; a questo punto abbiamo ottenuto 4 fogli di impiallacciatura di 43 x 16,5 cm., adesso si tratta di giuntarli al centro dopo aver posizionato le due coppie in maniera simmetrica rispetto alla linea di unione, facendo combinare i disegni delle venature del legno. 


Poiché usiamo dei sistemi casalinghi, non potremo giuntare i fogli con una cucitrice a caldo, come avviene nei laboratori di falegnameria, ma useremo un sottilissimo nastro di carta gommata, creato appositamente per questo scopo; tenendo ben fermi i fogli di impiallacciatura, li blocchiamo con questo nastro, dopo averlo inumidito (non usate mai lo scotch di carta perché è troppo spesso ed ammacca il tranciato quando lo si pressa). 



Durante la fase di placcaggio, il lato con la carta gommata si può lasciare all’esterno oppure si può girare verso il pannello di supporto; nel primo caso la carta gommata dovrà essere asportata con la carteggiatura, oppure si può inumidire con una spugna ed asportarla con una rasiera quando la colla rinviene.
Nel secondo caso la carta rimarrà nascosta ed è meglio usare quella bianca per i legni chiari e quella marrone per i legni scuri, per evitare sgradevoli trasparenze dopo la carteggiatura.
Adesso siamo arrivati alla fase in cui dobbiamo incollare i due teli sul pannello grezzo e non possiamo usare la colla ureica perché non abbiamo la pressa a caldo; dobbiamo ripiegare sulla colla vinilica, ma non quella liquida che vendono nei flaconi, bensì quella densa che viene confezionata nei barattoli da un chilo o in mastelline da 5 o 10 chili.
Il motivo di questa scelta dipende dal fatto che la colla va distribuita con una spatola dentata, come quella per stendere il Bostik, per ottenere una distribuzione sufficiente ed uniforme e che non coli da nessuna parte. In realtà si potrebbe usare anche uno spandicolla a rullo, ma per superfici contenute non vale la pena di perdere tempo a ripulire lo spandicolla dalla vinilica, una volta finito il lavoro. 



Prima di distribuire la colla dobbiamo guardare il tranciato che dobbiamo incollare: se stiamo lavorando con un legno a poro chiuso come l’acero, il faggio, il noce, il ciliegio ecc. non ci sono problemi, ma se dobbiamo incollare del frassino, del rovere (e tutta la sua famiglia), del castagno o, peggio ancora, del wengè dobbiamo preoccuparci di tingere la colla con i coloranti opportuni.
Questi coloranti, che esistono sotto forma di polveri o di liquidi, devono essere aggiunti alla colla vinilica perché i legni che ho nominato sono “a poro aperto”; ciò significa che attraverso i pori molto evidenti presenti in questi tranciati la colla tende a trasudare riempiendoli anche sulla faccia che rimane a vista e, poiché la colla è bianca (ma il problema si pone anche con l’ureica che è giallina) si nota moltissimo su questi legni.
Se questi puntini possono sfuggire ad un occhio inesperto quando si lavora con del frassino, che è molto chiaro, non possono certamente passare inosservati se abbiamo incollato del wengè, che è piuttosto scuro: il contrasto è troppo forte, soprattutto dopo la verniciatura trasparente che esalta i colori.
Un’altra cosa che bisogna ricordare è che se il pannello da placcare è un multistrati o un listellare di pioppo, quindi con una vena in vista, questo è da preparare tagliandolo in modo che la vena del pannello risulti perpendicolare a quella del tranciato che applicheremo.
Se non si rispetta questa regola, al momento della verniciatura, si verificano quasi sempre delle sollevature dell’impiallacciatura in corrispondenza delle giunte.
Arrivati a questo punto siamo pronti per effettuare l’incollaggio: i morsetti ci sono, come pure i piani rivestiti in laminato, i teli sono stati già preparati ed anche il pannello è pronto, il barattolo della colla è sul banco insieme ai righetti per stringere i piani; ecco come si presenta la nostra “pressa” una volta che abbiamo stretto i morsetti. 


