sabato 22 luglio 2017

LE LAME PER SEGHE CIRCOLARI (quinta parte)




Con questo articolo concludo la trattazione delle lame per seghe circolari. Una lama un po’ particolare è quella che si usa nelle multilame, che sono quelle macchine che trasformano una tavola di legno in tanti listelli con una sola passata; naturalmente l’operazione viene effettuata da una serie di lame affiancate e tenute in posizione da una serie di distanziatori e bloccate da un dado in testa all’albero a sbalzo, oppure con altri sistemi a braccio mobile (Vedere articolo del 15/03/2014).
Le lame usare in queste macchine hanno un foro centrale più grande del solito ed anche due tacche di fianco al foro che servono per il trascinamento; infatti sull’albero della macchina sono fissate due “chiavette” lunghe come l’albero su cui vanno innestate le lame per garantire che tutte le lame ruotino simultaneamente. 
Nel corpo lama si notano delle aperture che non hanno niente in comune con le asole di dilatazione; in queste posizioni infatti vengono saldate delle placchette di Widia con la funzione di “rasanti”. Questi sono allineati ai denti ed hanno una duplice funzione: la prima è quella di far uscire dalla macchina dei listelli con una finitura laterale simile ad una piallatura; l’altra funzione è quella di tenere il legno lontano dalle lame durante la lavorazione, evitando l’attrito che provocherebbe il riscaldamento delle lame ed il conseguente peggioramento del taglio. 


Un’altra categoria di lame in uso nella falegnameria, soprattutto in fase di montaggio nei luoghi di installazione, è quella utilizzata nelle seghe circolari portatili; tanto per intenderci quelle che vengono usate facendole scorrere su un binario piatto in alluminio che serve da guida per ottenere dei tagli rettilinei.
In questi elettroutensili le lame hanno generalmente diametri ridotti che oscillano fra i 150 mm. ed i 200 mm., salvo casi particolari; poiché si lavora con la stessa lama sia per il taglio lungo vena che quello in senso trasversale, per i denti si usa un passo di tipo universale che si può adattare ad entrambe le lavorazioni ed il numero dei denti varia da 24 a 36.
Queste lame lavorano in posizione contraria a quelle montate sulle macchine fisse e quindi tagliano il materiale partendo dal lato inferiore; questo significa che il lato “bello” è quello sotto, mentre quello sbrecciato sarà quello a contatto con l’elettroutensile. 


Una lama un po’ insolita, che comunque è fondamentale in falegnameria, è l’incisore che è quella piccola lama che lavora accoppiata ad una lama normale nelle sezionatrici e nelle seghe circolari fisse professionali. Il suo dente viene definito “conico” anche se ha una forma trapezoidale e la funzione di questo utensile è quella di aprire un piccolo solco nella faccia inferiore del pannello prima del passaggio della lama principale.
Il motivo per cui si usa questa piccola lama (che ruota in senso contrario a quella tradizionale) è che, nel taglio di materiali come i nobilitati o i pannelli impiallacciati quando vengono tagliati in senso trasversale alla vena, la lama principale tende a produrre delle sbrecciature nella faccia inferiore del pannello perché strappa il materiale superficiale di rivestimento quando esce dal pannello.
L’incisore, avendo i denti con questa forma particolare, viene allineato con la lama principale e regolato in altezza fino a creare un solco che risulti leggermente più ampio di quello prodotto dalla lama, evitando quindi il contatto dei denti di quest’ultima con la finitura superficiale della faccia inferiore del pannello che viene tagliato.
Con questo sistema il pezzo avrà una finitura ottima sia sulla faccia superiore che su quella inferiore. Attenzione però a non esagerare nel sollevare l’incisore, altrimenti il suo passaggio si noterà sicuramente nel bordo del pannello e, se questo deve essere bordato, rimarrà una piccola ma antiestetica fessura tra la faccia del pannello e il bordo, evidente soprattutto nei materiali chiari.
Esistono anche lame speciali che hanno i denti con una conformazione un po’ diversa dal solito e sono quelle con i denti concavi in pianta. 