Vorrei fare un’osservazione: quando si preparano i teli di impiallacciatura aperti “a libro” bisogna sempre utilizzare i fogli in numero pari, per poter ottenere delle figure simmetriche, anche se questo comporta a volte un po’ di spreco di materiale.
In alternativa a questo modo, i fogli si possono predisporre “a correre”, cioè giuntandoli affiancati senza rovesciarli alternativamente; questo può permettere un risparmio di materiale, in quanto si possono usare i fogli anche in numero dispari. Naturalmente l’effetto estetico è diverso e la scelta è soggettiva. 



Comunque, una volta tolti i morsetti, squadrato il nostro pannello per ottenere le dimensioni desiderate ed adeguatamente carteggiato, il risultato del nostro lavoro si presenta così: 

  
Consideriamo sempre cosa stiamo preparando: se stiamo predisponendo uno sportello per un mobile che rimarrà da solo, non ci sono problemi, ma se abbiamo deciso di allestire le ante di una cucina, c’è tutta una serie di pannelli che andranno montati uno di fianco all’altro e probabilmente con larghezze diverse, quindi bisogna programmare il lavoro di preparazione dei teli nel suo complesso per ottenere un buon risultato estetico.


giovedì 14 maggio 2015

PROVIAMO AD IMPIALLACCIARE (Parte prima)




Da quando nel ‘700 si cominciarono ad usare i piallacci per rivestire dei legni economici per nobilitarli applicando dei legni pregiati, ottenendo un discreto abbassamento dei costi rispetto all’uso del legno massello, l’uso delle impiallacciature ha preso sempre più piede.
Il merito va anche all’invenzione della prima macchina per produrre le impiallacciature a livello industriale all’inizio dell’800, che ne ha velocizzato enormemente la preparazione, riducendo di conseguenza anche i costi del materiale realizzato.
Oggi i fogli di impiallacciatura vengono usati per rivestire non tanto dei legni poveri, ma soprattutto i vari pannelli che il mercato ci offre: dal truciolare, al multistrati, al Medium Density, al listellare.
Nei laboratori di falegnameria il placcaggio (cioè l’operazione di incollaggio di fogli di impiallacciatura su un pannello) avviene utilizzando una pressa a caldo in cui si usa la colla ureica che, essendo termoindurente, reagisce velocemente al calore trasmesso dai piani della pressa, rendendo rapidissimo l’indurimento della colla e quindi l’incollaggio completo.
Per chi vuole ottenere lo stesso risultato e non dispone di una pressa, può operare ugualmente con mezzi meno sofisticati, ammesso che ci accontentiamo di lavorare con dimensioni più contenute.
Per prepararci a questa operazione bisogna innanzitutto procurarci il materiale che sostituirà la pressa in uso nelle falegnamerie: nel nostro caso dovremo costruirci due pannelli rivestiti di laminato (possibilmente lucido per contrastare l’adesione della colla che può trasudare dall’impiallacciatura).
Lo spessore di questi pannelli varia in funzione della dimensione di quello che vogliamo placcare: se è piccolo bastano due pannelli di 18 mm. di spessore, se sono di media dimensione si passa allo spessore di 25 mm. e, crescendo ancora, è consigliabile l’utilizzo di spessori di 30 mm. ed oltre, coadiuvati da rigoni trasversali per distribuire la pressione dei morsetti anche nella zona centrale.
Adesso ci dobbiamo preoccupare della preparazione del telo di impiallacciatura (o tranciato); se dobbiamo rivestire un pannello troppo largo per i fogli di impiallacciatura che abbiamo, dovremo affrontare un placcaggio che comporti l’uso di due o più fogli affiancati (e fissati assieme) per ogni facciata. Supponiamo che ce ne bastino due per lato.



Poiché nella maggioranza dei casi si sceglie di ottenere un aspetto simmetrico del disegno della venatura del tranciato, dovremo considerare di giuntarli con il sistema detto “a libro”, che prevede che si prendano due fogli conseguenti nel pacco da cui li estraiamo e li accostiamo in maniera simmetrica, rovesciandone uno dei due.
Il disegno che si ottiene sarà un’immagine unica, con le venature perfettamente speculari, visto che la differenza tra un foglio di tranciato e quello successivo è praticamente inesistente.
Prima di fissare i due fogli insieme bisogna però rifilarli accuratamente; nelle falegnamerie si usa la taglierina che ha una lama che rifila alla perfezione il tranciato. Noi possiamo usare un sistema più “casalingo”, che richiede però l’uso di una sega circolare; innanzitutto dobbiamo considerare che l’oggetto che vogliamo realizzare ha una dimensione ben precisa e per ottenerla dobbiamo partire da un pannello (di truciolare, MDF, multistrati o listellare) che sia almeno un centimetro più abbondante per ogni lato.
Se il nostro obiettivo dovrà essere di 40 x 30 cm., noi prepareremo il grezzo con le dimensioni di 41 x 31 cm.; questo ci garantirà mezzo centimetro tutto attorno per la successiva squadratura (per pannelli di dimensioni più grandi, è meglio aumentare il margine di lavoro) a placcaggio ultimato.
Adesso possiamo passare alla preparazione dell’impiallacciatura: si prendono i 4 fogli del legno che abbiamo scelto per rivestire il pannello grezzo (due sopra e due sotto) e si lasciano nello stesso ordine in cui li abbiamo presi dal pacco.
Per rivestire un pannello di 41 x 31 cm. senza rischiare che l’impiallacciatura scivoli durante la fase di pressatura, lasciando scoperta una parte del pannello, dobbiamo preoccuparci anche in questo caso di tenere un certo margine tutto attorno al pannello.
Questa volta però il margine sarà di un centimetro su tutto il perimetro, per cui i teli formati dalle due coppie di fogli affiancati dovranno essere complessivamente di 43 x 33 cm.; questo vuol dire che ogni foglio dovrà essere di 43 x 16,5 cm..
Per ottenere queste dimensioni dobbiamo impacchettare i nostri fogli (tutti insieme così come li abbiamo trovati nel pacco) tra due pannelli di MDF che abbiano uno spessore almeno di 10 mm. e dimensioni più abbondanti dei fogli; in questo modo evitiamo di provocare delle sbrecciature nel tranciato perché la lama della sega circolare trova un supporto rigido, che viene tagliato assieme all’impiallacciatura. 



Si comincia rifilando un bordo lungo utilizzando il carro della sega circolare per avere un bordo rettilineo di partenza poi, sempre mantenendo compatto il nostro sandwich, tagliamo il tutto a 16,5 cm. di larghezza, utilizzando l’appoggio della parallela che abbiamo provveduto a sistemare a quella distanza. 




lunedì 4 maggio 2015

LE GIUNZIONI CON I TASSELLI DOMINO



Oltre alle spine ed alle linguette, esistono degli elementi di giunzione di nuova generazione che vengono usati per gli stessi scopi: sono i tasselli Domino, che vengono inseriti dentro a delle fresature effettuate con una elettrofresatrice opportuna, inventata (insieme ai tasselli) dalla Festool. 


I tasselli sono di sei dimensioni diverse per adattarsi a tutte le situazioni che si possono presentare durante le lavorazioni, sia lavorando con i pannelli, sia con elementi in legno massello.
L’elettroutensile che si usa per preparare gli alloggiamenti in cui inserire i tasselli utilizza delle frese di vari diametri che, oltre che a ruotare velocemente, si spostano anche lateralmente, creando delle asole che possono essere regolate in profondità ed anche in larghezza su tre posizioni.
Quello che si vede nella foto seguente è il risultato di una lavorazione fatta di misura per alloggiare i tasselli di dimensioni maggiori su due pannelli che verranno giuntati in modo complanare e non perpendicolare, come negli esempi precedenti (che comunque rimane una soluzione che il Domino soddisfa ampiamente). 