Questa forma concava, che fa quindi lavorare per prime le creste esterne del dente, è stata studiata per riuscire ad avere buoni risultati nel taglio dei pannelli nobilitati anche in assenza di un incisore. Io non ho mai avuto occasione di provarla, quindi non sono in grado di dare un giudizio sull’effettivo risultato di taglio con questo tipo di lama.

Un’ultima annotazione sulle lame: come si vede dal filmato inserito nell’articolo del 2 luglio scorso, non si taglia solo il legno ed i suoi derivati con le lame al Widia, ma anche i metalli. Oltre al tipo diverso di composizione del Widia però cambia anche l’angolo di attacco del dente: nel legno si lavora con un angolo che può andare da 12° a 15°; per le leghe leggere, con cui si usano le placchette piano-trapezoidali, l’angolo scende molto ed in certi casi diventa addirittura negativo, mentre per le leghe ferrose si attesta attorno a 0°.


(fine)



mercoledì 12 luglio 2017

LE LAME PER SEGHE CIRCOLARI (quarta parte)





Vediamo ora le caratteristiche principali di una lama per sega circolare: 

www.metalnuova.com

In questo schema sono mostrate tutte insieme le varie opzioni per la costruzione di una lama e qui di seguito c’è la tabella con la specifica delle sigle utilizzate. 

www.metalnuova.com

Naturalmente dallo schema vengono prese di volta in volta le caratteristiche che interessano per la costruzione di una lama con determinate prestazioni; per esempio prendiamo in considerazione il tipo standard per le seghe circolari. 


Questo tipo di lama viene definita “universale” per via del numero di denti che vengono realizzati in questo modello, che non è specifico per il taglio lungo vena (che richiede pochi denti), né per il taglio di traverso alla vena (che richiede un notevole numero di denti). In questa lama sono stati praticati solo i tagli di espansione che servono a compensare le dilatazioni della lama che, quando lavora, si scalda per l’attrito prodotto dal contatto con il materiale; se non ci fossero questi tagli la lama potrebbe deformarsi.
Però una lama come questa, mentre ruota vorticosamente, per effetto della turbolenza creata dalle cavità presenti determinate dagli spazi tra i denti e dai tagli di espansione, produce un fischio abbastanza fastidioso soprattutto quando gira a vuoto.
Pertanto, dopo vari studi, si è capito che producendo sul corpo lama dei tagli con il laser aventi una forma particolare (diversa per ogni azienda) e riempiendoli di poliuretano termoplastico, che è elastico e fonoassorbente, si riducono le vibrazioni della lama ed il rumore globale viene abbassato notevolmente e le lame assumono questo aspetto: 


Come ho scritto prima, le lame per il taglio lungo vena devono avere pochi denti molto distanziati per avere la possibilità di scaricare i trucioli con facilità; se però si lavorano legni duri e compatti si è soliti utilizzare lame dotate di limitatore di truciolo come questa: 


Il limitatore di truciolo, che sta su una circonferenza leggermente più piccola di quella su cui ci sono i denti, diminuisce la quantità di legno che il dente successivo potrebbe asportare ad ogni passaggio, in pratica serve a controllare l’aggressività del dente evitando quella che viene abitualmente chiamata “sovralimentazione”.
Questa funzione è importante per non generare un avanzamento eccessivo del legno in lavorazione (quando l’alimentazione è manuale) e per non ricevere contraccolpi quando si incontrano dei nodi morti, quindi staccati dall’involucro, che sono frequenti nelle conifere. 
Nel caso che si affrontino dei tagli trasversali alla venatura del legno vengono generalmente usate lame con molti denti (soprattutto sulle troncatrici), in modo da suddividere il truciolo in particelle piccolissime e conseguentemente riducendo notevolmente le sbrecciature nel lato della tavola in cui esce la lama, cosa che si verificherebbe sicuramente se si utilizzasse la stessa lama usata per i tagli lungo vena, soprattutto per i legni teneri e poco compatti. 