I tasselli vengono spalmati di colla ed inseriti nelle asole di un pannello e rimangono sporgenti per la metà della lunghezza, che si inserirà nelle asole dell’altro pannello. In funzione della dimensione dei vari elementi da collegare, si dovrà scegliere il tassello più adeguato e di conseguenza bisognerà cambiare il diametro della fresa nell’elettroutensile, per ottenere l’asola adeguata. 


Finite le lavorazioni, i pannelli vengono assemblati incollando ovviamente anche la zona di contatto; nella foto sottostante si vedono i due pannelli con i tasselli già infilati ed in fase di chiusura. 


La dotazione di accessori del Domino è tale da poter lavorare in testa anche dei listelli per collegarli tra loro formando telai o cornici, come si vede dal filmato che segue.





sabato 25 aprile 2015

LE GIUNZIONI A LINGUETTE



Oltre alle spine, da alcuni decenni, gli accoppiamenti dei pannelli si possono fare con le linguette che sono delle piccole anime di faggio con uno spessore di 4 mm. e di diverse dimensioni; nella foto sottostante si vedono quelle di uso più frequente, che sono classificate con tre numeri: 20, 10 e 0, partendo da quella di sinistra.
Quella più grande è 57 x 23 mm., quella media è 54 x 19 mm. e quella piccola è 48 x 15,5 mm.; vengono costruite in dimensioni diverse per potersi adattare ai vari spessori usati nelle varie costruzioni. 


Questi sono gli elementi di giunzione; per poterli utilizzare bisogna usare una elettrofresatrice per linguette, che ha una piccola lama al Widia simile ad una lama per sega circolare. Questa lama, ovviamente dello spessore di 4 mm., viene fatta uscire dal corpo macchina di una quantità pari a poco più della metà delle linguette che vogliamo utilizzare.
Prima di effettuare le fresate bisogna segnare in quali posizioni eseguire queste lavorazioni; bisogna pertanto avvicinare i pannelli in modo che assumano quella che sarà la posizione definitiva, poi si segnano con una matita le posizioni dove capiterà il centro delle linguette che dovranno essere inserite, tracciandole in un colpo solo in entrambi i pannelli, come indicato nella foto seguente. 


A questo punto si dividono i pannelli e si effettuano le fresate, mettendo l’elettroutensile in posizioni diverse per lavorare il pannello orizzontale sulla facciata ed il pannello verticale sul bordo. 





Una volta finite le lavorazioni, si effettua una prova di montaggio “a secco” (cioè senza mettere la colla) per verificare che le fresate siano state effettuate con la profondità adeguata. 


Dopo la verifica si può mettere la colla dentro le fresate, inserire le linguette, distribuire la colla anche nella zona di contatto dei pannelli e chiudere stringendo con i morsetti, facendo attenzione che i pannelli siano in squadro.
Per spiegare meglio l’uso di queste elettrofresatrici per linguette, vi invito a guardare il filmato con cui chiudo l’articolo, che vi mostrerà una varietà di modi diversi di utilizzare questa macchina, costruita dalla Lamello, che è l’azienda che ha inventato questo ed altri sistemi di giunzione.





mercoledì 15 aprile 2015

LE GIUNZIONI CON SPINE




Una volta gli accoppiamenti tra pannelli che dovevano essere incollati venivano effettuati utilizzando un’anima, che era una sottile striscia generalmente di compensato, che veniva inserita dentro a due scanalature di spessore uguale all’anima opportunamente preparate sulle due parti da giuntare.
La funzione di questa anima era (ed è ancora, visto che il sistema viene ancora usato) innanzitutto di mantenere in posizione le due parti da incollare, mentre si stringevano i morsetti; questo perché la colla agisce un po’ come un lubrificante ed i pezzi che vengono stretti tendono a scivolare da tutte le parti, se non hanno qualcosa che li vincoli nella loro posizione.
Inoltre l’anima, adeguatamente spalmata di colla, aumentava notevolmente la superficie di incollaggio garantendo una maggiore tenuta dell’accoppiamento.
Oggi, in molti casi, si preferisce incollare i vari pannelli con altri sistemi, anche perché nel frattempo sono nati dei prodotti che ci aiutano in questa operazione sia a livello di elemento sostitutivo dell’anima, sia a livello di dime di foratura o macchine ed elettroutensili per le lavorazioni.
Le prime cose che hanno sostituito le anime sono state le spine (o cavicchi, o perni) di legno, che sono dei cilindretti, generalmente di faggio, disponibili sul mercato in diametri e lunghezze diversi in funzione dello spessore dei pannelli da accoppiare.


Questi cilindretti sono rigati nel senso della lunghezza per favorire la risalita della colla con cui viene parzialmente riempito il foro in cui vanno inseriti; hanno inoltre le estremità leggermente coniche per infilarli più agevolmente.
Per i casi speciali, in cui le lunghezze standard delle spine non sono sufficienti, esistono sul mercato delle aste, lunghe 80/100 cm., di vari diametri e con la stessa rigatura longitudinale, da cui possono essere ottenute delle spine molto lunghe e adeguate al lavoro che dobbiamo eseguire.
Fino ad ora abbiamo parlato dei perni che ci garantiscono il perfetto accoppiamento delle parti da incollare, ma per inserirli bisogna prima praticare i fori per il loro alloggiamento. Nelle falegnamerie esistono macchine che si chiamano foratrici, che sono nate appositamente per questo scopo; nelle aziende più attrezzate ci sono i centri di lavoro computerizzati (i famosi CNC) che, tra le varie operazioni che possono compiere, c’è anche quello della foratura.
Per chi invece non ha la possibilità di utilizzare questi macchinari, esistono dei dispositivi creati appositamente e che ci aiutano ad effettuare i fori (perpendicolari alla superficie) nella giusta posizione e con l’adeguata precisione su entrambi i pezzi da accoppiare con le spine. 



Con una dima di questo tipo si possono fare contemporaneamente i fori nei due pannelli da incollare a 90°; è chiaro che la foratura verrà effettuata in due o più punti, in funzione della dimensione dei pezzi da assemblare e quindi la dima verrà spostata di volta in volta nelle posizioni scelte, ma con la certezza di avere i fori perfettamente accoppiati sia nel pannello forato in piano (quello sopra nella foto), sia quello forato in testa. 


Ed ecco il risultato del nostro accoppiamento con le spine; una cosa importante: la profondità dei fori è ovviamente diversa, perché nel pannello forato in piano abbiamo dei limiti dovuti allo spessore del pannello stesso.
Se lo spessore è 18 mm. è meglio non forare oltre i 13/14 mm. di profondità; se stiamo usando delle spine di 8 x 40 (che vuol dire: diametro 8 mm. e lunghezza 40 mm.), il foro complementare da preparare nel pannello forato in testa sarà di 28/29 mm., perché conviene sempre mantenere un certo margine di tolleranza in profondità, se non altro per un eventuale eccesso di colla nei fori.
Naturalmente non si fanno solo accoppiamenti a 90° sulle estremità dei pannelli; a volte capita di dover incollare un pannello perpendicolare ad un altro, ma in una zona interna.
In questo caso bisogna procedere facendo solo i fori nel pannello di testa, poi si applica un righetto di legno al pannello ancora da forare, usando due morsetti, e lo utilizzeremo come spalla di appoggio, sistemandolo nella posizione in cui si dovrà mettere il pannello a 90°.


Nei fori già praticati si infilano i perni segnaforo, che hanno una puntina dalla parte esterna; a questo punto si appoggia il pannello con i segnaforo contro il righetto che fa da spalla e, assicurandoci che i pannelli siano a filo, si preme con forza quello verticale per fare in modo che le puntine lascino la loro traccia.