(Fine quarta parte)

domenica 2 luglio 2017

LE LAME PER SEGHE CIRCOLARI (terza parte)




Proseguendo nella spiegazione della forma delle placchette al Widia che costituiscono i denti delle lame per le seghe circolari attuali, notiamo che nella prima riga in alto dello schema mostrato nell’articolo precedente i due denti al centro hanno la stessa forma, ma simmetrica; la loro funzione è quella di tagliare il pannello rifinendolo solo da un lato, che è sempre quella dove la placchetta ha l’angolo acuto in alto.
Questo tipo di lama si usa soprattutto nelle macchine che squadrano i pannelli di truciolare o Medium Density usciti dalle presse (ovviamente una a destra ed una a sinistra del pannello); queste lame sono generalmente dotate di truciolatori esterni, che sono dei settori dentati applicati alle lame per polverizzare il residuo della rifilatura dei pannelli ed agevolarne l’asportazione mediante il sistema di aspirazione. 



Esistono anche degli incisori con lo stesso tipo di dente, che vengono utilizzati quando il taglio perfetto deve essere eseguito solo da un lato e vengono tarati come un incisore con dente conico, spostandoli lateralmente fino alla posizione opportuna e facendo lavorare solo il lato più alto della placchetta dove c’è l’angolo acuto.

Un altro dente sagomato in maniera particolare ed è do uso generale è l’ultimo in basso nello schema, quello che viene definito “sbozzatore”; le lame con questo tipo di dente sono generalmente utilizzate per il taglio delle materie plastiche.
I denti con la forma a cuspide o solo trapezoidali hanno un uso limitato e destinato a lavorazioni specifiche su richiesta del cliente.
Per concludere il discorso su queste placchette, vorrei ricordare che il Widia non è un materiale che ha sempre le stesse caratteristiche costruttive; gli utensili che vengono prodotti utilizzando questo materiale possono avere funzioni diverse e lavorare materiali diverse, infatti con le lame al Widia si possono tagliare anche i metalli: dalle leghe di alluminio (che è quello che si taglia più facilmente, anche con le lame per il legno) fino alle leghe di acciaio, oppure materiali per l’edilizia. 


Naturalmente per questi casi cambia la composizione dei materiali e la granulometria del carburo di tungsteno, oltre ai leganti per la sinterizzazione del materiale; inoltre i denti che supportano le placchette vengono costruiti più robusti perché lo sforzo di taglio aumenta.

Restando comunque nel campo delle seghe circolari in generale, per dare rigidità alle lame ed evitare che oscillino durante la rotazione, viene eseguita un’operazione che si chiama “tensionatura” e viene effettuata da una macchina che preme una rotellina sul corpo lama, producendo un leggero solco circolare subito all’interno della dentatura. 



Questo solco è sufficiente ad irrigidire la lama, creando una specie di “nervatura” che permette di effettuare tagli perfettamente lineari e senza vibrazioni laterali. 



Un altro fattore importante è lo spessore della lama, e con questo si intende lo spessore in corrispondenza dei denti; le lame non hanno tutte lo stesso spessore (che varia da 2 mm. circa a 5 mm. circa) e di solito questo aumenta con l’aumento del diametro, che a sue volta è legato al tipo di macchina.
Ci sono però dei casi in cui conviene utilizzare gli spessori sottili e questo capita quando si lavora del legno molto pregiato, in cui si cerca di limitare al minimo lo scarto, quindi anche quello dei tagli longitudinali e trasversali.






giovedì 22 giugno 2017

LE LAME PER SEGHE CIRCOLARI (seconda parte)



Proseguendo nella trattazione dei denti al Widia delle lame, bisogna ricordare che non esiste una sola tipologia (o forma) delle placchette riportate, come si può vedere dal prospetto seguente: 

http://www.metalnuova.com/

Nella maggior parte dei casi le lame utilizzate sono quelle che hanno i denti disposti in maniera alternata (disegno all’estrema destra della prima fila); il lato del dente che termina con un angolo acuto in alto è quello che provvede a dare al taglio una finitura perfetta, ammesso che la lama sia correttamente affilata.
Essendo i denti alternati, una metà si occupa della finitura su un lato e l’altra metà si occupa della finitura sull’altro lato.
Se guardiamo invece il primo dente a sinistra della prima fila notiamo che sopra è perfettamente orizzontale; se dovessimo confrontare il lavoro di una lama con questo tipo di dente con quella con i denti alternati, e le lame sporgessero al di sopra del pezzo da tagliare, non noteremmo delle differenze nella finitura.
Però, se invece di tagliare completamente il pezzo, tenessimo le lame più basse dello spessore del pezzo in lavorazione, noteremmo subito la differenza: quella con il dente piano produce un canale perfettamente squadrato, mentre l’altra crea un canale con due piccole punte in alto, create appunto dai denti alternati affilati superiormente in maniera inclinata. 


Se dobbiamo preparare solo un canale per inserire una fodera in un mobile base di una cucina, le teste dei tagli non si vedono e non ci sono problemi di estetica, ma se dobbiamo fare un incastro tra due pannelli le cui teste rimangono in vista, allora la lama con il dente piano fa un lavoro esteticamente migliore. Infatti quando non si vuole o non si può montare una fresa nella toupie per fare una fresata al centro di un pannello, possiamo ottenere lo stesso risultato effettuando diverse passate affiancate con la sega circolare. 


Nel caso del lavoro eseguito con il dente piano otterremo un lavoro perfetto; con il dente alternato nelle teste dei pannelli rimarrebbero tutte le tracce delle punte dei vari denti prodotti durante le varie passate e, se questi incastri dovessero rimanere in vista, il risultato estetico sarebbe scadente. 


Nella seconda fila, il primo dente, chiamato trapezoidale viene solitamente accoppiato al dente piano, in maniera alternata, per dare origine alle lame dette appunto “con dente piano-trapezoidale”, che è quello all’estrema destra della seconda fila.
Questo tipo di lama è nata per un uso specifico: tagliare i pannelli di truciolare o di Medium Density rivestiti, quindi i nobilitati oppure quelli placcati con le impiallacciature di qualunque legno. L’abbinamento di questi due profili di dente, quando si lavora con una sega circolare che non è dotata di incisore, riesce a danneggiare molto meno la faccia inferiore del pannello in lavorazione, generalmente destinata a subire delle sbrecciature quando si lavora con la classica lama a denti alternati.
Sempre nella seconda fila il secondo dente ha un’affilatura definita “conica”; questo tipo di forma è destinata agli incisori che vengono utilizzati sempre accoppiati ad una lama a denti alternati nelle sezionatrici o nelle normali seghe circolari. L’incisore, che è una lama piuttosto piccola, è posizionato in modo da trovarsi sempre prima della lama principale (e ruota in senso contrario), in modo da lavorare il pannello per primo.
La funzione dell’incisore è quella di aprire un canale profondo 2 o 3 mm. nella faccia inferiore del pannello da tagliare e, essendo il dente a forma di trapezio, viene fatto uscire dal piano di lavoro della macchina del quantitativo sufficiente a creare un canale leggerissimamente più largo del solco effettuato dalla lama principale.
Questa piccola lama, per il fatto che produce solo una piccola incisione, non produce sbrecciature.
Questa operazione permette alla lama di tagliare il materiale interno del pannello senza venire a contatto con il rivestimento della faccia inferiore e questo evita le sbrecciature durante il taglio. 




(fine seconda parte)




lunedì 12 giugno 2017

LE LAME PER SEGHE CIRCOLARI (prima parte)



Con questo articolo faccio seguito alle richieste di alcune persone che negli ultimi mesi mi hanno chiesto informazioni sulle lame per seghe circolari e sul loro uso.

La sega circolare è una macchina che è stata inventata da un falegname inglese, Walter Taylor, nel 1775 ed il fatto che si chiami “circolare” è dovuto al fatto che il taglio viene effettuato da un disco che ha un certo numero di denti sul perimetro.


Inizialmente le lame erano costruite semplicemente con acciaio al carbonio e, per poter mantenere affilati i denti, venivano temprate; in tempi successivi, quando la tecnologia lo permise, furono realizzate in acciaio al cromo che reagiva meglio alla tempra ed aumentava notevolmente la resistenza alla corrosione, cioè alla ruggine.


In seguito le lame furono costruite con acciai sempre più sofisticati e dotate di altri elementi di lega per ottenere utensili sempre più performanti. Queste lame venivano ottenute per stampaggio e la lastra sagomata che ne derivava subiva un’operazione denominata “stradatura” che piegava leggermente i denti all’esterno alternativamente a destra e a sinistra.
Era indispensabile effettuare questo procedimento perché, durante la lavorazione del legno, i denti sporgenti lateralmente producevano un taglio che era più largo del corpo della lama e pertanto ne evitavano lo sfregamento contro il materiale in lavorazione, evitandone quindi il surriscaldamento con conseguente deformazione della lama. 


Queste lame sono state usate nelle falegnamerie e nelle industrie di arredamento finchè non sono comparsi sul mercato i pannelli di truciolare, e successivamente di tutti gli altri pannelli derivati dal legno, che contengono delle colle termoindurenti molto abrasive che non potevano essere segati con le lame tradizionali in acciaio HSS perché perdevano l’affilatura molto velocemente.
Il problema fu risolto con l’avvento delle lame al Widia, cioè delle lame simili alle precedenti a cui però venivano saldate delle placchette di carburo di tungsteno sinterizzato in una matrice di cobalto, che agisce da legante (a volte sostituito dal nickel) a cui era stato dato il nome di Widia. 



Questo materiale, che è stato scoperto all’inizio del 1900, fu commercializzato per la prima volta nel 1926 dalla Krupp (che lo brevettò) in Germania e che usò questo nome contraendo due parole: Wie diamant, che in tedesco significa come diamante, per via della sua straordinaria durezza.
C’è una differenza fondamentale nella costruzione delle lame al Widia (definito anche con la sigla HM che deriva da Hart Metal, che in tedesco significa: metallo duro) rispetto a quelle tradizionali: quelle in acciaio avevano la stradatura per permettere l’avanzamento della lama nel legno senza attrito; quelle al Widia non hanno bisogno della stradatura perché le placchette che vengono saldate sui supporti dei denti sono più larghe del corpo della lama di circa mezzo millimetro per parte.
Con questo sistema si ottiene lo stesso risultato, in quanto il solco prodotto dalle placchette riportate è sufficiente largo da far procedere la lama senza sfregare contro la tavola di legno o il pannello.
Mentre una volta il corpo della lama veniva ottenuto per tranciatura, oggi il lavoro viene eseguito da macchine che tagliano la lamiera con il laser, con un aumento della precisione e soprattutto senza le deformazioni che avvenivano col vecchio sistema.
Il fissaggio delle placchette di Widia sul corpo della lama avviene con una saldatura detta “brasatura forte” in cui si usa una piccola striscia di una lega composta da rame ed argento, conosciuta generalmente col nome di Castolin (dal nome dell’azienda che l’ha inventata) che fonde ad una temperatura molto inferiore a quella dei componenti da saldare e questo ha il vantaggio che non crea deformazioni.
Oggi la saldatura industriale delle placchette viene eseguita da macchine automatiche che saldano per induzione, che utilizza il forte riscaldamento creato da un generatore di onde ad alta frequenza e di un campo elettromagnetico in una serie di spire vicino all’oggetto che deve essere saldato; questo procedimento è molto veloce, scalda il pezzo solo nella posizione richiesta e permette una saldatura perfetta.
Dopo la saldatura, una volta che la lama si è raffreddata, tutti i denti con il riporto in Widia vengono affilati e questa operazione viene effettuata sulla parte frontale del dente e sopra; inoltre la mola viene fatta passare sui fianchi del dente per determinare la larghezza del taglio, allineando perfettamente tutte le placchette in modo che la sega possa effettuare un taglio perfettamente dritto.
Può capitare che durante le lavorazioni, o in seguito ad una caduta, le placchette vengano danneggiate; queste possono essere dissaldate e sostituite con altre nuove che verranno uniformate a quelle esistenti, ripristinando così la perfetta funzionalità della lama.
Pur avendo una durezza notevole, dopo un certo numero di ore di lavoro, queste lame devono essere riaffilate con le mole diamantate perché i bordi delle placchette perdono gli spigoli vivi e cominciano ad arrotondarsi leggermente, facendo perdere l’affilatura alla lama; si dovrà procedere quindi ad una nuova affilatura, eseguita generalmente in centri specializzati, dove asporteranno un po’ di materiale dalle placchette (solamente sul fronte e sopra, senza toccare la larghezza dei denti) finchè non verranno ripristinati gli spigoli vivi, che sono i punti che determineranno la precisione e l’efficacia del taglio di ogni lama.


(Fine prima parte)


venerdì 2 giugno 2017

UNA VETRINETTA (parte decima)




Arrivati a questo punto bisogna smontare tutte le parti non incollate, carteggiarle con un levigatore orbitale (o rotorbitale) dotato di una carta vetrata da 80 grit, passare con un tampone a mano sugli spigoli con una carta da 240 grit per arrotondarli leggermente (ricordiamo che sugli spigoli vivi la vernice non si deposita bene), poi si stende una buona mano di fondo trasparente ad acqua.
Il giorno dopo, quando il fondo si è sicuramente essicato, si possono cominciare a carteggiare tutte le parti su cui è stato applicato il fondo, usando una grana a 240 grit; poi si soffia via accuratamente la polvere con una pistola ad aria compressa alimentata da un compressore che sia regolato almeno a 4 bar; poi si stende la finitura trasparente (io ne ho scelta una a 10 gloss) e si aspetta che i pezzi possano essere maneggiati.
Si ripassano tutti i fori delle spine con una punta da trapano da 6 mm. di diametro per ripulirli dal fondo che immancabilmente ci si è infilato dentro, ripristinando la dimensione originale e provvedendo ad una leggera svasatura.
Alla struttura centrale dobbiamo applicare lo sportello, collegandolo con la cerniera a nastro in ferro ottonato vista nell’articolo precedente; nello sportello sono già stati avvitati i fermavetri nella loro posizione per verificare che tutto sia a posto.
Dopo aver imballato adeguatamente i vari pezzi nel pluriball, li ho trasportati sul luogo del montaggio cioè nella sala mostra della Vetreria Bazzanese di Crespellano (BO), che ha fornito i vetri per poterla completare. Qui abbiamo montato tutte le parti in legno, aggiungendo naturalmente la schiena a specchio e le fiancate in vetro extrachiaro da 5 mm. di spessore, cominciando a fissarli posizionando i fermavetri in basso. 


Per fissare le viti ottonate con testa a goccia di sego è stato molto utile l’avvitatore della Festool dotato dell’accessorio che monta gli inserti per fissare le viti in posizione eccentrica, permettendo quindi di avvicinarsi moltissimo al vetro con l’inserto e inserendo le viti in posizione perfettamente perpendicolare alla superficie in cui vanno fissate. 


Dopo aver montato anche il vetro nello sportello ed aver inserito tutti i ripiani, si comincia a vedere il risultato di questo lungo lavoro. 


Nella foto seguente si nota una parte dell’interno, dove si può notare come i fermavetri della schiena e dei fianchi sostengano anche i ripiani, evitando così i soliti reggipiani di supporto che, per effetto della trasparenza del vetro, rimangono sempre in vista.
Naturalmente adottando questo sistema si definiscono a priori le posizioni dei ripiani, che non si possono spostare, salvo che non si rifacciano i fermavetri verticali di dimensioni diverse. 


Ed ecco la vetrinetta chiusa; per poterla fotografare in posizione frontale ho dovuto mettermi proprio davanti e quindi la schiena a specchio riflette la mia immagine. 


Per avere un’idea dell’aspetto laterale esterno della struttura centrale, ho fatto anche questa foto; e con questo ritengo conclusa la trattazione della costruzione della vetrinetta. E’ probabile che qualcuno stia dicendo:….”finalmente!”.




(fine)




martedì 9 maggio 2017

UNA VETRINETTA (parte nona)



L’articolo precedente si è concluso con l’incollaggio dei quattro elementi che costituiscono il telaio dello sportello; adesso bisogna incernierarlo alla struttura centrale, sul montante destro.
Ho scelto una cerniera a nastro in ferro ottonato larga 32 mm. (aperta) e l’ho tagliata a 1350 mm., cioè pari all’altezza dello sportello, poi l’ho fissata con tre viti, due alle estremità ed una al centro, al montante destro dello sportello.
Sotto allo sportello, per tenerlo sollevato dal piano, ho messo uno spessore di 2 mm. per centrare lo sportello in verticale, in modo da avere due fessure uguali sopra e sotto; in larghezza risulta centrato in quanto la cerniera ha uno spessore di 3 mm. ed avevo tagliato i traversi in modo da far rimanere gli stessi 3 mm. anche a sinistra.
Per il fissaggio contro il montante della struttura mi sono fatto aiutare da due morsetti “grip”, che possono essere manovrati con una mano sola, ed ho tenuto ferma l’ala della cerniera contro il montante della struttura spostandola finchè non sono riuscito a mettere a filo lo sportello con la struttura; poi ho fissato la cerniera con le solite tre viti per il montaggio di prova, per verificare se lo sportello si apriva e si chiudeva correttamente. 


Una volta verificato il buon funzionamento dello sportello, per poterlo aprire ho montato un pomolo di ottone di dimensioni proporzionate al montante, sulla sinistra dello sportello. 


Il risultato del montaggio dello sportello lo si può vedere nella foto seguente: 


Adesso, aprendo lo sportello e ruotandolo di 180° si completa il fissaggio della cerniera con le viti 2,5 x 16 che si usano di solito con questo tipo di fori. 


Se invece teniamo lo sportello aperto a 90° e guardiamo dall’interno della struttura centrale, quello che si vede è questo: 


Una cosa che bisogna fare assolutamente è smussare gli spigoli interni dei quattro montanti della struttura centrale perché il vetraio, quando lavorerà la lastra di vetro da 5 mm. per ricavare i ripiani, non potrà realizzarli esattamente come li ho disegnati nell’articolo del 28 febbraio 2017 perché dovrà utilizzare una macchina a controllo numerico computerizzato che monterà una fresa diamantata cilindrica.
Questo significa che, seguendo il percorso impostato sul computer, lo spigolo interno di ogni scantonatura avrà un raccordo a quarto di cerchio con un raggio di 6,5 mm.; di conseguenza gli spigoli interni dei montanti che verranno a contatto con queste zone dei ripiani dovranno essere modificate carteggiandole in modo tale da permettere l’accostamento delle varie parti. 




                                                                                                                          (fine parte nona)