Nella posizione in cui troviamo l’impronta dei segnaforo si provvederà a forare con un trapano dotato della punta opportuna per le spine previste e l’accoppiamento è fatto.


sabato 4 aprile 2015

CURVARE IL LEGNO (Quarta parte)




Parlando sempre di legno curvato, vorrei concludere la trattazione di questo argomento mostrando un prodotto un po’ speciale: si chiama BENDYWOOD, che significa “legno flessibile”.
Questo legno, che subisce un trattamento meccanico che fu applicato per la prima volta all’inizio del secolo scorso, prevede la compressione lungo l’asse longitudinale di un travetto di sezione 120 x 120 mm. oppure 100 x 120 mm., fino ad ottenere un accorciamento del 20%.
In questo modo le cellule che costituiscono il legno subiscono uno schiacciamento che le porta ad assumere una disposizione a zig-zag, che ricorda la deformazione delle cannucce da bibita che presentano una zona con una struttura “a fisarmonica” che permette di orientarle a piacere.
Il trattamento subito dal BENDYWOOD ricorda molto questa situazione e, come la cannuccia, anche i listelli trattati in questo modo si possono piegare molto oltre il limite concesso ad un listello di legno normale, assumendo curvature con raggi molto ridotti fino ad un rapporto 1:10.
Questo significa che un listello di sezione quadrata di sezione 10 x 10 mm. può essere piegato, a secco e a freddo, fino ad un raggio di 100 mm. senza subire danni. 



I travetti descritti prima, una volta compressi, possono essere lavorati come un legno normale quindi: segati, piallati e fresati fino a raggiungere il profilo desiderato; una volta finita la serie di lavorazioni meccaniche, il BENDYWOOD può essere tinto e verniciato per dargli la finitura voluta.
Le essenze che la ditta Candidus Prugger di Bressanone, produttrice di questi prodotti, mette a disposizione sono diverse: acero, frassino, ciliegio, noce e rovere nella lunghezza di 165 cm., mentre il faggio è disponibile nella lunghezza 220 cm..
Naturalmente la forza da applicare per piegare questo tipo di legno varia in funzione della dimensione della sezione del listello; questo significa che se il pezzo da piegare è il righetto di 10 x 10 mm. di cui ho parlato prima, si può procedere manualmente, mentre quando si lavora con tondini di diametro 40 mm. e oltre (prodotto tipico per realizzare un corrimano) è meglio farsi aiutare da una calandra, come si vede dal filmato che si trova nel sito www.bendywood.com , anche se l’operazione si dimostra fattibile anche a mano da due persone. 



Come il legno naturale, il BENDYWOOD può essere giuntato per ottenere lunghezze adeguate a sviluppare un corrimano sufficiente ad accompagnare la scala per tutta la sua lunghezza in un unico corpo (l’azienda fornisce tondini giuntati a pettine in faggio fino ad una lunghezza di 6,60 metri).
Come raccomanda la ditta produttrice, la giunzione può essere effettuata con il vecchio sistema “a fetta di salame”, per aumentare la superficie di contatto tra le due parti che devono essere incollate; il rapporto dell’inclinazione di taglio deve oscillare tra 3:1 e 4:1 cioè, considerando sempre il listello di 10 x 10 mm., il taglio inclinato per la giunzione dovrà avere una lunghezza (misurata lungo l’asse del listello) compresa fra 30 e 40 mm..
Una raccomandazione che viene fatta per questo materiale è: usatelo solo in ambienti che non siano esposti alle intemperie, perché il BENDYWOOD non è nato per essere utilizzato all’esterno.
Naturalmente, vista la varietà dei profili che vengono prodotti di serie, le applicazioni di questo prodotto non sono legate solo alla realizzazione di corrimano, che rimane comunque il cavallo di battaglia dell’azienda, ma possono essere utilizzati in vari settori: nella falegnameria, per la rifinitura di pezzi curvi che richiedano una bordatura in legno massello. 




Nel Design, dove la flessibilità di questo prodotto riesce a far realizzare senza fatica oggetti dalle linee sinuose, scaturite dalla mente di designers desiderosi di utilizzare il legno per le loro opere, o alla finitura di colonne o ambienti con pareti curve, che richiedono un battiscopa disposto a seguire la loro forma senza creare difficoltà.
Ecco alcuni esempi di utilizzazione del BENDYWOOD: